383 Lagoa das Patas
362 Algar do Carvao
337 Sao Mateus da Calheta tourada
314 Angra do Heroismo chiesa della Misericordia
309 Sao Mateus da Calheta
303 Sao Mateus da Calheta
284 Sao Roque do Pico
279 Sao Roque do Pico
275 Sao Roque do Pico
269 Madalena
252 Horta
247 Horta Peter Cafe Sport
233 Horta porto turistico
195 Lagoa do Capitao
178 Pico costa nord
163 Lajido
160 Lajido
123 Miradouro da Ponta do Sossego
091 Sete Cidades
088 Sete Cidades
070 Ribeira Grande Flavie e Vittoria
035 Ponta Delgada
017 Ponta Delgada
Isole Azzorre, 8-23 agosto 2012
Dal diario di viaggio
Madalena, isola di Pico, 15 agosto 2012. Mattina presto nel silenzio della nostra casa qui a Pico. Tutti ancora dormono, fuori inizia appena ad albeggiare e il vento muove lieve le fronde di una giornata che sembra migliore di quanto previsto. La campana della chiesa batte ora lontana sette rintocchi.
Ieri abbiamo agguantato il nostro pulmino Volkswagen nove posti e ci siamo lanciati alla scoperta degli stupefacenti scenari di questi “monti di fuoco, vento e solitudine”, come li descriveva nel Cinquecento uno dei primi viaggiatori portoghesi che vi sbarcò.
La costa nord, battuta dal vento e meno esposta al sole, è più aspra, meno rigogliosa di vegetazione e con un mare che senza requie spazza le sue rocce, alzando alte torri di schiuma. Una serie di piccoli e minuscoli borghi in pietra nera affacciati sull’oceano, puliti, ordinati, deserti; ancora con gli scivoli per calare in acqua le lance per la caccia alla balena; le botti, i tini, i torchi per la produzione del vino. Lajido, São Roque do Pico e ancora Santo Amaro, fra i bassi muretti di pietra lavica, contorti baluardi a difesa di viti, fichi e altre scarne coltivazioni.
Qualche miradouro si affaccia alto sull’Atlantico e siamo finalmente all’estrema punta orientale dell’isola, sorvegliata dal massiccio faro di Ponta da Ilha. Le bimbe si scatenano in corse e in giochi con il locale pollaio e noi ci godiamo il ventoso sole della scogliera.
Di nuovo in marcia e come affrontiamo il versante meridionale il paesaggio cambia, si fa più rigoglioso sopra un mare blu meno spazzato dal vento. A Calheta de Nesquim un piccolo museo con le barche, gli strumenti della caccia alla balena, le foto degli ultimi balenieri: facce aspre, visi aperti, segnati dal vento e dalla fatica, ma estremamente vivi.
Poi abbandoniamo la costa e ci inerpichiamo verso la montagna in un paesaggio che ritrova intense fioriture di ortensie che presto lasciano il posto a una brughiera scozzese con pietre muscose e contorte essenze arboree. La lagoa do Capitão, sotto un cielo plumbeo, e in breve siamo ai 1.223 metri di Cabeço das Cabras, dove parte il sentiero per la grande montagna. I colori, le forme, la vegetazione ricordano da vicino un altro vulcano; il Kilimanjaro. Peccato non poter salire.
Una vertiginosa discesa fra leprotti e piante da appartamento ci riporta alla costa. Un’ultima sosta fra i muretti a secco dei vigneti ci permette di fare incetta di fichi e uva, con gran divertimento di Vittoria e Sofia. Due pesci bocanegra cucinati da Flavia e Stefania concludono degnamente la giornata, insieme a una bottiglia di bianco Frei Gigante.