Monti Invisibili
Anello di Tuscania
Quota 192 m
Data 21 dicembre 2024
Sentiero non segnato
Dislivello 477 m
Distanza 27,41 km
Tempo totale 9:19 h
Tempo di marcia 8:44 h
Cartografia IGM 136 II NE Tuscania e IGM 136 II SE La Rocca
Descrizione Da Tuscania (160 m) per la Basilica di San Pietro (180 m, +14 min.), la Necropoli di Sasso Pinzuto (154 m, +26 min.), l’Eremo di Grotta Bandita (133 m, +1,08 h) con visita del sito (+15 min.), il corso del Fiume Marta, la Solfatara di Tuscania (70 m, +1,12 h), la Rocca Vecchia (117 m, +1,20 h) con attraversamento e visita dei ruderi (+40 min.), il Ponte di Frà Cirillo (+20 min.), Rocca Respampani (143 m, +12 min.) con visita del maniero (+25 min.), la Porcareccia (113 m, +1 h), la Capanna di Sasso (137 m, +25 min.) e Tuscania (+1,07 h). Lunga, difficile e appagante escursione esplorativa dall’orientamento complesso, in un alternarsi di carrarecce e tratturi agibili, sentieri appena accennati, macchia intricata, pascoli e terreno d’avventura, con numerosi guadi con acqua al polpaccio e fili spinati anche vecchi e celati. Visita dei ruderi del grande abitato di Rocca Vecchia pericolosa per pericolo di crolli, cavità e cisterne nascosti e strapiombi a filo. Avvistati alcuni cinghiali (uno morto), un fagiano e tre aironi.
057 Capanna di Sasso
056 Capanna di Sasso
055 La Porcareccia
053 La Porcareccia
052 La Porcareccia
051 La Porcareccia
050 La Porcareccia
049 La Porcareccia
048 La Porcareccia
047 Cinghiale
046 Verso la Porcareccia
045 Rocca Respampani
044 Rocca Respampani
043 Rocca Respampani
042 Rocca Respampani
041 Rocca Respampani
040 Rocca Respampani
039 Rocca Respampani
038 Rocca Respampani
037 Rocca Respampani
035 Rocca Respampani
034 Rocca Respampani
033 Rocca Respampani
031 Rocca Vecchia
030 Rocca Vecchia
028 Rocca Vecchia
027 Rocca Vecchia
026 Rocca Vecchia
025 Rocca Vecchia
023 Guado del Fiume Marta
022 Solfatara di Tuscania
021 Solfatara di Tuscania
020 Fiume Marta Solfatara di Tuscania
019 Sul Fiume Marta
018 Guado del Fosso Pantanaccio
017 Verso il Fiume Marta
016 Eremo di Grotta Bandita
015 Eremo di Grotta Bandita
012 Eremo di Grotta Bandita
011 Eremo di Grotta Bandita
010 Eremo di Grotta Bandita favo di vespe
009 Eremo di Grotta Bandita
008 Eremo di Grotta Bandita
007 Eremo di Grotta Bandita
006 Eremo di Grotta Bandita
005 Eremo di Grotta Bandita
004 Eremo di Grotta Bandita
003 Casale Quarticciolo
002 Tuscania Basilica di San Pietro
001 Tuscania Via Clodia
000 Anello di Tuscania altimetria
Anello di Tuscania, 21 dicembre 2024. È da tempo che ci contorciamo fra spini e arbusti giù nella macchia. In questa lunga escursione fuori sentiero abbiamo sovente intrapreso vie erronee e ora, a rigor di logica, ci siamo persi. Ma… drin drin: un messaggio della consorte con le consuete comande giornaliere. E mi viene un pensiero: siamo veramente persi se comunque sono continuamente in contatto con la famiglia (e soprattutto con la moglie)? E non sto forse seguendo le indicazioni del gps, che mi mostra sullo schermo la direzione per raggiungere la giusta rotta fra meno di 500 anche se accidentati metri?
Ecco che l’onnipresente tecnologia obbliga a reinterpretare anche la libertà di perdersi. Almeno nei nostri limitati e comunque antropizzati terreni di gioco, diviene impossibile smarrirsi veramente. Tutt’al più possiamo fare tardi, perdere tempo: perdersi nello spazio diviene perdersi nel tempo, che si conferma ancora una volta signore e tiranno delle nostre vite.
E di tempo ne abbiamo bisogno parecchio oggi, in questo cortissimo primo giorno d’inverno che ci riserva una lunga e assai incerta percorrenza su terreno d’avventura sulle orme della Via Clodia. Ci attendono tracce appena accennate, macchia intricata, fili spinati, fango e guadi, per andare a scoprire segrete meraviglie in questa sempre stupefacente Etruria che qui stempera i suoi toni scuri sotto i cieli infiniti della Maremma. Ma confidiamo di farci bastare la poca luce disponibile marciando lesti sulle lunghe carrarecce che non mancheranno.
Sono i primi istanti di un’alba appena accennata quando il mio sodale si avvede di aver dimenticato lo zaino a casa e muoviamo quindi gli scarponi in una Tuscania silente che ci accoglie proprio con i basoli della Via Clodia, questa consolare perduta che collegava Roma alle terre etrusche. Sfioriamo i toni rosati delle sue belle basiliche e siamo già nelle fratte. Una fugace visita alla Necropoli di Sasso Pinzuto e marciamo lesti su basoli solitari verso orizzonti lontani.
Un cartello di monito ci annuncia la nostra prima destinazione e, scavalcato il primo di infiniti fili spinati, ci lanciamo per la proda alla ricerca dell’Eremo di Grotta Bandita. Tracce confuse, massi franati: finalmente imbocchiamo la giusta cengia che ci conduce all’antico romitorio. Saliamo una scala scavata nel tufo e accediamo a due panoramiche stanze aperte sul silenzio della valle.
Orsù, non c’è tempo da perdere. Lungo il sereno corso del Fiume Marta veniamo inseguiti da un branco di cinghiali in fuga dai cacciatori. I guadi si susseguono ancora agevoli, ma bisogna fare attenzione a vecchi fili spinati celati a fil di caviglia.
Un gradito effluvio di uova annuncia che siamo prossimi alla seconda meraviglia e l’anfiteatro della Solfatara di Tuscania ci si apre davanti sull’altra sponda del fiume. Un guado asciutto non appare possibile e ci lanciamo nei flutti a fil di ginocchio per approdare alle strane erosioni delle rocce candide e giallastre della solfatara.
Riattraversiamo il fiume e fra le querce e gli olmi della macchia riprendiamo il corso del Marta. E qui, come scrivevo in apertura, ci perdiamo un po’, fino a che inaspettato s’innalza su di noi il diruto torrione dell’abitato di Rocca Vecchia. Se mai città fantasma ha meritato questo appellativo, questa è proprio Rocca Vecchia, adagiata su una stretta lama di roccia con i resti di possenti mura a fil di strapiombo. L’incedere è incerto e periglioso per la quantità di macerie, di pozzi e di cavità celati sotto una vegetazione che ha ormai invaso ogni anfratto… per tacer dell’evidente pericolo di crolli. Eppure a giudicare dalle costruzioni e dalle vie, dal campanile a vela e dalla chiesa, dal palazzo e dalle porte – o meglio, da quello che s’intuisce di tutto ciò – doveva essere un ben prospero centro a controllo dei traffici sulla Via Clodia.
Una corda provvidenziale ci cala fuori dal periglioso ambiente: quaranta minuti ci ha richiesto attraversare la città e ora non c’è tempo per andare a cercare la sua importante mola, sulla cascata della quale avvertiamo il rombo giù nel fosso. Su terreno ancora complicato arriviamo finalmente al medievale Ponte di Frà Cirillo (secondo la leggenda edificato in una notte per scommessa col diavolo in persona), scavalcato proprio dalla Via Clodia; e nella poderosa Rocca Respampani avvistiamo già il temporaneo termine delle nostre fatiche.
Sotto cieli infiniti di pianure senza fine si innalza solitario questo massiccio palazzo fattoria rinascimentale. L’ho sempre ammirato da fuori, ma questa volta una porticina è aperta sul grande portale e senza indugi c’infiliamo furtivi nel maniero. Grande è la meraviglia nell’andare alla scoperta di dispendiosi lavori di ristrutturazione lasciati a marcire nel tempo. Anni di guano di piccioni si distendono su travi, scalinate, stanze e camini. Infissi moderni, ascensori mai partiti, impianti elettrici e riscaldamento a pavimento apparentemente mai usati. Ci aggiriamo a lungo fra queste silenti mura, allibiti di tanta sperperata meraviglia.
Al caldo sole dell’ora condividiamo pranzo e tè caldo, per riprendere poi a marciare con sicura lena.
Il giuoco delle recinzioni e dei cancelli si fa ora più cruento, fra ampie valli regno di vacche maremmane e aironi guardabuoi. Fuggiamo da una mandria un po’ troppo aggressiva e arriviamo al costone tufaceo della Porcareccia, dove si apre una serie di sei oscure cavità: tombe trasformate in stalle o forse stalle già per gli etruschi. Lunghe e ampie gallerie dal pavimento morbido da secoli di letame, con le pareti segnate da numeri etruschi che potevano indicare la proprietà del bestiame che vi era legato. La struttura è simile a quella dell’Ipogeo di Santa Pupa nella Macchia di Manziana, e anche qui non manca un camino centrale scavato nella volta e simbologia cristiana incisa, con lo stemma del Santo Spirito e la templare croce di Lorena.
L’ennesimo guado sotto un ponticello crollato, un muro di rovi e le difficoltà volgono al termine. Come il sole che volge ormai all’orizzonte mentre giungiamo all’ultima meraviglia: la Capanna di Sasso. Tomba etrusca su un affioramento tufaceo trasformata in un piccolo caseificio con annesso ovile e che ricorda tanto un trullo.
Con le gambe legnose e infangate fino al ginocchio, gli scarponi fradici, rametti e foglie giù per la schiena, senza dimenticare graffi e abrasioni, lanciamo il passo sotto il cielo che volge al rosa e all’arancio di questo meraviglioso territorio fra Tuscia e Maremma che ci ha regalato questa splendida giornata di gioco e di stupore.