Monti Invisibili
29 044 Polonia Varsavia
29 043 Polonia Varsavia
29 040 Polonia Varsavia
29 039 Polonia Varsavia
029 038 Polonia Varsavia
29 037 Estonia Tallin
29 035 Estonia Tallin
29 034 Estonia Tallin
29 033 Estonia Tallin
29 030 Estonia Tallin
29 029 Estonia Tallin
29 028 Estonia Tallin
29 026 Estonia Tallin
29 024 Estonia Tallin
29 023 Estonia Tallin
29 021 Estonia Tallin
29 019 Lettonia Riga
29 018 Lettonia Riga
29 017 Lettonia Riga
29 016 Lettonia Riga
29 013 Lettonia Riga
29 012 Lettonia Riga
29 010 Lituania Vilnjus
29 009 Lituania Vilnjus museo KGB
29 007 Lettonia Meitene Zoia Dianova
29 006 Lettonia Meitene
29 005 Lituania Vilnjus
29 004 Lituania Vilnjus
29 003 Lituania Vilnjus
Repubbliche Baltiche, 9-17 aprile 1994
Dal diario di viaggio
Vilnjus, 12 aprile 1994. Come mai ancora qui? Non dovevo essere ieri a Riga e oggi a Tallin? È una lunga storia. Ieri mattina, dopo una profonda notte di sonno sul treno per Riga, alle 5,30 le guardie di frontiera lituane mi hanno fatto scendere perché non avevo il visto per entrare in Lettonia. Sono stato portato in una stanza buia e deprimente e dopo che hanno confabulato mi hanno detto di essersi sbagliati. Ma intanto il treno era ripartito. Così mi hanno caricato su una macchina e con una folle corsa nella notte lituana mi hanno portato alla stazione successiva, in territorio lettone. Ovviamente tutto ciò senza parlare (solo russo e tedesco) e non sapendo minimamente dove mi stessero conducendo. La gioia è durata poco perché appena risalito sul treno la guardia di frontiera lettone mi ha fatto riscendere perché non avevo il visto. Non c’è stato niente da fare. Fortunatamente con me hanno fatto scendere anche una russa che aveva dimenticato il passaporto. E Zoja Dianova che parlava inglese e mi ha sfamato con uova sode, formaggio, lardo affumicato e caffè, ho trascorso ben dieci ore, dalle 6 alle 16, in questa sperduta stazione di frontiera di nome Meitene. La noia e il freddo sono stati bestiali perché ovviamente la stazione non ha sala di aspetto e noi non potevamo allontanarci, guardati a vista da gendarmi mezzo russi di cui uno reduce dell’Afghanistan.
Intorno alla mia settima ora di attesa del treno per Vilnjus, da uno dei rari convogli in transito sono scesi tre loschi figuri: Paolo e Mauro, di Brescia, e Tetsuo, giapponese di Tokio, che gira con una specie di scimitarra da trenta centimetri: per difesa personale, dice. Anche loro erano stati bloccati dall’efficientissima milizia lettone. Comunque il tempo è trascorso e finalmente è arrivato il nostro convoglio per Vilnjus.
Sui treni c’è un controllore, generalmente una donna, per ogni vagone che fra le altre cose cura il caricamento della stufa a carbone. È piacevole avvertire quell’odore di torba bruciata che ricorda le terre scozzesi. La velocità è da lumaca, stante lo scarso parallelismo delle rotaie.
Una volta a Vilnjus abbiamo trovato posto per 20 lire lituane (8.000 lire) nel simpatico ostello, dove, dopo una mezza rissa fra Tetsuo e l’ostellante russo circa il possesso delle isole Curili, ci siamo anche fatti portare pizza e birra a mezzanotte circa. Poi il Tetsuo ha voluto cucinare una sua zuppa, che in verità non era male.
Oggi, dopo una ristoratrice notte di sonno, ci siamo procurati il visto per la Lettonia (and Estonia, I hope) con 20 dollari a cranio e poi abbiamo bighellonato per la città in una calda giornata di sole.
Veramente impressionante la visita al carcere-museo del KGB. Vedendo quelle celle microscopiche dove erano rinchiusi anche in venti, le pareti imbottite, le foto dei cadaveri maciullati dopo il “lavoro”, sembra di sentire la disperazione di chi ha avuto la sventura di capitarci. Come può un uomo fare questo a un altro uomo?
Ora sono all’ostello con una buona tazza di tè. Questa sera mi dividerò dai miei nuovi amici e mi recherò finalmente a Riga, con ben due giorni di ritardo. Questo scherzetto è stato molto seccante in un viaggio così breve.
Per ora ci siamo persi Tetsuo; se lo ritroveremo andremo a cena insieme.