Monti Invisibili
Campo Soriano
Quota 749 m
Data 22 febbraio 2025
Sentiero parzialmente segnato
Dislivello in salita 585 m
Dislivello in discesa 983 m
Distanza 25,20 km
Tempo totale 8 h
Tempo di marcia 7:19 h
Cartografia Parco Regionale Monti Ausoni e Lago di Fondi
Descrizione In treno e bus Cotral a Sonnino (406 m) con visita del borgo (+24 min.). Poi per il Rifugio La Cona (647 m, +35 min.), il Rifugio Gasbarrone (749 m, +24 min.), il primo Cippo borbonico (735 m, +46 min.), il secondo Cippo borbonico (741 m, +5 min.), il terzo Cippo borbonico (700 m, +20 min.), Campo Soriano (339 m, +1,25 h) con visita del sito (+10 min.), I Tre Pozzi (429 m, +42 min.), Terracina (40 m, +1,43 h) con visita della cittadina (+45 min.). Escursione suggestiva e faticosa in ambiente estremamente solitario con ausilio fondamentale del GPS.
041 Terracina
040 Terracina Pisco Montano
039 Terracina Pisco Montano
038 Terracina Pisco Montano
037 Terracina Chiesa del Purgatorio
036 Terracina
035 Campo Soriano la Cattedrale
034 Campo Soriano la Cattedrale
033 Campo Soriano la Cattedrale
032 Campo Soriano la Cattedrale
030 Campo Soriano
028 Campo Soriano
027 Le Ripe
026 Cisterna
025 Cisterna
024 Terzo cippo borbonico
023 Secondo cippo borbonico
022 Primo cippo borbonico
021 Monte Peschio
020 Pianura Pontina
019 RifugioGasbarrone.
018 Rifugio Gasbarrone
017 Monti Cantari e Ernici
016 Monti Cantari e Ernici
015 Verso Rifugio Gasbarrone
013 Monti Cantari
012 Rifugio La Cona
011 Rifugio La Cona
010 Brigante Antonio Gasbarrone
009 Sonnino
008 Sonnino
007 Sonnino
006 Sonnino
005 Sonnino
004 Sonnino
003 Sonnino
002 Sonnino
001 Da Sonnino Priverno e Semprevisa
Campo Soriano, 22 febbraio 2025. Erano i tempi dell’Università (quindi circa trentacinque anni or sono) la prima volta che sentii parlare di Campo Soriano. E rimasi affascinato dalla descrizione di questa conca carsica, punteggiata di monoliti in un paesaggio scabro e solitario.
Poi la meta cadde nel dimenticatoio, fino a che quattro anni fa, per puro caso, ci passai in macchina, con molto stupore per la bellezza del luogo, ma con poca soddisfazione per la modalità di raggiungimento e per l’invadente antropizzazione: sentierini, recinzioni, tavoli e barbecue, per tacere del parcheggio.
Alcuni segni biancorossi avevano però attratto la mia attenzione e a casa avevo provato senza successo a intrecciare un itinerario di lunga percorrenza.
Ma come scrivevo la scorsa settimana, in quella che potrebbe essere una mezza parafrasi di Walter Bonatti: “Chi più sentieri percorre, più sentieri vede; chi più sentieri vede, più fuorisentiero sogna”. Ed ecco che finalmente riesco ad almanaccare un cammino che mi conduca a Campo Soriano per la via più ardua e alla prima giornata favorevole, diviso di partire.
Treno per Priverno-Fossanova e poco dopo le otto un bus già mi abbandona in una Sonnino che si sveglia con le chiassose bancarelle del mercato settimanale.
Perdo un po’ di tempo nei piacevoli e labirintici vicoli del borgo e poi allungo le gambe su un sentiero ben marcato che si inoltra nel cuore dei Monti Ausoni, questi scabri rilievi fra terra e mare dove nell’800 allignò il brigantaggio.
Oltrepasso i lignei rifugi La Cona e Gasbarrone – questo dedicato proprio al brigante sonninese – e con le viste sulle vette innevate di Cantari ed Ernici mi lancio nella parte più selvaggia del cammino, seguendo remote piste di muretti a secco.
In un silenzio e una solitudine penetranti, alterno boschi oscuri e luminose radure. Le tracce appaiono, scompaiono, s’intersecano, ma non è mai difficile mantenere una direzione stabilita.
A quota 735 intercetto il primo di tre cippi confinari borbonici, sfioro due grandi e antiche cisterne e con cammino ora disagevole e sassoso sono finalmente alla frazione abitata ma deserta delle Ripe.
Sono sul bordo della conca carsica di Campo Soriano e un labirinto di rocce mi invita a scendere sul fondo della scodella, punteggiata di enormi massi fra i quali prosperano le viti del Moscato di Terracina. E dove si elevano eleganti i 18 metri delle lame di roccia della Cattedrale, conosciuta anche come la Rava di San Domenico.
Due bimbi giocano vicino a una tenda, due ragazze chiacchierano e un tizio rolla salsicce sopra una graticola. Il luogo è divenuto se possibile ancora più antropizzato di quattro anni fa, addirittura con alte e sgradevoli recinzioni intorno al monolite. Ma la soddisfazione del raggiungimento con le proprie forze rende questi particolari irrilevanti e mi assido su un tavolo per un panino e un tè caldo, riflettendo su come il cammino sia più importante della destinazione, il come più rilevante del cosa.
Riprendo a macinare chilometri, ora su una remota via asfaltata che presto diviene carrareccia e poi sentiero sconnesso. Percorro una lunga balza che mi apre la vista su monti pietrosi e deserti e su una valle profonda e solitaria. Fino al riflesso del mare che mi accompagna tremolante per tracce pietrose.
Un ultimo sforzo su strade civili e sono all’ingresso di Terracina. C’è tempo per una birra e per un sigaro toscano: sotto la mole vigile del Pisco Montano – fatto tagliare dall’imperatore Traiano per far passare la Via Appia – sulla spiaggia di un mare che batte la sua risacca.