Monti Invisibili

Cima delle Murelle

Quota 2.596 m

Data 22 luglio 2017

Sentiero parzialmente segnato

Dislivello 1.221 m

Distanza 23,07 km

Tempo totale 11:36 h

Tempo di marcia 10 h

Cartografia Il Lupo Majella

Descrizione Dal Rifugio Pomilio (1.892 m) per La Maielletta (2.045 m, +35 min.), il Blockhaus (2.142 m, +15 min.), Monte Cavallo (2.171 m, +35 min.), la Tavola dei Briganti (2.118 m, +14 min.), Fonte Acquaviva (2.100 m, +5 min.), il primo passaggio obbligato con catena (2.128 m, +30 min.), il secondo passaggio obbligato cengia su spigolo con cavo d’acciaio (2.122 m, +10 min.), l'anfiteatro delle Murelle (2.140 m, +17 min.), il Sentiero dell’Aeroplano, il Passo della Capra (2.295 m, +1,28 h), il Valico della Carrozza (2.196 m, +53 min.), la Cima delle Murelle (2.596 m, +1 h), la cresta delle Murelle, il Bivacco Fusco (2.455 m, +1,30 h), la Fonte Ghiacciata (2.378 m, +13 min.), Fonte Acquaviva (+35 min.), La Maielletta (+1,05 min.) e il rifugio Pomilio (+35 min.). Prima del Passo della Capra ci siamo tenuti troppo bassi su traccia evidente ma che porta alla parete di arrampicata cosiddetta Aeroplanissimo. Sentiero dell’Aeroplano con numerosi tratti esposti ma con traccia sufficientemente camminabile. Avvistati un’aquila e numerosi branchi di camosci. Giornata molto calda e afosa.

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Traccia GPS

07murelledislivello
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061 Bivacco Fusco

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059 Bivacco Fusco

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058 Verso Bivacco Fusco

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057 Cima delle Murelle

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056 Cresta ovest Murelle

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055 Cresta ovest Murelle

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054 Fossili

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053 Cima delle Murelle

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052 Cima delle Murelle

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051 Cima delle Murelle

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050 Cima delle Murelle

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049 Cima delle Murelle

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048 Cresta est Murelle

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047 Cresta est Murelle

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046 Valico della Carrozza

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045 Verso Valico della Carrozza

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044 Camosci

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043 Camosci

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041 Passo della Capra

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040 Passo della Capra

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039 Passo della Capra

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038 Verso Passo della Capra

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037 Verso Passo della Capra

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036 Verso Passo della Capra

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035 Verso Passo della Capra

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034 Verso Passo della Capra

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033 Verso Passo della Capra

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032 Verso Passo della Capra

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031 Verso Passo della Capra

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030 Camosci

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029 Camosci

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027 Anfiteatro delle Murelle

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025 Anfiteatro delle Murelle

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024 Anfiteatro delle Murelle

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023 Anfiteatro delle Murelle

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022 Secondo passaggio attrezzato

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021 Secondo passaggio attrezzato

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020 Verso anfiteatro delle Murelle

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019 Verso anfiteatro delle Murelle

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018 Primo passaggio attrezzato

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017 Fonte Acquaviva

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016 Fonte Acquaviva

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015 Tavola dei Briganti

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014 Tavola dei Briganti

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013b Tavola dei Briganti

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013 Tavola dei Briganti

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012 Tavola dei Briganti

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011 Tavola dei Briganti

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010 Tavola dei Briganti

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009 Monte Cavallo

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008 Verso Monte Cavallo

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007 Blockhaus

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006 Blockhaus

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005 La Maielletta

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004 La Maielletta

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003b Nord delle Murelle aeroplano

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003 Nord delle Murelle

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002 Verso la Maielletta

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001 Rifugio Pomilio

Cima delle Murelle, 22 luglio 2017; 396.440 m. Sono un viaggiatore, un montanaro o un’escursionista?

Per quanto arduo incasellare l’animo umano entro rigide gabbie categoriche, non posso negare di sentirmi fortemente intrappolato nella prima: viaggiatore sono nato e viaggiatore resto.

Le escursioni, la montagna, sono venute dopo, oppure come corollario durante le mie peregrinazioni in giro per il mondo. Nel tempo, con la riduzione dei vagabondaggi, i sentieri sono divenuti però un fondamentale succedaneo del viaggio e la montagna un piccolo mondo dove figurarmi di viaggiare.

Ma ora sono agitato da una tediosa inquietudine, una malinconica mancanza di quelle forti motivazioni che in questi anni mi hanno spinto per chilometri di sentieri, di vette e di valli. Gli stessi anelli, che sempre mi sono sforzato di almanaccare, mi fanno sentire ultimamente come un criceto sulla ruota.

D’altronde è vero, come già scrivevo anni or sono, che un’escursione è un viaggio condensato in poco tempo, ma avverto una sorta di stanchezza per questa artificiosa fruizione consumistica della montagna, fatta di eccessive ore di guida in un solo giorno e di un godimento del territorio in un troppo breve lasso di tempo, con la mancanza delle piacevoli ore serali e la penuria dei contatti umani che qualificano un viaggio.

Perché il viaggio, anche quello solitario, non può prescindere dall’incontro con la cultura, con la gente, con il popolo: anche quando viaggi nel deserto, prima o poi arriva l’oasi.

E così, mentre mi ritrovo ad attaccar bottone con l’escursionista di passaggio, il gestore del rifugio e il pastore nello stazzo, cerco di strologare una diversa modalità di andar per sentieri che privilegi il lato viaggiante dell’avventura, con il recupero della dimensione umana della stessa.

Forse anche per questo ho deciso di tornare sulla Montagna Madre – un mondo dalle valli e dai contrafforti separati che non basterebbe una vita per conoscerlo – per affrontare il cosiddetto Sentiero dell’Aeroplano, da un velivolo che si sarebbe schiantato sulla nord delle Murelle in un imprecisato anno.

Dal finalmente di nuovo attivo Rifugio Pomilio, ci avviamo in un caldo che non risparmia neanche i duemila metri, con l’Adriatico avvolto in una cortina di umidità.

Coperta rapidamente l’affollata asfaltata per la Maielletta, una breve deviazione fra i mughi ci porta in cima al Blockhaus: e qui la montagna si fa storia. Il diruto fortino sommitale racconta infatti un passato di lotta al brigantaggio post-unitario, nel quale, come sempre nella storia dei vincitori, i perdenti sono i cattivi.

Versione che fa nascere dubbi già nelle incise rocce della Tavola dei Briganti che affiorano dai mughi un’ora di cammino più avanti e che narrano una storia di miseria e di conflitti, dove sicuramente molti di quei fuorilegge si chiamerebbero oggi partigiani. La più famosa recita: “Nel 1820 nacque Vittorio Emanuele II re d’Italia prima il 60 era il regno dei fiori ora è il regno della miseria”.

Non è infatti più un mistero che Cavour usò per risanare le esangui casse dello stato sabaudo, una guerra di annessione e conquista del più ricco e prospero Regno delle Due Sicilie.

Nel 1861, a Italia unita, iniziarono spogliazioni, saccheggi, trasferimenti al nord di interi complessi industriali e delle casse erariali; e per chi si ribellava, massacri, fucilazioni, villaggi bruciati, stupri, teste mozzate e campi di concentramento; con l’aggiunta della pronta introduzione della leva obbligatoria di sei anni per tutti i figli maschi per mandarli a sparare sui proprio conterranei. E guarda caso, qualche migliaio si fece brigante.

Lasciando per sempre il suo regno, Francesco II affermò: “Il nord non lascerà ai meridionali nemmeno gli occhi per piangere”. Andò molto peggio.

Dalla vicina Fonte Acquaviva deviamo dalla retta via verso il Sentiero dell’Aeroplano. Il percorso, inizialmente segnato, procede in una fitta mugheta che sprofonda nell’abisso della Valle di Selvaromana.

Una catena aiuta un primo facile passaggio su una gobba rocciosa e poi il cammino si fa più esposto, fino alla strapiombante cengia su uno spigolo attrezzato che c’introduce magicamente nel poderoso e solitario anfiteatro delle Murelle. Lambiamo pareti ocra traforate di grotte e colatoi, dove non è difficile immaginare terroni appostati coi fucili.

La scarna segnaletica termina qui ma la traccia, ancorché flebile, è ancora evidente.

Un camoscio osserva indifferente i suoi verticali domini mentre c’inoltriamo in un mondo difficile, obliquo, di grotte e pinnacoli a picco su valli inaccessibili. La traccia sfiora costantemente il precipizio e, aggirato un crinale, s’insinua nel grande anfiteatro della nord delle Murelle: un terribile imbuto strapiombante sull’infida parete che ci fa penare fino a un canalino di primo e ai 2.295 metri del Passo della Capra.

Centinaia di camosci fuggono lesti mentre bordeggiamo gli orridi della Valle dell’Inferno e qualche solitario ometto ci scorta al Valico della Carrozza, dove riprende qualche raro segno.

L’impervia e rocciosa cresta est delle Murelle, battuta da un sole implacabile, prova a stroncare la nostra audacia, ma costeggiando l’alta Val Forcone siamo infine ai 2.596 metri dell’abbacinante vetta, immersa in un blu che sembra di volare, come l’aquila che volteggia su di noi.

Riprendiamo il cammino sull’altrettanto impervia e aerea cresta occidentale, lungo tracce che non sono ancora sentieri e bastionate rocciose tempestate dai fossili di questo relitto oceanico. Nevai, doline, pietraie ed ecco il giallo Bivacco Fusco che concede finalmente riposo alle nostre gambe.

Con il sole radente ci avviamo lenti verso la fine di questo nostro viaggio nel cuore del massiccio, lasciandoci alle spalle una Majella infinita che non basterà una vita per vederla tutta.