Monti Invisibili
Le Quartora
Quota 1.783 m
Data 30 aprile 2021
Sentiero parzialmente segnato
Dislivello 1.198 m
Distanza 27,84 km
Tempo totale 9:21 h
Tempo di marcia 8:31 h
Cartografia Sentieri montani Provincia dell’Aquila 2
Descrizione Da Capo Roio (831 m) per la Casetta del Monte (1.095 m, +33 min.), le prime Case Michetti (1.374 m, +1,23 h), le seconde Case Michetti (1.346 m, +10 min.), il Tabellone (Ju Tabbellò, 1.724 m, +1,11 h), Le Quartora (1.783 m, +9 min.), il Valico di Vallefredda (1.695 m, +14 min.), la quarta Canetra (1.178 m, +1,19 h), la Canetra da Capo (terza, 900 m, +40 min.), la Canetra di Mezzo (seconda, 880 m, +5 min.), la deviazione per Fosso Spedino (850 m, +13 min.), il bordo di Fosso Spedino (900 m, +12 min.), discesa nel fosso per traccia ripida e disagevolissima su pietre mobili, l’Eremo del Beato Bonanno (865 m, +1 h), la deviazione di quota 850 (+33 min.) e Capo Roio (+49 min.). Avvistato uno stormo di oltre venti grifoni.
055 Eremo beato Bonanno
054 Eremo beato Bonanno
053 Eremo beato Bonanno
052 Eremo beato Bonanno
051 Eremo beato Bonanno
050 Fosso Spedino
049 Discesa nel Fosso Spedino
048 Inizio discesa nel Fosso Spedino
047 Fosso Spedino
046 Fosso Spedino
044 Fosso Spedino
043 bis Fosso Spedino
043 Canetra di Mezzo
042 Canetra da Capo
041 Canetra da Capo
040 Gran Sasso
039 Quarta Canetra
038 bis Canetre
038 Valico di Vallefredda
037 Fiori e violette
036 Le Quartora
035 Gran Sasso
034 Il Tabellone
033 L'Aquila
032 Campoli
031 Grifone
029 Gran Sasso grifone
028 Iaccio delle Rose
025 Seconde Case Michetti
024 Seconde Case Michetti
022 Seconde Case Michetti
021 Seconde Case Michetti
020 Seconde Case Michetti
019 Seconde Case Michetti
018 Cisterna di Campoli
017 Campoli
016 Prime Case Michetti
015 Prime Case Michetti
014 Prime Case Michetti
013 Valle Marina
012 Valle Marina
010 La Quartora
009 Monte Orsello
008 Costa Grande
007 Roio
006 Pietra Pidocchiosa
005 Piana aquilana
004 Verso la Costa Grande
003 Verso la Casetta del Monte
002 Verso la Casetta del Monte
001 Verso la Casetta del Monte
Le Quartora, 30 aprile 2021. C’è la storia, quella dei libri di scuola che tira dritta da una data all’altra passando sull’umanità come un vascello fra i flutti. E poi ci sono le storie, fragili navicelle di uomini che serpeggiano fra le onde e a volte affondano. La prima è resa imperitura nei monumenti, le seconde rimangono per qualche tempo nelle più effimere opere umane.
E le terre di mezzo – quei territori che non sono né alta montagna né pianura – divengono una sorta di fondale marino, capace di conservare, nascoste e obliate, le vestigia di chi in questi luoghi ha faticosamente menato la vita: abitazioni, stalle, opifici, fontanili, destinati a un inesorabile lento disfacimento. Ma noi ci sentiamo più vicini a un Berardo Viola di Fontamara o a un Napoleone Bonaparte?
Questa passeggiata in effetti è nata un paio di anni fa, mentre girellavo senza meta fra gli scatti aerei di Google Earth e avevo scorto un curioso sprofondamento che aveva destato la mia curiosità. Per andarlo a visitare ho cercato di individuare un percorso di più ampio respiro e ne è nata la faticosa escursione di oggi che ha segnato anche il ritorno nell’amato Abruzzo dopo mesi di zone cromatiche avverse.
Sono da poco passate le 7 quando dal terremotato borgo di Roio Piano inizio a salire fra infinite teorie di muscosi muretti a secco e una piana aquilana che si presenta come un lago di nebbia. La carrareccia m’innalza rapidamente verso la Casetta del Monte (ma della casetta nessuna traccia) dove ingaggio un bel sentiero di mezza costa percorso ormai solo da cavalli e altre bestie: forse è per questo che mi ci trovo a mio agio.
Più invecchio, infatti, più mi sembra di star diventando bestia. Intendiamoci, mia moglie dice da tempo che sono una bestia, ma ora avverto sempre più intensa una sorta di simbiosi con la natura; soprattutto durante i miei giri solitari mi scopro ad annusare l’aria, ad assaggiare un fiore, al rizzarsi dei peli a un rumore inaspettato, al bearmi del profumo della terra. Ogni volta che respiro un albero che ascolto una foglia che guardo un profumo, mi sento a casa e la commozione sgorga dagli occhi.
Vabbè, bando ai sentimentalismi e riprendiamo il cammino fra le violette, iniziando a percorrere la panoramica Costa Grande, avvio della dorsale del Monte Ocre. Con la vista che spazia dall’innevato Velino al più brullo Gran Sasso, entro in un’intima Valle Marina, dove sono evidenti i faticosi lavori di sminamento dei secoli passati.
E in breve sono al primo insediamento delle Case Michetti, proprio sul bordo della conca di Campoli. Dirute mura verso il cielo, tegole, travi marcite a ricordare le vite e il lavoro, le gioie e i dolori di pastori e contadini che salivano l’estate da Lucoli per coltivare la fertile piana e sfruttare i ricchi pascoli.
Fra cavalli bradi scendo nella valle lambendo un pozzo artesiano dal sapore messicano e sono al secondo più grande insediamento. All’interno ancora il camino, ripostigli, nomi incisi ormai irraggiungibili. Nella solitudine e nel silenzio avverto la vita difficile in queste lontane contrade, ma anche la semplice serenità del contatto con la natura.
Una ventina di grandi grifoni mi sorvolano pigri mentre taglio la valle e inizio la ripida salita per la mia meta, visibile ormai da tempo: il Tabellone, o Ju Tabellò come dicono in Abruzzo; un ripetitore passivo come quello di Campo Imperatore e del Monte Palombo.
Transito finalmente sotto l’orrido manufatto (tutto scrostato, mi chiedo se sia ancora in funzione o si possa eliminare) e sono ai 1.783 metri de Le Quartora: che strano nome, pare derivi dal termine per indicare gli appezzamenti fra dorsali montuose.
Sbocconcello qualcosa respirando profondamente la vista, il vento, la libertà.
Poco sotto la cima inizia un tratturo erboso che presto si trasforma in carrareccia. Diversi fontanili di cisterna ricordano, aridi e diruti, i tempi passati e fra multiformi fioriture taglio sovente le svolte della strada. La giornata è calda e i due litri d’acqua stanno terminando.
La mia destinazione sono ora altre emergenze geologiche avvistate dalle foto aeree: le canetre, sprofondamenti carsici il cui nome è una corruzione del termine canestro; sulla Via Salaria c’è la località Canetra, in una zona fortemente carsica.
La Quarta Canetra è una valle dal sapore alpino con mucche al pascolo; la Terza, o Canetra da Capo, è uno sprofondamento con una corona di pareti; la Seconda, o Canetra di Mezzo, è un grande imbuto; la Prima, o Canetra da Piedi, è uno scivolo, proprio di fronte alla deviazione che cercavo: quella per il Fosso Spedino.
Con le gambe ormai legnose cerco una via fra la vegetazione. La traccia appare e scompare e finalmente sono sul bordo della dolina di crollo.
Mai visto un ambiente più repulsivo! Pareti verticali sprofondano improvvise su una ravina di vegetazione intricata. Non mi va, ma cerco una via per scendere alla ricerca dell’Eremo del Beato Bonanno da Roio che lo abitò fra il XII e il XIII secolo. Sono stanco, accaldato, assetato, più volte sto per voltare sui tacchi e andarmi a fare una birra. Ma poi trovo un ometto e uno scosceso canalino: e inizia la battaglia… per rimanere in piedi. Detriti affastellati, sassi instabili, ghiaioni mobili, rovi e globi di fuoco… no, questi no. Non trovo la grotta, scivolo, poi la vedo, dalla parte opposta a dove stavo andando. Traballante e graffiato finalmente la raggiungo: una rampa in semplice arrampicata (fra i rovi) e sono dentro. Beato Bonanno?! Beato de che? Qui sotto è ancora più repulsivo che sopra: una caverna spoglia, scabra e spigolosa, tre ambienti esposti alle intemperie, la vista chiusa dalle dirimpette pareti. Cerco di recuperare energie e mi rimetto in cammino.
La salita è più breve del previsto e presto sono sulla carrareccia che mi avvia devastato dalla sete verso la fine. Un fontanile a Roio Piano mi rinfranca e poi via verso la Birra del Borgo, dove sono necessari due boccali per recuperare un decente equilibrio idrosalino.