Monti Invisibili

Castel Cellesi
Quota 423 m
Data 1° aprile 2023
Sentiero parzialmente segnato
Dislivello 303 m
Distanza 13 km
Tempo totale 4:00 h
Tempo di marcia 2:55 h
Descrizione Da Castel Cellesi (380 m) con breve visita del borgo (10 min.) per la Chiesa del Santo Sepolcro (400 m, +7 min.), la Cascata della Ferriera (300 m, +42 min.), il Vecchio Mulino (260 m, +35 min.), le Grotte del Brigante Bracherosce (250 m, +12 min.), il Cunicolo Etrusco (240 m, +8 min.), le Cascatelle sul Rio Chiaro (230 m, +25 min.) e il borgo (+36 min.). Magnifica escursione dalla facile progressione in ambiente suggestivo e ricco di storia minima, con problemi di orientamento per scarsità di segnaletica. 

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Traccia GPS

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054 Le Cascatelle

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053 Le Cascatelle

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052 Cunicolo Etrusco

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051 Cunicolo Etrusco pipistrello

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047 Cunicolo Etrusco

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040 Grotte del Brigante Bracherosce

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039 Verso Grotte del Brigante Bracherosce

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038 Verso Grotte del Brigante Bracherosce

vecchio mulino

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033 Vecchio Mulino

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029 Vecchio Mulino

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027 Ragnatela

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025 Verso il Vecchio Mulino

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022 Cascata della Ferriera

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021 Ferriera

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014 Verso Cascata della Ferriera

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013 Castel Cellesi

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011 Castel Cellesi Chiesa del Santo Sepolcro

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castel cellesi dislivello

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Castel Cellesi, 1° aprile 2023. Non è ancora primavera. Ma la stagione è tutta nell’aria: nei germogli che affiorano dalle gemme; negli uccelli garruli sugli alberi; nei riccioli delle felci e degli equiseti che si stiracchiano fuori dalla terra. E anche in quell’indefinibile sentore che promana da tutta la natura e che ti fa sentire gaio e pieno di energie.
E se la primavera sta esplodendo, anche io in questa stagione rischio di esplodere, con sensazioni diametralmente opposte a quello che mi provoca l’autunno. Un mal di testa che mi sveglia la notte, i muscoli tesi come corde di violino, un incoercibile istinto a immergermi nella natura, saltare dappertutto, rotolarmi nei prati, mangiare i fiori; e ancora un appetito degno di Behemoth e anche una certa qual smania ad approfondire bibliche conoscenze con elementi muliebri non di mia competenza.
E così, in questo giorno del mio ricorrente genetliaco, architetto una solitaria fuga che plachi i sensi sovraeccitati con un’immersione profonda in una natura tanto bella quanto sconosciuta. E anche difficile da raggiungere con una dissestata strada bianca, in quanto la principale è da anni franata via.
Il sole lama sui tetti quando in un’aria cristallina parcheggio nella grande e deserta piazza di Castel Cellesi, borgo anonimo e delizioso, in un territorio ricco di quella storia minima di cui sempre vado alla ricerca.
Jeeg Robot mi scorta fuori dai vicoli e in una natura in bilico fra le stagioni inizio a inanellare segrete sorprese. Il corso argentino del fiume mi porta presto alle rombanti acque della Cascata della Ferriera, dove una meravigliosa vela crea un effimero arcobaleno.
Sfioro grotte e calanchi di un territorio che fa comunque parte di Bagnoregio, mangio un fiore e un asparago, mi abbevero ai sentori della terra umida e strusciando fra le ortiche giungo alle possenti rovine del Vecchio Mulino. Una vera cittadella delle acque, dove quattro mole servivano per lavorare grano, olive e ferro. Mi aggiro per questa plaga abbandonata e solitaria, che fu invece ricca e affollata.
Terre ancora brune forate da verdi germogli mi portano di nuovo sul greto del torrente e alla bocca spalancata e oscura di una caverna. Il coraggio incosciente della stagione non chiede di meglio che d’introdursi furtivo nelle Grotte del Brigante Bracherosce. Terre di brigantaggio, la legenda narra che questo antro erosivo sia stato il segreto rifugio di questo masnadiere dalle purpure brache ed io m’immergo in un mondo che sembra subacqueo, con il lieve tocco dei mollicci grilli delle caverne che mi piovono addosso.
Respirando a pieni polmoni l’aria della primavera, riemergo alla luce dei prati per trovarmi presto però di fronte alla bocca spalancata del cosiddetto Cunicolo etrusco. Qualche dubbio davanti a quest’altra tenebrosa cavità, ma poi il senso dell’avventura prevale. Mollo lo zaino appena dentro e dopo alcuni metri carponi, la galleria si alza in una magnifica forma erosiva dove appaiono evidenti le numerose sfumature degli strati geologici vulcanici. Procedo rettilineo nel silenzio rimbombante dei miei passi, fra grilli e rari pipistrelli. L’entrata è ormai un puntino alle mie spalle. Il suolo si fa poi molle e fangoso; una curva a esse e la volta si abbassa troppo per la mia statura. La torcia illumina un altro rettilineo dalla fine invisibile e decido di aver osato abbastanza.
Dal serrato edificio che serba i resti fossili rinvenuti nel 2013 di un Elephas antiquus, elefante europeo cugino del mammut, attraverso prati, fiori e germogli. Il vicino scrosciare delle acque annuncia lievi cascatelle e poi, accompagnato da Lupin III, Daisuke e Fujiko, con i sensi temporaneamente placati, chiudo questa necessaria boccata di natura e di primavera per il mio animo.
 

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