Monti Invisibili

Dolomiti di Sesto - Sentiero Alberto Bonacossa

Quota 2.480 m

Data 15 agosto 2017

Sentiero segnato

Dislivello in salita 770 m

Dislivello in discesa 1.127 m

Distanza 14,41 km

Tempo totale 7:37 h

Tempo di marcia 6:40 h

Cartografia Kompass 625 Dolomiti di Sesto

Descrizione Dal Rifugio Col de Varda (2.115 m) per il Sentiero attrezzato Alberto Bonacossa attraverso la Forcella di Misurina (2.395 m), la Forcella del Diavolo (2.480 m), il Rifugio Fonda Savio (2.367 m, +2,40 h), la Forcella de Rinbianco (2.207 m), la lunga ed esposta cengia orizzontale sotto la Cima Cadin di Rinbianco, la Forcella Longeres (2.285 m), il Lago d’Antorno (1.880 m) e il parcheggio della funivia sul Lago di Misurina (1.751 m, +4 h). Magnifica e solitaria via ferrata, ben attrezzata ma con tratti di sentiero franati e pesantemente erosi e con un paio di tratti esposti e non protetti. Quattrocentesimo chilometro di dislivello in salita.

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Traccia GPS

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173 Lago di Misurina

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172 Tre Cime di Lavaredo

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171 Tre Cime di Lavaredo

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168 Tre Cime di Lavaredo

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166 Tre Cime di Lavaredo

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153 Tre Cime di Lavaredo

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151 Rifugio Fonda Savio

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149 Rifugio Fonda Savio

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148 Forcella del Diavolo

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147 Sentiero Alberto Bonacossa

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146 Sentiero Alberto Bonacossa

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139 Forcella di Misurina

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138 Forcella di Misurina

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134 Sentiero Alberto Bonacossa

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Dolomiti di Sesto, 8-22 agosto 2017, 401.599 m. Vacanza attiva in quel delle Dolomiti di Sesto: vette acuminate e alpinistiche, ampie vallate boscose punteggiate di fienili e una relativa maggior tranquillità rispetto all’affollamento del centrale Gruppo del Sella. Una valle, quella di Sesto, che divide nettamente la chiara dolomia delle cime meridionali dalla scura fillade quarzifera delle settentrionali Alpi Carniche, in un contrasto che non è solo cromatico ma anche culturale.

Abbiamo aperto in diciotto (dieci adulti e otto bimbi) e mettere in marcia e tenere coesa ogni giorno una sì nutrita comitiva è stato sicuramente impegnativo. Dopo una settimana siamo rimasti in dodici, poi in otto e infine solo noi tre.

Consueto piacere nel guidare i pargoli sui sentieri di questo mondo che un giorno sarà loro: dalle verdi elevazioni del Monte Elmo, a fil di confine con la vicina Austria, al larici della paradisiaca Val Fiscalina, al profilo più famoso delle Dolomiti: gli svettanti monoliti delle Tre Cime di Lavaredo, capaci di esprimere tutto il fascino ruvido di queste montagne.

Non sono mancate due fughe su cammini più impegnativi. Il Sentiero Alberto Bonacossa, una lunga ferrata che dal Lago di Misurina ci ha guidato al cospetto delle Tre Cime attraversando le cenge, i torrioni e le forcelle del solitario gruppo dei Cadini di Misurina. Un percorso per entrare nella pancia della montagna, sempre ottimamente assicurato, con un paio di punti un po’ troppo esposti. E qui sono sfilati senza rumore, se non l’acciottolio degli scarponi e l’ansare del respiro, i 400.000 metri di dislivello della mia vita montanara.

E poi la traversata dal Rifugio Auronzo a Sesto, lambendo di nuovo le Tre Cime per lasciare poi l’affollamento dei piani sommitali ed entrare nella maestosa solitudine dei Tre Scarperi.

Insomma, canederli, polenta, speck, kaiserschmarren e birra, belle camminate e alla fine ho perso anche mezzo chilo.

Se fosse possibile immagazzinare tanta bellezza e serenità per farne poi uso all’occorrenza durante i lunghi mesi cittadini!

Ma infine, dopo tanto cammino, ho trovato la risposta alla domanda che ponevo all’inizio di questi racconti? Cosa vado cercando per vette e per valli?

Sfogliamo le pagine di questi diari e vediamo cosa ho scoperto durante le mie passeggiate: il piacere della scoperta e dell’esplorazione; la riconquista dell’individualità; il recupero della dimensione epica e naturale della vita; la soddisfazione di un bisogno nomade istintivo.

Ma mi sento di dire che c’è di più, partendo proprio dalle parole di un bambino: “Mi piace camminare perché i pensieri viaggiano più lenti”.

Ecco, mi sembra che camminare segni la fine del cartesiano predominio del pensiero sulla fisicità della conoscenza, sull’infinita potenzialità di utilizzare tutti i nostri sensi nella comprensione e nell’esperienza del mondo.

La vittoria di un coinvolgimento olistico che assicura pari dignità all’intero essere – nella parte fisica e in quella mentale – in un’armonia non solo con la natura ma con tutte le componenti dell’individuo.

Non per nulla nevrosi, ansie e depressioni derivano da un eccessiva attività del pensiero, lo stesso Chatwin considerava il cammino una semplice cura per la malinconia e Kierkegaard scriveva: “continua a camminare e andrà tutto bene”.

Perché camminare è libertà!