Monti Invisibili
Traversata della Tuscia rupestre
Quota 343 m
Data 28-29 ottobre 2022
Sentiero parzialmente segnato
Dislivello in salita 1.296 m
Dislivello in discesa 1.300 m
Distanza 55,59 km
Tempo totale 15:40 h
Tempo di marcia 13:39 h
Cartografia Il Lupo Lago di Vico e Monti Cimini, IGM 137 II NO Soriano nel Cimino
Descrizione Viterbo – Vitorchiano (6:19 h, +440 m, -487 m, 24,17 km): dalla stazione ferroviaria di Viterbo Porta Romana della linea ferroviaria FL3 (351 m) con breve visita della cittadina (1,10 h). Poi per la Riserva Naturale Regionale Valle dell'Arcionello (515 m), il Fontanile della Cappelletta (500 m, +1,45 h), la Chiesuola (530 m, +6 min.), il Monte di Vitorchiano (578 m, +1,39 h) e Vitorchiano (288 m, +1,08 h). Piacevole camminata fra boschi di quercia e di castagno in parte su antichi sentieri incisi nel tufo.
Vitorchiano – Bassano in Teverina (9:21 h, +856 m, -813 m, 31,42 km): da Vitorchiano (288 m) per il Santuario di San Michele Arcangelo (250 m, +17 min.), il mulino e la Cascata del Martelluzzo (226 m, +1 h), il Monumento Naturale di Corviano (249 m, +16 min.) con tombe, chiesa rupestre, case ipogee e castello, il corso del Torrente Vezza, l’insediamento rupestre della Riserva Naturale di Monte Casoli (165 m, +1,30 h), Bomarzo (263 m, +1,10 h) con breve visita del borgo (20 min.), la casa ipogea (280 m, +43 min.), la Piramide Etrusca (261 m, +5 min.), la Tagliata delle Rocchette (270 m, +17 min.), Mugnano (120 m, +25 min.) con breve visita del borgo (10 min.), il Sasso Quadro (324 m, +54 min.) e Bassano in Teverina (304 m, +43 min.). Bus Cotral per Orte e treno per Roma. Lunga e faticosa traversata dai notevoli motivi d’interesse archeologico e naturalistico. Problemi di orientamento fra Corviano e Monte Casoli.
072 Tevere da Sasso quadro
071 Sasso quadro
068 Mugnano
067 Mugnano
066 Mugnano
064 Tagliata delle Rocchette
063 Piramide etrusca
060 Piramide etrusca
058 Bomarzo
055 Bomarzo Castello Orsini
053 Bomarzo Castello Orsini
052 Monte Casoli
050 Monte Casoli case rupestri
049 Monte Casoli case rupestri
048 Santa Maria di Monte Casoli
047 Verso Monte Casoli
046 Verso Monte Casoli
045 Foglia
043 Castello di Corviano
042 Corviano
041 Corviano casa ipogea
040 Corviano casa ipogea
039 Corviano casa ipogea
037 Corviano
034 Cascata del Martelluzzo
032 Cascata del Martelluzzo
030 Verso la Cascata del Martelluzzo
029 Verso la Cascata del Martelluzzo
026 Madonna delle Fonti
025 Santuario di San Michele Arcangelo
023 Vitorchiano
021 Vitorchiano
019 Vitorchiano
018 Vitorchiano
017 Vitorchiano
016 Vitorchiano
014 Vitorchiano
013 Vitorchiano
012 Vitorchiano
010 Vitorchiano
009 La Chiuesuola
007 Riserva Naturale Regionale Valle dell'Arcionello
006 Viterbo Piazza del Plebiscito
004 Viterbo Palazzo dei Priori
001 Viterbo Porta del Carmine
Traversata della Tuscia rupestre, 28-29 ottobre 2022. In alcuni momenti della storia e in certe parti del pianeta l’uomo ha avuto per alleata la roccia. Elemento scelto come materiale per realizzare utensili nelle fasi iniziali della civiltà, ma anche come luogo dove vivere fino a pochi decenni or sono. Questo, in una sorta di ossimoro, ha dato luogo alla cosiddetta civiltà rupestre che si è estesa dalla preistoria fino agli anni cinquanta del secolo scorso, con l’utilizzo di anfratti, grotte e caverne per farne case, chiese, tombe e opifici.
Quali sono stati i motivi di tale scelta apparentemente poco salubre e comoda? Probabilmente un adattamento ambientale, dettato dalla circostanza di avere a disposizione grotte di origine naturale o di precedenti civiltà. Con la motivazione comunque di difendersi dai nemici o da condizioni climatiche di caldo o di freddo difficili. Questi trogloditi (dal greco trogle-caverna e dyein-entrare) infatti si svilupparono soprattutto dove poterono trovare rocce tenere che permettevano una facile escavazione, realizzando così una singolare integrazione fra l’uomo e il suo ambiente.
I noti Sassi materani sono solo uno degli esempi di civiltà rupestre nel nostro paese, cui si aggiungono le Gravine dell’arco jonico pugliese e i villaggi rupestri calabri e della Sicilia iblea, solo per citarne alcuni.
Ma probabilmente il luogo che ha visto la massima fioritura di questo tipo di vita (e di morte) sotterranea è stato proprio l’Etruria, grazie al colossale stratovulcano di Vico (pare arrivasse ai 2.500 metri di quota) che 150.000 anni fa eruttò una massa di materiale divenuto poi una tenera roccia facile da scolpire: il tufo.
Un territorio dove gli etruschi insediarono il fulcro della loro civiltà, realizzando le numerose necropoli e le decine di migliaia di tombe che oggi conosciamo. E che ha dato vita agli abitati rupestri di Vitozza, Corviano e Casoli.
E così, in un’epica del cammino che diviene sempre più viaggio, oggi andiamo alla scoperta di questo lembo di Tuscia rupestre che si estende da Viterbo fino al Tevere. Un territorio dove il tufo – ma anche il peperino che gli è parente – è servito per realizzare non solo abitazioni, ma anche templi, monumenti e le onnipresenti tombe, poi in gran parte comunque divenute case, stalle, officine.
Scesi dal treno con un borbottio allo stomaco, approfittiamo della ricerca della pizza per una visita al sempre stupendo centro medievale viterbese.
Appagato il palato, siamo già nei boschi dei Monti Cimini, per una giornata che concentra i suoi motivi d’interesse soprattutto nel cammino stesso. Un cammino fra querce e castagni che si snoda fra sentori estivi che si stemperano ormai in quelli autunnali, lungo un tracciato antico, testimoniato dai solchi che tracciano il sentiero tufaceo. Siamo infatti sull’antica via che univa Viterbo a Bagnaia e un ponte diroccato ricorda ulteriormente della sua importanza.
Fra dolci scorpacciate di corbezzoli inanelliamo deserte asfaltate, sterrate e sentieri in boschi ombrosi, avvertendo sulla pelle il piacere del viaggio a piedi, di essere pellegrini nel proprio paese.
E come pellegrini varchiamo le mura del medievale borgo rupestre di Vitorchiano, affastellato a strapiombo su enormi massi di peperino e che aveva già visto l’ingresso del Gassman dell’Armata Brancaleone.
Un’inusuale Peroni da 75 cl e un sigaro toscano ci conducono a una tusciosa cena locale, prima di una profonda notte di sonno.
Una giornata particolarmente luminosa accoglie nuovamente i nostri passi mentre caliamo nell’umido rigoglio della Valle del Vezza. La giornata di cammino si prospetta lunga e particolarmente ricca di motivi d’interesse; e anche di defatiganti e ripidi saliscendi.
Il Santuario di San Michele Arcangelo, la chiesetta rupestre di Santa Maria delle Fonti e lungo una balza magmatica alta sulla forra giungiamo alla serena bellezza della Cascata del Martelluzzo, addossata alle possenti pietre di un’antica mola.
Fra tombe antropomorfe e la base di una chiesetta rupestre siamo presto al Monumento Naturale di Corviano, altro stupefacente esempio di questa architettura per sottrazione. In uno sperone lanciato nel vuoto si spalancano assolate dimore ipogee, con un tepore interno che non dà l’idea di una sistemazione poi così disagevole.
Dai vicini ruderi di un incastellamento intraprendiamo un lungo fuori sentiero sul corso del Torrente Vezza, in quella selvaggia Selva di Malano così ricca di segreta storia.
Solchiamo a lungo un assolato altopiano dalle precipiti e nascoste pareti ed eccoci quindi alla Riserva Naturale di Monte Casoli, altro straordinario esempio di architettura ipogea, appoggiata a più piani su un solatio costone.
Le panze borbottanti c’inducono ad affrontare di buona lena la defatigante salita per Bomarzo, alta e arroccata sulla Valle del Tevere, dove il Parco dei Mostri è un altro esempio di arte rupestre, anche se rinascimentale.
Birra e panino con salsiccia e cicoria ci pongono nella giusta predisposizione d’animo per riprendere il viaggio.
La casa ipogea a due piani (sicuramente una vecchia tomba etrusca a dado) ci guida verso l’enigmatica Piramide Etrusca. Duro fatica a riconoscerla, isolata in una radura quando dieci anni fa mi ero fatto largo fra i rovi.
Ora il cammino cambia e da tufaceo si fa argilloso, fra castagni che divengono querce e che ci guidano all’arroccato borgo di Mugnano, baluardo di controllo sul corso del Tevere.
Una lieve (si fa per dire) dolenzia ai piedi caratterizza queste ultime ore di cammino. Una salita micidiale per le ormai nostre scarse forze ci conduce all’ultima meraviglia della giornata: il Sasso quadro, forse un altare rupestre di epoca romana, affacciato sulla valle del Tevere in posizione spettacolare. Tanto che durante la guerra fu occupato dalla contraerea germanica.
Il sole obliqua e in lieve discesa rilassiamo finalmente le gambe verso l’abitato di Bassano in Teverina. Giusto in tempo per agguantare il bus per la stazione, non prima però di esserci sgargarozzati un fresco boccale di bionda. Dopo due giorni nella civiltà della pietra, torniamo in quella del cemento.