Ferrata Ricci
Quota 2.903 m
Data 27 luglio 2013
Sentiero segnato
Dislivello 1.237 m
Distanza 12,98 km
Tempo totale 8:25 h
Tempo di marcia 7:07 h
Cartografia Il Lupo Gran Sasso d’Italia
Descrizione Dalla Piana del Laghetto (1.650 m) per l’Albergo diruto (1.896 m, +40 min.), la Madonnina (2.007 m, +17 min.), il Rifugio Franchetti (2.433 m, +1 h), la Ferrata Ricci, l’Anticima Nord della Vetta Orientale (2.700 m, +1,10 h) e la vetta (+40 min.). Ritorno per la normale, la conca del Calderone (2.700 m, +55 min.), la Sella dei Due Corni (2.547 m, +33 min.), il Rifugio Franchetti (+20 min.), la Madonnina (+52 min.), l’Albergo diruto (+15 min.) e la Piana del Laghetto (+25 min.). 238° e ultimo 2000 sull’Anticima Nord della Vetta Orientale. Ferrata Ricci in ottime condizioni e senza particolari difficoltà. Via Normale difficile e pericolosa per assenza di tratti ferrati e un punto di secondo grado, forse aggirabile tenendosi scendendo leggermente sulla sinistra della via segnata.
Corno Grande Vetta Orientale, 27 luglio; 238, tutte le vette. Finito! Dopo due anni dall’inizio di questo diario, l’elenco è completato, almeno per la parte che mi compete, escluse le tre vette alpinistiche.
Sono contento? Sono felice? Più che altro malinconico, di quella malinconia che assale al raggiungimento di obiettivi che hanno richiesto un lungo tempo della propria vita.
Con me di nuovo il caro Alessandro, ora a 149 vette; la cima pullula di alpinisti che vanno e vengono, il vicino Corno Grande occidentale sembra Fregene a Ferragosto e i nembi assaltano la montagna, lasciando rari e intensi squarci sul Corno Piccolo e su remote pianure.
E’ ora di riprendere il cammino.
Poche vette appenniniche sanno donare un sapore alpino come il Gran Sasso, sorta di dente che emerge da una verde gengiva e che sembra essere stato catapultato in mezzo alla penisola da chissà quali remote distanze. E il gruppo centrale, quello che racchiude le vette più elevate e rocciose, è capace di trasportare in poco tempo nel vero mondo dell'alta montagna, in un ambiente privo di vegetazione, dominato da rocciosi toni calcarei che ricordano una sorta di Gruppo Sella in miniatura.
Evitando di salire con la nuova deturpante funivia, approdiamo alla Piana del Laghetto e in una torrida giornata estiva ci incamminiamo di buona lena per questo mio ultimo duemila, percorrendo la panoramica dorsale dell'Arapietra. Un grande crocifisso ligneo si staglia alpino sullo sfondo del precipite Paretone e fra le intense fioriture di questa piovosa estate siamo in breve all'Albergo diruto e alla vicina stazione a monte della funivia.
Iniziamo a macinare roccia sfilando sotto le verticali pareti del Corno Piccolo, insieme alle numerose altre comitive che popolano sempre questa montagna, mentre il resto dell'Appennino rimane deserto. Ecco il Rifugio Franchetti, calziamo imbrachi, corde e moschettoni e siamo pronti per affrontare la Ferrata Ricci. Il cengione obliquo che da lontano tanto spaventava si rivela una lunga rampa attrezzata dove spesso le corde neanche servono. Ci addentriamo con divertimento nei meandri della grande montagna, mordendo la roccia, accarezzando le funi, sfiorando gli appigli. Un semplice spigolo, il vuoto si spalanca in mezzo alle gambe fino al rosso tetto del rifugio, un esaltante horror vacui si insinua nell'animo.
Quando il tratto attrezzato termina, ci lascia ai 2.700 metri dell'Anticima nord, dove finiscono anche i miei duemila. E improvvisa sento nelle gambe tutta la fatica di queste 238 vette, il fiato si fa corto, la testa pesante, la spossatezza pervade il corpo e lo spirito. Forse è solo il caldo… o forse no.
Da lì è ormai solo una rocciosa passeggiata per i 2.903 metri della Vetta Orientale del Corno Grande, densa di imbrachi, corde e caschi. Il vuoto rilega vicine la Vetta Centrale, il Torrione Cambi e la Vetta Occidentale, confuse e trasfigurate su uno sfondo di nuvole instabili. Ovunque alpinisti e camminatori che sembrano formiche incastonate sulle tormentate forme della grande montagna, mentre lo sguardo precipita verso un mondo ovunque più basso.
Riprendiamo il cammino e presto ci immergiamo nelle difficili rocce della via normale; normale per modo di dire, che dopo la rimozione delle vetuste ma utili corde diventa un'impresa per i meno adusi disimpegnarsi sulle ripide e traballanti rocce. Tre esperti ragazzi di Ascoli allestiscono una corda e senza difficoltà caliamo giù. Alla sinistra del percorso segnato ci sembra comunque di scorgere un'eventuale più semplice via.
Un'ultima occhiata alla Conca del Calderone e siamo già alla Sella dei Due Corni e da lì presto le nostre orme ci riconducono indietro, mentre già nell'animo sento sorgere la nostalgia per questa lunga avventura di cammino oggi conclusa.