Perù, Bolivia, Argentina, Brasile, Cile, 19 luglio - 24 agosto 1995
Dal diario di viaggio
Aguas Calientes, 28 luglio 1995. Oggi è stata una giornata particolare: sono andato a Machu Picchu. L’antica città Inca rappresenta per la civiltà quello che l’Everest è per la natura: un vertice mitico dove prima o poi tutti sperano di andare; e certo non delude le aspettative.
Per raggiungere Machu Picchu non esistono strade, c’é solo il treno che parte di buon’ora dalla stazione di San Pedro. Ne esiste uno per i turisti che costa 42 dollari e copre i 110 chilometri in “appena” tre ore comodamente seduti; c’è poi il treno dei campesinos che per soli 5 dollari impiega per lo stesso tragitto quasi sei ore, con un viaggio folle ma sicuramente più interessante. Si supera ogni limite alla coesistenza dei corpi. Ogni peruviano viaggia sempre portandosi dietro una media di due bambini, dieci bagagli e un po’ di pollame. Anche i posti sono a misura di peruviano e le rotaie hanno la tendenza a essere ondulate, a volte in controfase fra loro. Abbiamo anche investito una mucca sui binari, ma poi si è rialzata un po’ intontita. Tutto ciò rende il viaggio in treno indimenticabile.
Arrivati ad Aguas Calientes restano i 400 metri di salita per Machu Picchu, che sono una cosa da far uscire gli occhi fuori dalle orbite. Lo scenario di alte montagne dai ripidi versanti lussureggianti di vegetazione è incomparabile. E in cima c’è lei, l’antica città, che descriver non so perché è un misto di stupore e di emozione per le passate genti. Contemplare il tramonto dall’antica fortezza con un buon sigaro toscano fra le labbra è una delle emozioni di una vita.
E poi giù nell’oscurità incipiente, sudando l’anima con una sete torrida.
Ora sono qui nell’hostales, con una buona tazza di tè dopo una cena autonoma a base di tonno, cioccolata, pane e mela. Fuori della mia finestra ruggisce il fiume sacro Urubamba e io ancora non so quando c’è un mezzo di trasporto per Cuzco. Domani avrei il bus per la Bolivia alle 5 de la tarde.