315 Eurodisney
303 Eurodisney
282 Carnac megaliti
268 Concarneau
267 Concarneau
258 Locronan
254 Locronan
241 Concarneau Ville Close
230 Mont de Saint Michel
204 Le Gouffre
201 Le Gouffre
181 Cap Frehel
144 Mont Saint Michel
137 Bayeux
119 Colleville sur Mer cimitero americano
108 Colleville sur Mer cimitero americano
103 Colleville sur Mer cimitero americano
102 Colleville sur Mer cimitero americano
100 Longues sur Mer
097 Longues sur Mer
093 Arromanches Sherman
089 Arromanches spiaggia dello sbarco
087 Arromanches spiaggia dello sbarco
085 Arromanches spiaggia dello sbarco
083 Arromanches spiaggia dello sbarco
073 Honfleur
065 Honfleur
054 Cap d'Antifer
044 Yport
036 Fecamp
008 Rouen
004 Rouen
Normandia e Bretagna, 9-25 agosto 2010
Dal diario di viaggio
Port-en-Bessin 13 agosto 2010. Piacevole borgo marinaro, tranquillo e pittoresco intorno al suo porto di marea governato da una chiusa. Una decina di grandi pescherecci d’altura, i magazzini per la lavorazione del pescato, un paio di bacini di alaggio con le barche in manutenzione. E intorno le alte falesie, teatro del D-Day.
Oggi ci siamo dedicati a un tour nella memoria di quei giorni epici. Di buon’ora ci siamo diretti ad Arromanches, spiaggia dello sbarco nomata Gold. Rapida visita del museo con Vittoria che ci incalzava e suggestiva passeggiata su una spiaggia al minimo, ma con la marea crescente, fra gli arrugginiti pontoni dello sbarco e i cassoni del porto artificiale che ancora galleggiano non lontano dalla costa.
Che uomini; che tempi eroici: a volte si dubita che noi oggi troveremmo capacità, animo e uomini per affrontare tali traversie e vincerle. Gli stessi americani ora non riescono ad avere ragione di un pugno di straccioni del deserto.
Il vento soffia teso, mentre sto con il mio sigaro su di una panchina del porto. Ieri la pipa per metà me la si è fumata il vento.
Poi ci siamo diretti a Longues-sur-Mer, alta sulle falesie dominate dai bunker delle artiglierie tedesche: l’altra faccia della medaglia. Infine il nostro viaggio nella memoria è terminato a Colleville-sur-Mer, dove è uno dei cimiteri di guerra americani. Migliaia di croci bianche della migliore gioventù di quegli anni, venuta a morire a migliaia di miglia dalle proprie case, le proprie fattorie, le proprie strade. Nomi da tutto il mondo: inglesi, scozzesi, irlandesi, francesi, italiani, spagnoli, polacchi, russi, rumeni. Bradley, Mc Ewans, o’Connor, Nappi, Gonzales. I tanti antiamericanisti da quattro soldi dovrebbero fare un giro da queste parti prima di cianciare le loro sentenze.
E noi passeggiavamo tranquilli dove poche decine di anni fa era l’inferno. Vittoria saliva sulla giostra. Ed io sono nato appena 22 anni dopo quel 6 giugno 1944.
Terribile l’amore per la guerra della razza umana. Terribile come la guerra che fa soffrire e morire, ma anche vivere con un’intensità tale che poi tutto sembra vanità. Amore proprio dell’uomo, ma che i più si limitano a negare, senza cercare di coglierne quell’essenza che sola permetterebbe di evitarla.