Monti Invisibili
Cammino dei Minatori
Quota 624 m
Data 20 aprile 2024
Sentiero segnato
Dislivello 720 m
Distanza 30,31 km
Tempo totale 7:30 h
Tempo di marcia 6:56 h
Cartografia Il Lupo Monti della Tolfa
Descrizione Da Allumiere (500 m) per i ruderi interrati dell’Acquedotto Traianeo (300 m, +1,10 h), la falesia di Ripa Maiala (230 m, +47 min.), i ruderi della città medievale di Cencelle (188 m, +28 min.) con visita del sito (20 min.), i ruderi della Chiesa dell’Immacolata Concezione e il vicino borgo fantasma de La Farnesiana (174 m, +34 min.), un altro tratto dell’Acquedotto Traianeo ancora in uso (316 m, +1,37 h), l’Eremo della Santissima Trinità (369 m, +12 min.), i ruderi delle Fornaci per l’allume (453, +28 min.), il Monumento Naturale Il Faggeto e Allumiere (+1,20 h). Unione di tre anelli in un unico anello più lungo. Numerosi motivi d’interesse e belle viste sul mare fino a La Farnesiama; più chiuso e meno interessante dopo. Percorrenza soprattutto su sterrate e tratturi con un 30% di sentieri. Grandinata e dieci minuti di pioggia torrenziale alla fine.
054 Credenziale Cammino dei Minatori
053 Con Andrea Giattini
052 Forni per allume
051 Cammino dei Minatori
050 Acquedotto Traianeo
049 La Farnesiana
048 La Farnesiana
047 La Farnesiana
046 La Farnesiana
044 La Farnesiana
043 Ferula
042 Cencelle
041 Cencelle
039 Cencelle
037 Cencelle
036 Cencelle
035 Cencelle
032 Cencelle
030 Cencelle
029 Cencelle
027 Cencelle
026 Cencelle
025 Cencelle
023 Cencelle
021 Ripa Maiala
018 Ripa Maiala
017 Vitelli
015 Cammino dei Minatori
014 Cammino dei Minatori
012 Cammino dei Minatori
011 Cammino dei Minatori
009 Con Francesco
007 Cammino dei Minatori
006 Cammino dei Minatori
005 Acquedotto Traianeo
004 Cammino dei Minatori
003 Allumiere
002 Allumiere
001 Allumiere
000 Cammino dei Minatori dislivello
Cammino dei Minatori, 22 aprile 2024. “Il lavoro è il rifugio di coloro che non hanno nulla di meglio da fare”. Negli ultimi tempi il paradossale aforisma di Oscar Wilde mi frulla spesso nella mente.
Sarà l’età, il vedere non così lontani i 60, o magari solo che ho tanti interessi e passioni cui il lavoro leva tempo, ma sento sempre più prepotente, quasi angosciante, la sensazione della vita che sfugge fra le mani come granelli di sabbia. Mi fanno ridere quelli che dicono che quando vai in pensione poi ti annoi: casomai il problema è riuscire a non schiattare subito dopo, come accade troppo spesso.
Già a metà ‘800 Henry David Thoreau, il teorico della vita nei boschi, ricordava: “Il lavoro altro non è che la quantità di vita che l’uomo deve dare in cambio per acquistarsi di che vivere”. E, aggiungo io, per comprarsi qualche settimana di libertà in mezzo alla natura in cambio di un anno di lavoro.
Meno male – o forse no – che un militare senso del dovere e uno scoutistico Del mio meglio, mi permettono di reggere questa sorta di saturazione e che riesco anche a gestire il tedio quotidiano con una buona dose di cammino. Già sapere che un pomeriggio riuscirò a tornare a casa a piedi dal lavoro, mi pone in uno stato di euforia fin dal mattino; se poi riesco a pianificare un’avventura nel finesettimana, tutta questa fila via più liscia.
E proprio a proposito di lavoro, questa volta la fuga prende la direzione di chi la vita l’ha faticata davvero – quindi non lamentiamoci troppo – con un percorso appena inaugurato, come testimoniano i colorati cartelli segnaletici, che segue i luoghi e le orme dei cavatori di allume in quel di Allumiere: il Cammino dei Minatori.
Un percorso dove le memorie e le vestigia sono più nell’aria che nella terra, ma dove comunque non mancano motivi d’interesse storico e paesaggistico, soprattutto nella prima metà, fino al borgo de La Farnesiana.
Lo sfruttamento di questo minerale fondamentale per l’industria tessile e la concia delle pelli, infatti ha profondamente permeato questo territorio. Fino al XV secolo l’allume arrivava dalle miniere dell’Asia Minore, in mano comunque a genovesi e veneziani. Ma dal 1453, con la conquista ottomana di Costantinopoli, questo commercio di ferma e tutta l’Europa si trova in una stretta carenza di questo indispensabile sale, che non poteva certo essere acquistato dal nemico.
La scoperta dell’allume nelle vicinanze di Roma – sembra a opera di tal Giovanni da Castro che riconobbe nei Monti della Tolfa sembianze simili a quelle anatoliche – portò il papa a stabilire un vero e proprio cartello sul suo sfruttamento, con tanto di scomunica per chi non avesse acquistato unicamente allume papale.
Oggi l’allume è solo memoria, ricordata ora con questo nuovo cammino nel quale vengo coinvolto da Andrea, un altro appassionato camminatore conosciuto lo scorso ottobre durante la Traversata dei Monti Cimini.
Dopo la rituale timbratura della credenziale nel bar del paese, siamo già in marcia da Allumiere, seguendo una puntuale segnaletica che illustra i tre anelli di cui è formato il cammino: ma noi abbiamo intenzione di percorrerlo tutto in un giorno, portando così la sgambata a trenta chilometri.
In un sereno ambiente campestre di muretti a secco iniziamo una lunga discesa fra boschetti di querce e prati ondeggianti. Un territorio dove il Lazio sfuma verso i toni salmastri del mare e che oserei chiamare Maremma tolfetana.
Lievi saliscendi lasciano libero il passo e la mente di vagare in chiacchiere e presto ci accorgiamo di costeggiare a lungo la sotterranea condotta mattonata dell’Acquedotto Traianeo, costruito per l’approvvigionamento idrico del nascente porto di Centumcellae (l’attuale Civitavecchia).
Man mano che scendiamo il paesaggio si fa sempre più gradevole, avvolto in eriche e in grandi sughere, mentre il mare dipinge sui pascoli una linea azzurra all’orizzonte. Attraversiamo mandrie di bovini vigilati da aironi guardabuoi e in breve siamo sotto le falesie di Ripa Maiala, pareti di cimento dell’alpinismo romano.
I biondi sbuffi della ferula scortano ora il nostro cammino che giunge ad attraversare il percorso della ferrovia abbandonata per Civitavecchia e, da un casale abbandonato, c’introduce alle suggestive pietre di Cencelle. Città medievale spazzata dal vento sulla rotta per il mare, che partecipò pienamente alla Corsa dell’Allume. Ci aggiriamo fra le antiche pietre, immerse nel rosso dei papaveri sullo sfondo blu del Tirreno; attraversiamo la cripta della Chiesa di San Pietro, da un sarcofago ci scrutano le orbite vuote di un teschio.
Riprendiamo il gradevole cammino per giungere ai 174 metri della parte più depressa del nostro cammino, con la Chiesa neogotica dell’Immacolata Concezione e il vicino borgo fantasma de La Farnesiana, sorto proprio negli anni dell’allume. Un sorso d’acqua e un boccone con vista sulla valle e riprendiamo di buona lena il nostro passo. Saliamo con quasi ininterrotta continuità, alternando ripide salite e brevi piani, carrarecce e sentieri, boschi oscuri e piani assolati.
Lambiamo un altro tratto, questa volta sospeso, dell’Acquedotto Traianeo e ci arrampichiamo fino ai resti dei forni per l’arrostimento dell’alunite, il minerale da cui si ricava l’allume.
Nembi cinerei e rombi di tuono mettono le ali agli scarponi. Fra castagni abbandonati inaspettato lo scroscio di una cascata! Ma non è una cascata: è il tempestare della grandine che tosto c’investe. Ma come dico ad Andrea: picchia ma almeno non bagna. Penetriamo l’oscura faggeta depressa di Allumiere e la grandine si fa pioggia torrenziale. Le prime case del borgo ci vedono bagnati come pulcini con i raggi del sole che torna di nuovo a splendere.
Cammino intenso, fra storia e memoria, ma ora è tempo di un boccale di bionda.