Monti Invisibili

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29 007 Lettonia Meitene Zoia Dianova

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Repubbliche Baltiche, 9-17 aprile 1994

 

Dal diario di viaggio

 

Vilnjus, 12 aprile 1994. Come mai ancora qui? Non dovevo essere ieri a Riga e oggi a Tallin? È una lunga storia. Ieri mattina, dopo una profonda notte di sonno sul treno per Riga, alle 5,30 le guardie di frontiera lituane mi hanno fatto scendere perché non avevo il visto per entrare in Lettonia. Sono stato portato in una stanza buia e deprimente e dopo che hanno confabulato mi hanno detto di essersi sbagliati. Ma intanto il treno era ripartito. Così mi hanno caricato su una macchina e con una folle corsa nella notte lituana mi hanno portato alla stazione successiva, in territorio lettone. Ovviamente tutto ciò senza parlare (solo russo e tedesco) e non sapendo minimamente dove mi stessero conducendo. La gioia è durata poco perché appena risalito sul treno la guardia di frontiera lettone mi ha fatto riscendere perché non avevo il visto. Non c’è stato niente da fare. Fortunatamente con me hanno fatto scendere anche una russa che aveva dimenticato il passaporto. E Zoja Dianova che parlava inglese e mi ha sfamato con uova sode, formaggio, lardo affumicato e caffè, ho trascorso ben dieci ore, dalle 6 alle 16, in questa sperduta stazione di frontiera di nome Meitene. La noia e il freddo sono stati bestiali perché ovviamente la stazione non ha sala di aspetto e noi non potevamo allontanarci, guardati a vista da gendarmi mezzo russi di cui uno reduce dell’Afghanistan.

Intorno alla mia settima ora di attesa del treno per Vilnjus, da uno dei rari convogli in transito sono scesi tre loschi figuri: Paolo e Mauro, di Brescia, e Tetsuo, giapponese di Tokio, che gira con una specie di scimitarra da trenta centimetri: per difesa personale, dice. Anche loro erano stati bloccati dall’efficientissima milizia lettone. Comunque il tempo è trascorso e finalmente è arrivato il nostro convoglio per Vilnjus.

Sui treni c’è un controllore, generalmente una donna, per ogni vagone che fra le altre cose cura il caricamento della stufa a carbone. È piacevole avvertire quell’odore di torba bruciata che ricorda le terre scozzesi. La velocità è da lumaca, stante lo scarso parallelismo delle rotaie.

Una volta a Vilnjus abbiamo trovato posto per 20 lire lituane (8.000 lire) nel simpatico ostello, dove, dopo una mezza rissa fra Tetsuo e l’ostellante russo circa il possesso delle isole Curili, ci siamo anche fatti portare pizza e birra a mezzanotte circa. Poi il Tetsuo ha voluto cucinare una sua zuppa, che in verità non era male.

Oggi, dopo una ristoratrice notte di sonno, ci siamo procurati il visto per la Lettonia (and Estonia, I hope) con 20 dollari a cranio e poi abbiamo bighellonato per la città in una calda giornata di sole.

Veramente impressionante la visita al carcere-museo del KGB. Vedendo quelle celle microscopiche dove erano rinchiusi anche in venti, le pareti imbottite, le foto dei cadaveri maciullati dopo il “lavoro”, sembra di sentire la disperazione di chi ha avuto la sventura di capitarci. Come può un uomo fare questo a un altro uomo?

Ora sono all’ostello con una buona tazza di tè. Questa sera mi dividerò dai miei nuovi amici e mi recherò finalmente a Riga, con ben due giorni di ritardo. Questo scherzetto è stato molto seccante in un viaggio così breve.

Per ora ci siamo persi Tetsuo; se lo ritroveremo andremo a cena insieme.

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