Monti Invisibili

226 043 Petergof

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225 041 San Pietroburgo nave Aurora

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225 024 San Pietroburgo

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225 017 San Pietroburgo Nevskij Prospekt monumento all'Assedio

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224 036 San Pietroburgo Palazzo d'Inverno

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224 014 Kizhi

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224 013 Kizhi

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224 012 Kizhi

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223 029 Treno per Petrozavodsk

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223 028 Murmansk

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223 027 Treno Kem-Murmansk

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223 026 Treno Kem-Murmansk

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222 038 Isole Solovetsky

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222 037 Isole Solovetsky

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222 033 Isole Solovetsky Cremlino

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222 019 Isole Solovetsky Cremlino

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222 014 Isole Solovetsky aeroporto

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222 007 Malie Kareli

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222 006 Arcangelo Lenin

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222 005 Arcangelo

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221 033 Mosca stazione Yaroslavsky

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221 002 Mosca Cremlino

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221 001 Mosca Cremilino Cattedrale dell'Annunciazione

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220 005 Mosca Cremlino

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220 004 Mosca Cremlino

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220 003 Mosca Cremlino

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17 Mosca Piazza Rossa

Russia, 8 agosto – 2 settembre 2005
 
Dal diario di viaggio
 
Isole Solovetsky, Mar Bianco, 17 agosto 2005. Giornata di pioggia. Qualche raro russo passa frettoloso fra le pozzanghere di strade sterrate. Tutte le foglie sulle betulle stillano acqua, mentre Flavia fa un solitario e la mia pipa brucia lenta in questa veranda con vista sul passato.
Ora la pipa è finita e io mi appresto a riportare gli ultimi avvenimenti. Ieri, dopo una quasi insonne notte dovuta all’inquietudine di Flavia per la nostra spartana ma affascinante sistemazione, ci siamo avviati alla scoperta di queste antiche isole. Il Cremlino è un luogo affascinante: all’interno di mura poderose, cinte da alte torri coniche costruite con enormi massi, si nasconde un vero e proprio antico borgo. Vecchie dimore, orti, le mistiche chiese con le cupole a cipolla, i pope nei neri caffettani; tutto in continua e perenne ristrutturazione da parte di una miriade di volontari, soprattutto donne, con i loro fazzoletti a coprire i capelli: un’immagine della vecchia Russia.
Poi abbiamo noleggiato due bici e ci siamo spinti verso nord, su una delle tante sterrate in un ambiente di betulle, incantevoli laghetti e insenature sul mare aperto. Abbiamo così raggiunto Sekirnaya Gora, la montagna tagliente, sulla cui cima la piccola chiesa dell’Ascensione veniva usata per l’isolamento dei prigionieri e da una ripida e interminabile scalinata venivano precipitati, legati a una trave, quelli da punire: con una morte sofferta. E’ impressionante pensare che luoghi di tale bellezza abbiano visto il dolore e la disperazione di migliaia di persone, spesso colpevoli di nulla se non di essere. Sono trascorsi solo pochi anni, eppure sembrano avvenimenti di un tempo remoto: dimenticati da un Occidente che considera l’emblema della falce e martello come un’elegante reliquia politica; sepolti dalla Russia post-comunista, che non ha voglia di ricordare questo oscuro passato prossimo e non ha neanche un museo per ricordare cosa avvenne a milioni di vittime. Tant’è solo una vecchia e marcita croce di legno è posta a memoria di tanta sofferenza.
Sulla strada del ritorno abbiamo fatto sosta all’incantevole giardino botanico di Khutor Gorka, dove alcuni giardinieri lavorano per mantenere vivo un mondo fiorito.
Questa mattina ci siamo recati al molo per la barca delle 6 per Kem. La nave era lì, ma il capitano nella notte ha deciso di spostare la partenza alle 16, e siamo tornati a casa per un supplemento di dormita. La Russia è questa: bisogna viaggiarla con spirito sudamericano, pronti a cambiare piani e itinerario per far fronte all’imprevedibilità, all’indolenza, alla disorganizzazione cronica di questo popolo. Però con spirito di adattamento si può viaggiare anche liberamente, zaino in spalla.
Ora sono le 2 del pomeriggio, ha smesso di piovere e cercheremo di prendere la nave delle 16: sempre se il capitano non ha cambiato idea.