Monti Invisibili
Macchia Petrosa
Quota 1.955 m
Data 11 ottobre 2024
Sentiero parzialmente segnato
Dislivello 1.148 m
Distanza 26,11 km
Tempo totale 9:46 h
Tempo di marcia 8:36 h
Cartografia Il Lupo Parco Nazionale d’Abruzzo
Descrizione Da Il Campo (1.200 m) per la Nevera di Cusuro (1.600 m, +1,16 h), il Valico della Rapanella (1.820 m, +30 min.), la Monna della Rapanella (1.880 m, +8 min.), Monte Giardinetto (1.880 m, +18 min.), il Passo della Fontecchia (1.868 m, +33 min.), Monte Fontecchia (1.932 m, +28 min.), Monte Prato Maiuri (1899 m, +1,11 h) e Macchia Petrosa (1.955 m, +1 h). Ritorno per la Fonte la Cicerana (1.555 m, +1,31 h), il Rifugio della Cicerana (1.572 m, +17 min.), le rovine dei Lecce Vecchia (1.260 m, +1,09 h) e la macchina (+15 min.). Splendida e faticosa escursione dall’orientamento e dalla progressione complessi in alcuni tratti, in ambiente ampiamente autunnale.
043 Lecce nei Marsi
042 Il Campo
041 Lecce Vecchia
040 Lecce Vecchia
039 Lecce Vecchia
038 Rifugio della Cicerana
037 La Cicerana
036 Fonte La Cicerana
035 Ramaria
034 Funghi lignicoli
033 Verso La Cicerana
032 Verso La Cicerana
031 Macchia Petrosa
030 Da Macchia Petrosa
029 Macchia Petrosa
028 Macchia Petrosa e Marcolano
027 Monte Prato Maiuri
026 Verso Monte Prato Maiuri
025 Verso Monte Prato Maiuri
024 Verso Monte Prato Maiuri
023 Verso Monte Prato Maiuri
022 Verso Monte Prato Maiuri
021 Da Monte Fontecchia
020 Da Monte Fontecchia
019 Monte Fontecchia
018 Passo della Fontecchia
017 Verso Monte Fontecchia
015 Verso Monte Fontecchia
014 Monte Giardinetto
013 Verso Monte Giardinetto
012 Da Monna della Rapanella
011 Verso Monna della Rapanella
010 Pizzo Deta
009 Villavallelonga
008 Verso il Valico della Rapanella
007 Nevera di Cusuro
006 Nevera di Cusuro
005 Nevera di Cusuro
004 Nevera di Cusuro
003 Nevera di Cusuro
002 Ramaria
001 Il Campo
000 Macchia Petrosa dslivello
Macchia Petrosa, 11 ottobre 2024. Per ragioni di durata del giorno mi ero dato il termine di metà ottobre per intraprendere una delle mie ultrachilometriche camminate, di quelle che sono sul sentiero che appena albeggia e finisco che un altro po’ e albeggia di nuovo. La Majella, per intenderci.
Ma lo stato d’animo oggi desiderava tornare nel grembo di Madre Natura con una camminata dalla carezza rude ma affettuosa dell’autunno. E quando l’animo chiede questo, è necessario volgere gli scarponi verso le terre marsicane, verso quel Parco Nazionale d’Abruzzo (per tacer del Lazio e del Molise) che non fa delle montagne il suo vertice di maggiore attrazione, bensì delle foreste ombrose, delle valli remote, delle creste su creste di vette indistinguibili dove perdersi ed essere accolti.
E così, sono circa le 7 di un’alba purpurea quando mollo la vettura vicino a un tintinnante fontanile e fra i bramiti dei cervi in amore mi avvio solitario su per i boschi che ammantano la lunga dorsale che dal Fucino s’inoltra verso il cuore del Parco. Nella perfetta solitudine della salita i faggi abbandonano man mano la clorofilla per manifestare i caldi toni degli antociani e dei carotenoidi.
Poco più di un’ora di cammino e m’imbatto nella prima inaspettata sorpresa: la grande bocca di una caverna che si spalanca su un costolone roccioso. Mi affaccio cauto su un abisso di trenta metri: è la Nevera di Cusuro, uno sfondamento di origine naturale, dove un tempo i montanari raccoglievano la neve e in estate la trasportavano in paese in sacchi di iuta.
Riprendo il mio cammino, fra migliaia di funghi di ogni colore, foggia e dimensione, tranne quei pochi che conosco io. A parte molti steccherini, che però a uno speranzoso assaggio si rivelano insipidi.
Il sole m’investe ai 1.820 metri del Valico della Rapanella e dai vicini 1.880 dell’omonima Monna mi si apre un mondo di valli e di creste, tutte quasi della medesima quota, dove dominano i toni dell’ocra del rosso dell’arancio.
Sotto un sole grato, abbeverandomi alla mia solitudine, con contrapposte visioni di valli e vette lontane, intraprendo una lunga cavalcata su una cresta impegnativa che alterna tratti aperti ad altri di bosco intricato. Vecchi segni tracciano un cammino da tempo abbandonato e un galoppo di cervi si allontana al mio incedere.
In ampi saliscendi autunnali scavalco il Monte Fontecchia e il Prato Maiuri, immergendomi in mari di colori dall’effetto straniante. A una sella decido di abbandonare l’originaria destinazione del Marcolano per la contrapposta e per me ignota cima della Macchia Petrosa.
Qualche contorcimento fra massi e faggi e una dorsale mi conduce ai 1.955 della vetta, dove mi assiedo per il pranzo e una pipa meditativa sulle visioni di questo accogliente territorio.
Con le brezze che rinfrescano riprendo il cammino, fra boschi rugginosi, in una progressione di serene vallette dove faggi monumentali sono ammantati di funghi lignicoli e dei loro più splendidi colori. Mentre la miriade di funghi che spuntano dalla strato di foglie secche fa immaginare il reticolo di miceli che si sviluppa sotto il terreno, sorta di sistema nervoso della terra che è stato chiamato Wood Wide Web e con il quale le piante sembrerebbero comunicare fra loro.
Dalla Fonte della Cicerana e dal vicino Rifugio omonimo intraprendo una lunga carrareccia fra i pascoli. Sfioro le antiche mura di Lecce Vecchia – abbandonata nei primi anni dell’800 per la scomodità del luogo – e approdo di nuovo alle tintinnanti acque del fontanile, in una giornata che ha rasserenato l’animo e fortificato lo spirito… così come la Ipa che mi attende in paese.