Monti Invisibili

Monte Bellaveduta

Quota 2.061 m

Data 23 maggio 2020

Sentiero parzialmente segnato

Dislivello 1.280 m

Distanza 29,05 km

Tempo totale 9:57 h

Tempo di marcia 9:03 h

Cartografia Il Lupo Parco Nazionale d’Abruzzo

Descrizione Dal Passo della Rocca (1.148 m) per la sterrata 700 m a valle verso ovest, Fonte Palmelle (1.665 m, +1,25 h), Fonte Casalorda (1.713 m, +7 min.), Guado delle Capre (1.926 m, +45 min.), Rocca Altiera (2.018 m, +25 min.), Monte Bellaveduta (2.061 m, +23 min.), il Valico delle Portelle (1.901 m), Anito Lungo (1.972 m, +50 min.), il Valico delle Gravare (1.874 m, +53 min.), il valico fra Monte Irto e Monte Mari (1.780 m, +1,10 h), il sentiero dismesso verso la Valle dei Tre Confini, La Valle dei Tre Confini (1.415 m, +50 min.), il Rifugio Acquanera (1.326 m, +40 min.), la Valle di Canneto, il Santuario della Madonna di Canneto (1.021 m, +55 min.) e il Passo della Rocca (+40 min.). Escursione faticosa con lunghi tratti fuori di ogni traccia. Nella discesa verso la Valle dei Tre confini la traccia si perde su un canalone eroso e per evitarlo si finisce su terreno infido e ripidissimo: probabilmente è meglio affrontare il canalone. Avvistati un daino e un camoscio.

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Traccia GPS

07bellavedutadislivello
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037 Santuario della Madonna di Canneto

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036 Rifugio Acquanera

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035 Valle Tre Confini

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034 Valle Tre Confini

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033 Monte Irto

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032 Monte Irto

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031 Monte Mari

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030 Monte Irto

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029 Serra delle Gravare

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028 Serra delle Gravare

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027 Valico delle Gravare

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026 Laghetto delle Gravare

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025 Forca Resuni

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024 Fondillo di Settefrati

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023 Anito Lungo

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022 Genziane

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021 Verso Valico delle Gravare

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020 Monte Mari e Petroso

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019 Anito Lungo

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018 Mandra delle Vacche

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017 Anito Lungo

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016 Rocca Altiera

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015 Verso Rocca Altiera

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014 Verso Rocca Altiera

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013 Monte Petroso

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012 Monte Petroso

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011 Genzianelle

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010 Orchidea

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009 La Meta

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008 Verso Rocca Altiera camoscio

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007 Verso Rocca Altiera mucche

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006 Verso Rocca Altiera

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005 Fonte Casalorda

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004 Stazzo di Casalorda

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001 Verso Fonte Palmelle

Monte Bellaveduta, 23 maggio 2020. Un paio di settimane or sono due aquile volteggiavano curiose sulla mia persona; la scorsa, mamma cinghialessa mi guardava, grugniva e andava via sdegnata; oggi un camoscio mi ha fischiato e un daino è dapprima fuggito, per poi fermarsi curioso a osservarmi.

Anni fa ero affascinato dal noto aforisma di Nietzsche “Ci troviamo così bene nella libera natura, perché essa non ha alcuna opinione su di noi” e lo interpretavo come desiderio di perdersi in una natura indifferente.

Ora avverto, al contrario, sì l’aspirazione di perdermi nella libera natura, ma anche l’anelito a ottenere la sua attenzione.

Perché proviamo tanta emozione nel raro incontro con un animale nei boschi o sulle montagne? Forse perché non c’interessa tanto vedere lui, ma che lui guardi noi. L’animale che ci osserva è la natura che si accorge di noi.

In questa fantasia, ancora prigioniero della regione, volgo allora gli scarponi verso questo lembo selvaggio del Parco Nazionale d’Abruzzo, di scarsa frequentazione e a cavallo dell’area protetta. Fra i boschi ombrosi dell’alba intraprendo la cavalcata, suscitando le attenzioni di quel daino e seguitando poi su pendii assolati tempestati di colori.

Il solitario camoscio mi fischia e sono sulla sassosa cresta, in un profluvio di fioriture che precipitano su boschi smeraldini. L’ambiente è vasto, incommensurabile e il cammino sembra non dover finire più.

I 2.018 metri della Rocca Altiera sono l’occasione per un paio di pomodori e in breve i 2.061 del Bellaveduta mi lasciano scorgere il lungo cammino che ancora mi attende.

L’Anito Lungo (toponimo di vetta o di tutta una cresta?) è una sorta di panoramico spartiacque fra boschi e rocce che mi conduce infine al Valico delle Gravare.

In una solitudine spaesante, con i piedi penzoloni nel vietato Abruzzo, consumo il mio pasto fra i fiori e riprendo il cammino senza più l’ombra di un sentiero. Vallette prative si alternano a boschetti, falde rocciose a macchie di ginepro. Poi una docile cresta e scendo al dimenticato valico fra i Monti Irto e Mari, sotto la mole rocciosa del Monte Petroso che precipita nella Valle dei Tre Confini.

La traccia, dapprima evidente, cala verso la valle, poi s’interseca con una miriade di peste animali e infine si perde in una zona erosiva. Finisco su un pericoloso terreno instabile ripido coperto di foglie bagnate. Procedo sedere a terra puntando i tacchi, mi appendo agli alberi e finalmente, spalmato di terra e di foglie sono nella valle, dove scorre placido e tintinnante quello che diventerà il Fiume Melfa, limpido frutto del Petroso.

Stanco e dolorante, in un bosco sereno, accompagnato dal gorgoglio delle acque. C’è tempo di riposare il passo e rinfrancare lo spirito nel lungo cammino di fondovalle verso il santuario. La natura mi guarda e, ne sono sicuro, mi accetta con sé.