Monti Invisibili

La Cimetta 

Quota 2.266 m

Data 27 agosto 2011

Sentiero parzialmente segnato

Dislivello 1.340 m

Distanza 21,01 km

Tempo totale 8:47 h

Tempo di marcia 7:27 h

Cartografia Il Lupo Gran Sasso d’Italia

Descrizione Da fonte Vetica per la sella di Fonte Fredda (1.994 m, +46 min.), monte Siella (2.027 m, +9 min.), la sella di Fonte Fredda, monte Tremoggia (2.331 m, +49 min.), monte Camicia (2.564 m, +41 min.), il vado di Ferruccio (2.245 m, +1,36 h), il pianoro d’Abruna e la vetta (+51 min.). Ritorno per il sentiero che scende a Campo Imperatore dal vado di Ferruccio (+2,33 h). Avvistato un camoscio sotto monte Siella, uno sotto il vado di Ferruccio e cinque sotto la Cimetta.

06 la cimetta log

Traccia GPS

07 la cimetta dislivello
07 la cimetta dislivello

025 Castelli da La Cimetta

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023 Verso Vado di Ferruccio

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022 Monte Camicia

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021 Monte Camicia

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020 Monte Camicia

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019 Monte Camicia

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015 Monte Camicia parete nord

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012 Monte Camicia

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011 Dente del Lupo

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010 Dente del Lupo

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009 Monte Tremoggia

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008 Monte Tremoggia

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007 Stella alpina

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005 Verso monte Camicia

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004 Monte Siella

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003 Campo Imperatore

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002 Rifugio fonte Vetica

002rifugiofontevetica

001 Fonte Vetica

La Cimetta, 27 agosto 2011. Dopo due anni questa estate siamo tornati sulle Dolomiti, a Corvara in Val Badia, per la precisione. Il fatto è che quando andiamo all’estero poi ci manca la montagna e quando andiamo in montagna poi ci manca l’estero.
Ma non è questo che voglio raccontare. Gli scenari alpini sono fantastici, quelli dolomitici, poi, che te lo dico a fa’. Ma il punto è un altro. Lì è tutto perfetto: ottimi sentieri, rifugi gestiti a ogni piè sospinto, segnaletica precisa, una messe di funivie che evitano i più noiosi avvicinamenti, un servizio di autobus efficiente e, in caso di guai, anche un soccorso alpino capillare. Sull’Appennino tutto questo non esiste. Tracce sbiadite e cancellate dal tempo, rifugi diroccati o chiusi, segnaletica assente o contrastante, orientamento reso arduo da boschi e canaloni. Insomma, a me sembra che andarsene a spasso sul nostro Appennino sia un po’ più difficile che calcare le Alpi. Se sai fare l’Appennino puoi fare anche le Alpi, ma non è detto il viceversa.
Tutto ciò per raccontare una stupenda giornata di cammino solitario in quell’estrema propaggine orientale del Parco Nazionale del Gran Sasso che fa capo al monte Camicia e a fonte Vetica. Erano ormai quasi dieci anni che mancavo da queste zone che sono sicuramente fra le più spettacolari del massiccio: per la solitudine e l’impervietà di alcuni passaggi e per il colpo d’occhio a volo d’uccello sui contrapposti fronti del gruppo montuoso.
Non sono ancora le 8 quando mi immergo nell’ombrosa pineta di fonte Vetica per riuscirne tosto in direzione della sella di Fonte Fredda, con viste che si allargano a tutto lo sconfinato altopiano di Campo Imperatore. Neanche un’ora per lo scenografico cucuzzolo di monte Siella, scivolo erboso proteso verso il mare e la piana teramana, mentre un camoscio pascola placido alle sue pendici.
Torno brevemente sui miei passi e affronto di slancio i 2.331 metri del monte Tremoggia, ricolmo di stelle alpine, dove mi si apre la visione dell’impressionante e acuminato Dente del Lupo: fa parte dei duemila, ma non credo ci salirò.
I 2.564 metri del monte Camicia sono ormai prossimi, ma prima è d’uopo un cauto affaccio sui 1000 metri a strapiombo dell’impressionante parete nord della montagna. Dai precipiti roccioni verticali i boschi, i borghi si schiacciano in un’aerea visione da brividi.
Ormai sono in vetta ed è tempo di affrontare la parte più ardua del percorso, con l’infido canalino che mi deve recare al vado di Ferruccio. E invece è peggio di quanto ricordassi. Brecciolino instabile, continui salti di roccia, scarsi appigli. A un certo punto temo di non riuscire a forzare un passaggio. Oso, tento, passo; il peggio è alle spalle e lo splendido isolamento del vado è tutto mio, con contorte visioni su pinnacoli rocciosi, treni di pietra che si lanciano verso i boschi, vette striate dalle circonvoluzioni del tempo e delle ere.
Poca salita e sono al solitario pianoro d’Abruna, proprio sotto al castello sommitale del Prena, che trascuro per giungere, fra enormi massi caduti dalla montagna, alla mia meta finale: i 2.266 de La Cimetta. Sotto gli occhi curiosi di cinque camosci, mi accendo un toscano e mi siedo su questo solitario balcone erboso a contemplare la meraviglia del panorama.
Il fumo si stempera con la mia stanchezza: ancora poche ore di cammino e anche questa giornata sarà finita.