Via Amerina prima tappa
Quota 245 m
Data 11 aprile 2015
Sentiero segnato
Dislivello in salita 720 m
Dislivello in discesa 710 m
Distanza 29,36 km
Tempo totale 9:50 h
Tempo di marcia 7:55 h
Cartografia IGM 143 II NE Campagnano di Roma, 143 I SE Nepi, 143 I NE Civita Castellana
Descrizione Da Campo dell’Olmo (195 m, ore 7,30) in località Ponte di Valle Romana sulla S.P. 37, per il Ponte di Pasci Bovi (218 m, +53 min.), Casale Umiltà (231 m, +30 min.), il bivio a destra verso la località Massa (226 m, +17 min.), il bivio a sinistra verso I Cavoni (225 m, +20 min.), la tagliata dei Cavoni (197 m, +10 min.), Nepi (225 m, +27 min.), l’Isola Conversina (224 m, +1,08 h), San Lorenzo (219 m, +40 min.), Tre Ponti (197 m, +10 min.), la Tomba della Regina (191 m, +25 min.), il Cavo degli Zucchi (208 m, +7 min.), Falerii Novi (201 m, +56 min.), il Fosso delle Sorcelle (195 m, +42 min.), la Via Cava della Cannara e il Ponte di Sant’Egidio (191 m, +40 min.), Corchiano (196 m, +15 min.) e il B&B Villa Iris (200 m, +15 min., ore 17,20). Splendida traversata su strada basolata, sentieri, sterrate, vie cave e limitata asfaltata.
Via Amerina, 11 aprile 2015. Ci sono i viaggi e ci sono le escursioni, e poi ci sono i viaggi a piedi che sono un po' tutti e due. Sì, ci sono anche le fettuccine con gli asparagi, i selfie e i piedi dolenti, ma questo ora non c'entra e mi avete fatto perdere il filo del discorso.
Volevo dire che questi due giorni di cammino non sono stati un vero è proprio trekking, ma più una sorta di viaggio, con i tempi lenti e naturali degli antichi viandanti, il fascino del passaggio a piedi di paese in paese, il piacere e lo spaurimento di allontanarsi dal consesso civile e la splendida sensazione di autosufficienza indotta dall’avere sulle spalle tutto il poco di cui si ha bisogno.
E questo viaggio si è svolto in compagnia di Andrea e Roberto, alla ricerca della Via Amerina, antica e ormai dissolta strada romana, aperta nel 240 a.C. unendo tracciati locali ancora più remoti che collegavano Veio con Ameria (l'attuale Amelia in Umbria) attraversando tutto il territorio falisco e toccando i suoi principali centri: Nepet (Nepi), Falerii (Civita Castellana), Fescennium (Corchiano), Gallese, Vasanello e Hortae (Orte).
Un viaggio nella natura, quindi, ma soprattutto nella storia e che ha presentato non poche difficoltà di pianificazione sulla base di poche e contraddittorie notizie.
Sono appena le 7,30 quando un’audace combinazione di mezzi pubblici (e chi li utilizza sa cosa intendo) deposita Marco, Roberto e Andrea nelle nebbie di Campo dell’Olmo, dove ci accoglie inaspettata una tabella dedicata proprio alla Via Amerina.
Armiamo gli oggi inutili bastoncini e novelli Indiana Jones iniziamo lievi il lungo cammino che in due giorni ci porterà a Orte. Poche migliaia di metri è iniziano ad affiorare grandi e ordinati basoli di questa che fu una direttrice importante, percorsa per secoli avanti e indietro da truppe, pellegrini, santi (pare anche San Francesco), funzionari e semplici viandanti, e ora persa fra campi e boschi.
Il tempo di un selfie, di arrivare al ponte medievale di Pasci Bovi e la lastricata Via Amerina si fa sempre più evidente, ora parallela alla provinciale per Nepi che infine si mangia l’antica strada e ci costringe a un tratto asfaltato.
Ma presto deviamo su una tranquilla sterrata e mentre le torri di Nepi iniziano a sorgere all'orizzonte, caliamo tosto nello spettacolare mondo semisotteraneo de I Cavoni: una tagliata, o via cava che dir si voglia, che insieme al basolato e ai ponti è l’altro elemento tipico di questa via. Tento qualche scatto, ma quei due hanno fretta e non mi fanno fotografare; tranne poi pretendere un puntuale ed esaustivo resoconto fotografico.
La Porta Nica ci da accesso al borgo fortificato, dove pizza bianca e gazzosa Neri ci rinfrancano del fin qui breve cammino.
Sotto lo sguardo del Soratte ci immergiamo nuovamente nelle ampie visuali dell’ondulata campagna laziale, fra pascoli e ruderi, seguendo le indicazioni del gps ma anche i radi ma continui paletti che inaspettatamente contrassegnano pressoché tutta la via.
Dopo il Rio Vicano un ponticello di legno ci avvia verso grotte e tombe e poi a un lungo tratto nel bosco, dove la primavera fatica ancora a sloggiare l’inverno.
Ecco la solitaria e affascinante Isola Conversina, borgo fortificato sulla sommità di un promontorio cinto interamente di profondi fossi. Mura, grotte, cisterne sotterranee e l’alta e diruta torre a sorvegliare questa solitudine, mentre noi, ad ogni passo, recuperiamo il nostro lato selvatico.
Un altro guado, una tagliata e dopo la località San Lorenzo giungiamo al massiccio ponte di Tre Ponti che ci introduce alla parte più spettacolare del percorso: l’omonima necropoli con tombe etrusche inusuali e dipinte, un’alta parete tagliata, un enorme ponte diroccato che ci obbliga a cercare un guado; e ancora il magico gruppo delle tombe a portico della Regina, con teatro annesso, e quindi l’incredibile Cavo degli Zucchi, una lunga tagliata basolata affiancata da tombe, monumenti funerari, colombari, scalinate, piazzette sacre. Una sorta di Via Appia in salsa etrusca.
Attraversiamo allibiti tale sconosciuta meraviglia e continuiamo il cammino in questo territorio a prima vista pianeggiante e invece di un'orografia complessa, con forre, torrenti, fiumi che insieme alle etrusche tagliate hanno profondamente inciso gli ampi pianori tufacei.
Ancora un paio di guadi, qualche saliscendi e ci approssimiamo alle possenti mura rossicce che cingevano Falerii Novi, dove la spettacolare Porta Giove ci invita alla chiesa romanica di Santa Maria in Falleri e a quello che fu il sedime di una ricca e estesa città romana.
Gli stomaci gorgogliano e la provvidenziale Hosteria Falisca concede riposo alle nostre gambe e ci ammannisce birra, coca cola e un gustoso piatto di fettuccine con asparagi selvatici e salsiccia.
La ripresa del cammino non è delle più agevoli e così, dove aver preso la scossa a una recinzione elettrificata, decidiamo di allocarci all’ombra di un noccioleto per una sosta nell’aromatico fumo dei sigari toscani.
Ora è d’uopo qui una pausa anche nel racconto, per spiegare che accendere un toscano non è come bruciare una sigaretta. Bensì è necessario scaldare per qualche momento l’estremità del sigaro con la fiamma – possibilmente di un fiammifero – fino a che principia ad annerirsi e solo dopo dare il via alla definitiva accensione, roteando lentamente il sigaro in modo che tutta la superficie sia esposta al fuoco e non si dia luogo alla perniciosa combustione parziale.
Carichi di maschi sentori (non solo di sigaro) e ormai pienamente consapevoli di aver riacchiappato il nostro tempo, riprendiamo agili il cammino. Caliamo nella cupa Tagliata della Cannara, costeggiando la misteriosa scritta etrusca Larth Vel Arnies, e attraversiamo il Rio Fratta sul medievale Ponte di Sant’Egidio. Un ardito scaleo roccioso attira la nostra attenzione, facendoci mancare l’imponente tagliata falisca per il paese e portandosi invece a una cinghialata fra rovi e zeppetti, nonché a uno spettacolare scavalcamento di recinzione quasi al centro di Corchiano, fra gli sguardi allibiti dei paesani.
Torniamo brevemente sui nostri passi per vedere questa tagliata e poi via verso il B&B Villa Iris, dove la ciarliera padrona Renata mette troppo tempo fra noi e la doccia.
Due stanchi passi per l’arroccato e silente borgo e siamo già con le dolenti zampe sotto i tavoli del Ragno Rosso, dove il padrone ci impone un antipasto di terra. Temiamo di finire come gatto Silvestro nelle mani della pestifera bimbetta e invece arriva un immenso tagliere pieno di ogni prelibatezza. Una pizza, un sigaro nella notte stellata e ci ritiriamo ridanciani sotto le accoglienti coltri del nostro letto, non prima, però, di un ultimo selfie.