Monti Invisibili
Monte Forcellone
Quota 2.030 m
Data 11 maggio 2024
Sentiero parzialmente segnato
Dislivello 1.390 m
Distanza 21,40 km
Tempo totale 10:09 h
Tempo di marcia 9:17 h
Cartografia Il Lupo Parco Nazionale d’Abruzzo
Descrizione Dal borgo di San Gennaro (702 m) per Monte Stazzitello (1.561 m, +2,39 h), Monte Forcellone (2.030 m, +1,38 h), la Sella di Prato Piano (1.827 m, +39 min.), Le Fontane (1.740 m, +15 min.), il Rifugio Selvapiana (1.566 m, +50 min.), il borgo di Liscia (892 m, +2,20 h), il borgo di Rocca degli Alberi (919 m, +39 min.) e San Gennaro (+17 min.). Impegnativa escursione in ambiente solitario e selvaggio prevalentemente su vecchie tracce abbandonate e fuori sentiero. Avvistata una volpe.
029 Birra
028 Liscia
027 Verso Liscia
026 Verso Liscia
025 Rifugio Selvapiana insetto carabiniere
024 Rifugio Selvapiana insetto carabiniere
023 Valle Monacesca
022 Valle Monacesca
021 Da Monte Forcellone
020 La Meta
019 Le Mainarde
017 Monte Forcellone
016 Andichiuso
015 Andichiuso
014 Verso Monte Forcellone
013 Rocca Altiera
012 La Meta
010 La Meta
008 Volpe
007 Verso Monte Stazzitello
005 Montecassino e Aurunci
004 Serra Piana
003 Limite
001 San Gennaro
000 Monte Forcellone dislivello
Monte Forcellone, 11 maggio 2024. Il mio amico Cosimo mi ha detto: “È ripartita col bel tempo la voglia di quota, eh?”.
Vero, in parte. L’attrazione per gli infiniti scenari montani mi accompagna da una vita, anche quando stagioni balorde come questa rendono la neve più un intralcio che un’opportunità, e per non ripetere per l’ennesima volta un affascinante ma ormai ben noto sentiero, mi ritrovo in primavera a non aver mai calcato il candido elemento.
D’altra parte, però, una sorta di evoluzione escursionistica m ha portato a divenire negli ultimi anni più viandante che montanaro. Una viandanza che trova soddisfazione nell’esplorazione e nella scoperta dello sconosciuto, nel lento (si fa per dire) passaggio a piedi di borgo in borgo, dove arrivo col far della sera per scambiare due chiacchiere davanti al fuoco con il contadino del luogo.
La montagna, quella resta un amore giovanile intramontabile. Ma se prima anelavo la vetta come fine ultimo della marcia, ora è un’elevazione da superare per arrivare dall’altra parte, un corrugato territorio da esplorare nei suoi recessi, un ambiente vivo da conoscere nei suoi misconosciuti e disabiti abitati.
Oltre alle vedute lontane, al tramonto, da un colle, poche altre circostanze mi donano infatti più soddisfazione dello scoprire lievi e dimenticate tracce dell’uomo in questa nostra natura: antiche, come quando mi muovo per templi e necropoli, o a noi più prossime, come in una masseria abbandonata o in una via dimenticata.
E fra i territori appenninici dove più viva è questa emozione, ci sono sicuramente le Mainarde, questo gruppo montuoso aspro e selvaggio che si eleva come una barriera dalla Valle del Volturno per digradare poi lentamente nel versante laziale in contorti e boscosi valloni dall’orientamento complesso.
Un ambiente la cui ricchezza è stata nel passato ampiamente sfruttata dall’uomo, con pascoli, carboniere e legnatico, e anche come naturale linea difensiva sulla quale correva la Linea Gustav durante la Seconda Guerra Mondiale.
Ora tutto è silenzio, solcato da una miriade di tratturi e sentieri dei quali è ancora a volte visibile l’impalpabile traccia.
E proprio da uno dei questi spopolati borghi – San Gennaro a 700 metri di quota, immerso nei castagni – ha inizio la passeggiata odierna con Alessandro, non prima di aver scambiato quattro chiacchiere con la vecchina 87enne, unica abitante del luogo. Già alla partenza si propone quello che sarà il motivo conduttore della giornata: tracce nascoste e segnaletica assente. E in teoria qui parte un sentiero del parco.
Il bosco di castagni domestici già testimonia dell’antica vita, insieme a labili tracce che si dirigono per ogni dove e ad antichi terrazzamenti per coltivi di quota. Mettiamo mano alle cesoie e presto usciamo su prati fioriti, popolati di mandrie e solcati di muretti a secco.
La bellezza di una visuale che solo la montagna sa regalare, si stende dai boschi su altre corrugate vette, fin sulla lontana Abbazia di Montecassino. Una volpe schizza veloce con la sua coda fioccosa e siamo ai 1.561 metri del Monte Stazzitello da dove ammiriamo la Meta sorgere possente dalle Mainarde.
Il Forcellone si innalza sopra di noi e invece della diretta e ripida via per la vetta, iniziamo a costeggiare un anfiteatro pietroso, altro sui pascoli merlettati di muretti dell’Andichiuso. I nembi si chiudono, scavalchiamo una sella e in breve siamo ai 2.030 metri della vetta.
Sotto un cielo scozzese scendiamo ora alle intime lande intrise di acque della Valle Monacesca e ci accompagnamo con Gerardo, raccoglitore di erbe che quissù è vissuto da ragazzo come pastore, prima di partire per i cantieri di Milano.
Il Rifugio Selvapiana è ricoperto da chiazze di Pyrrhocoris apterus, al secolo insetto carabiniere. per il colore e la foggia della sua livrea. Superato un periglioso fosso ci tuffiamo di nuovo fra boschi e valloni dal lento incedere, su tracce labili che appaiono e scompaiono.
Attraversiamo il deserto borgo di Liscia e siamo poi alle altrettanto silenti case di Rocca degli Alberi.
Con le gambe dolenti ci godiamo i pochi chilometri di asfalto in discesa per San Gennaro, dove lo stormire delle fronde mette fine alla nostra giornata di cammino