Monti Invisibili

Traversata dei Monti Aurunci
Quota 1.285 m
Data 30 marzo 2024
Sentiero parzialmente segnato
Dislivello in salita 1.544 m
Dislivello in discesa 1.134 m
Distanza 21,33 km
Tempo totale 9 h
Tempo di marcia 8:18 h
Cartografia Il Lupo Monti Aurunci
Descrizione Dalla stazione di Formia in bus a Maranola (268 m). Poi per appena sotto il Rifugio Pornito (795 m, +1,32 h), la Forcella di Fraile (986  m, +31 min.), Monte Revole (1.285 m, +1,10 h), la Forcella la Faleca (1.037 m, +57 min.), Monte Fragoloso (1.110 m, +10 min.), Serra Macere (1.000 m), Monte Faggeto (1.259 m, +2,20 h), il Rifugio Monte Faggeto (1.150 m, +15 min.) e Campodimele (642 m, +1,23 h). Bus Cotral per Formia e treno per Roma. Splendida escursione dall’orientamento complesso in ambiente estremamente solitario e dalla progressione per lunghi tratti disagevole su suolo molto pietroso. Avvistata una grossa lepre e due upupe.
 

Traversata dei Monti Aurunci mappa

Traccia GPS

campodimele

021 Campodimele

piana di fondi

020 Piana di Fondi

monte faggeto

019 Monte Faggeto

monte faggeto

018 Verso Monte Faggeto

monte faggeto

017 Verso Monte Faggeto

monte faggeto

016 Bossolo DEN 42

monte faggeto

015 Bossolo DEN 42

monte fragoloso

014 Serra Macere

monte fragoloso

013 Monte Fragoloso

monte revole

012 Da Monte Revole

monte revole

011 Monte Revole

monte revole

010 Verso Monte Revole

monte revole

009 Verso Monte Revole

monte revole

008 Verso Monte Revole

forcella di fraile

007 Forcella di Fraile

forcella di fraile

006 Forcella di Fraile

forcella di fraile

005 Verso Forcella di Fraile

rifugio pornito

004 Verso Rifugio Pornito

rifugio pornito

003 Verso Rifugio Pornito

maranola

002 Maranola

maranola

001 Maranola

traversata dei monti aurunci dislivello

000 Aurunci dislivello

Traversata dei Monti Aurunci, 30 marzo 2024. Dacché da pochi anni ho scoperto l’intimo e selvaggio territorio del Monti Aurunci, mi avvedo che – oltre a averli raggiunti cinque volte su sei con il treno – li ho sempre solcati in solitaria. E questo m’induce nuovamente a riflettere sul mio andar per monti senza compagnia.
Ho già altre volte indagato su questa mia pericolosa velleità, risolvendo la questione soprattutto nel vantaggio dei “silenzi e della profonda comunione con la natura che solo la solitudine può offrire”. Una visione quindi della solitudine dall’interno verso l’esterno, dal singolare all’universale.
Ma c’è un aspetto che conduce nella direzione opposta: dall’esterno verso l’anima.
Il cammino solitario, infatti, se da una parte consente di volgere l’attenzione verso il mondo che ci circonda, dall’altra permette anche di concentrarla su noi stessi, in un sano individualismo che concede di ritrovarsi e di scoprire nell’intimo chi realmente siamo, senza la distrazione dell’assordante rumore di fondo quotidiano. Una solitudine che è compagnia dei propri pensieri e delle proprie emozioni e che favorisce ordine e chiarezza alla propria esistenza.
E l’inusuale mondo degli Aurunci ben si presta a questa pratica esperienziale. Per la facilità di raggiungerlo con il treno, modalità di trasporto che nel lento scorrere del mondo dal finestrino già induce a una pacata riflessività. Poi per i continui affacci sul mare, elemento che di per se conduce l’animo a meditare. E infine c’è la conformazione stessa di queste peculiari montagne, sorta di ondulato altopiano nel quale sprofondano solitari valloni e s’innalzano pietrose cime a dominare il vicino mare. Un territorio carsico a tratti aspro, altri dolce, dove emergono evidenti antiche attività dell’uomo che ora non sono più e che rendono ancor più densa la solitudine.
Dopo averne vagato più volte per vette lontane le une dalle altre, era mio desiderio ora addentrarmi profondamente nelle pieghe più remote di questo selvaggio territorio, con una lunga – e solitaria – traversata che dai riflessi del mare mi conducesse ai riverberi delle rocce. E il treno, ovviamente. viene a far parte di questo gioco.
Rapida coincidenza con un autobus a Formia e mi sto già inerpicando dal solatio borgo di Maranola su per la deserta asfaltata che sale a svolte le pendici marine degli Aurunci. La giornata è serena ma lo scirocco africano che ha colmato il cielo di sabbia cela la vista sulle più lontane isole.
In una primavera di gemme e di colori, mangiucchio qualche asparago e supero il Rifugio Pornito per addentrarmi nella parte per me incognita del percorso.
L’ultimo lembo di civiltà ai 986 metri della Forcella di Fraile è l’occasione per una sosta e un sorso, prima di attaccare la lunga, panoramica e accidentata cresta del Monte Revole. Un suolo oltremodo pietroso, interrotto da imponenti formazioni geolitiche, che chiede attenzione al passo, allietato però da intense fioriture di violette e dai profumi della salvia selvatica.
Un vento gelido mi accoglie ai 1.285 metri della vetta da dove scorgo tutto il fascino di questo territorio dai confini lontani, di vette e di valli che si inseguono e perdono lo sguardo; come una Tolfa in versione verticale.
Il cammino è ancora lungo e senza indugi cerco con difficoltà una linea di discesa. Le tracce si fanno confuse, i segni oltremodo radi e sbiaditi fino a sparire del tutto. Mi aggrappo agli alberi, sobbalzo sui massi e dai 1.037 metri della Forcella la Faleca una ripida ma breve salita mi porta ai 1.110 metri del Monte dal bel nome di Fragoloso.
La discesa se possibile si fa ancora più incerta, obbligandomi a procedere pericolosamente con il gps alla mano. Ora che sono nella pancia degli Aurunci, in un ambiente che non vede uomo da tempo e senza neanche più la vista del mare a confortarmi, la solitudine è ancora più profonda, totalizzante, quasi paurosa. E io mi abbevero avido alla mia solitudine, mentre un upupa vola via spaventata.
La traccia finalmente diviene un bel sentiero agile, riappaiono anche i segni e da un prato solitario inizio la salita verso il Monte Faggeto. Il cammino è intralciato ora da matasse su matasse di filo spinato che potrebbero anche essere residuati bellici. Gli Aurunci erano infatti sulla Linea Gustav, baluardo difensivo germanico durante la Seconda Guerra Mondiale, e anche qui, sul Monte Faggeto, si sono svolte aspre battaglie. Ogni volta che vengo da queste parti trovo un qualche residuato bellico: schegge, bombe, proiettili e oggi un bossolo americano DEN 42, prodotto nel Denver Ordnance Plant di Lakewood, in Colorado.
Con le gambe appesantite da chilometri e dislivello mi affaccio finalmente ai 1.259 metri di Monte Faggeto, dove il riverbero del mare torna a farmi compagnia.
Nei toni sommessi del crepuscolo intraprendo la lunga discesa nel Fosso dell’Orticare. E fra il frinir di grilli e gli odori di fieno di fine giornata, arrivo a Campodimele per la consueta birra. E anche il barista mi ammonisce che in montagna non si va da soli.
Nelle ombre della sera gli aromi di un sigaro toscano mi accompagnano nell’attesa di un bus per Formia che non giunge. Mentre già strologo un piano B, due fari nella notte annunciano il torpedone e senza altri pensieri mi avvio finalmente verso la stazione di Formia.

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