Monti Invisibili

Cima delle Mandrelle

Quota 2.214 m

Data 23 luglio 2016

Sentiero parzialmente segnato

Dislivello 3.072 m

Distanza 37,47 km

Tempo totale 17:37 h

Tempo di marcia 15:45 h

Cartografia Il Lupo Majella

Descrizione Dal parcheggio delle gole di Fara San Martino (456 m, ore 7,25) per la Valle di Santo Spirito, Bocca dei Valloni (1.055 m, +1,30 h), la Valle di Macchia Lunga, la Fonte Milazzo (1.637 m, +1,19 h), la Grotta dei Porci (1.769 m, +17 min.), il Piano della Casa (1.842 m, +19 min.), la Cima della Casa (1.988 m, +32 min.), la Cima delle Mandrelle (2.214 m, +49 min.), la Grotta dei Porci (+57 min.), la Fonte Milazzo (+13 min.), la Valle di Macchia Lunga, Bocca dei Valloni (+45 min.), la Fonte del Pesco (1.300 m, +1,13 h), la Grotta dei Callarelli (1.550 m, +1,15 h), la Fonte Macirenelle (1.445 m, +1,30 h), Cima Macirenelle (2.017 m, +1,30 h), la Fonte Macirenelle (+1,15 h), la fontana sotto Colle Bandiera (1.137 m, +34 min.), Capo le Macchie (632 m, +55 min.) e il parcheggio (+52 min., ore 1,02). Poderosa escursione in ambiente solitario e selvaggio con tre ore e mezzo di pioggia. Avvistati tre camosci e una volpe.
 

256° e ultimo 2000 del nuovo elenco sulla Cima Macirenelle.

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Traccia GPS

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Cima delle Mandrelle, 23 luglio 2016. Oggi sono partito alla ricerca dei miei limiti: li ho trovati, li ho superati e me ne sono andato.

Il fatto è che non mi piace guidare, la Majella è tanto bella quanto lontana e c’era da finire per la seconda volta questo benedetto elenco del Club2000m.

E così, ancora combattuto fra lo stile alpino e quello himalayano – anche se qui siamo in Appennino, e che Appennino! – opto per una spedizione leggera, solitaria, che prevede il ritorno quando Dio vuole.

Alle 4,15 sono già in vettura per le tre lunghe ore di guida che mi recano alla porta di accesso delle poderose Gole di San Martino. Mi inoltro fra le anguste pareti di questa interminabile valle che mutando tre volte il nome, porta in 2.400 metri di dislivello in vetta al Monte Amaro.

Nella luce radente del mattino i ruderi del monastero di San Martino sfilano al mio fianco e in un rigoglio di vegetazione salgo fra vertiginose pareti striate che si allargano e si restringono a formare una successione di ciclopiche sale. La prima fontana, la seconda, la tazza è appesa allo zaino e oggi ho deciso di bermele tutte.

Dai muraglioni della Valle di Santo Spirito passo ai boschi ombrosi di quella di Macchia Lunga che si aprono in assolate radure dominate da brulli pendii ghiaiosi e dalla rocciosa Cima dell’Altare.

Fonte Milazzo mi concede un altro tuffo ristoratore e lascio la lunga valle per la solitaria Grotta dei Porci e l’ormai prossimo Piano della Casa, denso di ciuchini sotto un cielo che principia a incupirsi.

La mia prima meta è ora visibile e per raggiungerla m’inerpico verso una croce senza nome che chiamerò Cima della Casa. La Valle delle Mandrelle precipita letteralmente sotto i miei piedi mentre percorro la faticosa dorsale fra pini mughi e roccette instabili, seguendo radi segni arancioni fuori ordinanza. Ed ecco i 2.214 metri della Cima delle Mandrelle, penultimo 2000 della mia avventura.

Sono già a 1.750 metri di dislivello e la stanchezza inizia a farsi sentire, ma è appena mezzogiorno e la giornata è ancora lunga. Mi levo gli scarponi e mangiucchiando qualche pomodoro mi perdo in questo fantastico territorio: la Val Cannella (terzo nome della valle) si allarga e sale arida verso l’Amaro; davanti il nido d’aquila della Grotta dei Diavoli, mentre la mia dorsale sparisce perigliosa verso il Monte Sant’Angelo. E dall’altra parte l’Acquaviva si eleva ancora ornato di neve per precipitare poi verso l’inaccessibile Pizzone. La Majella è un mondo che non si smetterebbe mai di esplorare, dove il fuori sentiero può regalare emozioni profonde.

Canticchiando riprendo il cammino per rientrare nelle ombre della Valle di Macchia Lunga. Una pioggia lieve picchietta le fronde, precipitando il bosco in una tenebrosa oscurità.

Ma ai 1.055 metri di Bocca dei Valloni… tuoni, lampi e saette e il diluvio mi obbliga a indossare la mantella. Come uno strano mago risalgo ora il solitario sentiero di collegamento con la Val Serviera. Ogni tanto la vista si schiude su radure inclinate e precipiti pareti dove si aprono grotte e anfratti; un camoscio mi guarda e continua silenzioso a brucare.

Viviamo un mondo falso, di esteriorità e apparenze, qui invece è tutto vero, duro, bellissimo.

Finalmente sono in vista della Grotta dei Callarelli, dove, sotto un anfratto, faccio conoscenza con altri quattro del Club2000m, reduci da un tentativo al Pizzone.

Sono quasi undici ore che cammino, ma col far della sera la stanchezza è passata e sotto l’ultima pioggia mi avvio per il magnifico sentiero a balcone che costeggia le volute dell’impervia Val Serviera. In lontananza, nella foschia, intravedo il mare e anche qualche borgo che mi fa sentire meno solo e spaesato.

Ai 1.420 metri individuo una traccia che mi evita di perdere 120 metri di quota e alle 19,30 attacco la salita all’ultimo 2000 della mia collezione. Ho ancora un’ora per il tramonto, la gamba è agile e, fra il frinire dei grilli nelle ombre lunghe del crepuscolo, ne approfitto lungo un percorso di rare tracce intersecantisi.

La pianura si accende delle prime luci della sera e mi sento con John Muir: “Ero uscito solo per fare una passeggiata ma alla fine decisi di restare fuori fino al tramonto, perché mi resi conto che l’andar fuori era, in verità, un andare dentro”.

L’oscurità mi coglie ai 1.995 metri dell’anticima. Armo la torcia e fra pini mughi, roccette e canalini copro gli ultimi passi per i 2.017 metri della Cima Macirenelle, 256° è ultimo 2000 della mia collezione che raggiungo alle 21,20.

Ma non c’è tempo per celebrare: la discesa è lunga e nella prima parte non certo agevole. Il cielo si riempie di stelle e una luna bugiarda sorge dal vicino Adriatico a galleggiare sulla lontana pianura illuminata che acuisce ora il mio senso di solitudine.

Se il perfido mugo è arduo di giorno, diventa addirittura indecifrabile di notte. Un camoscio fugge lesto mentre seguo tracce confuse e rari vecchi confortanti segni. Finalmente la Fonte Macirenelle e il vicino Colle Bandiera, dove mi pare di distinguere nell’oscurità una figura umana che non risponde però al saluto.

Scendo, scendo e scendo, su brecciolino instabile. Poco dopo mezzanotte eccomi ai 632 metri di Capo le Macchie fra rare lucciole sfavillanti e un’altra ora di oscurità con i fiammeggianti occhi di una volpe che mi scrutano a lungo prima di spengersi nel folto.

Transito per una Fara San Martino deserta ed è di poco passata l’una quando sono di nuovo all’imbocco delle gole.

Tre ore di macchina e un po’ malconcio alle 4,15, di domenica varco la porta di casa, 24 ore dopo esserne uscito.

Soffrire non soffro, anzi so’ contento…! Vado a prendere l’aquilone.

(Cfr. La nobile arte, scena finale, in I mostri, Gassman e Tognazzi)