Monti Invisibili
Linea Gustav
Quota 940 m
Data 31 ottobre 2020
Sentiero segnato
Dislivello 1.034 m
Distanza 22,31 km
Tempo totale 9:25 h
Tempo di marcia 8:15 h
Cartografia Carta sentieri Linea Gustav
Descrizione Da Coreno Ausonio (307 m), per Riccio (650 m, +1,10 min.), Costa Carosa (770 m, +42 min.), lo Stazzo Matthia (697 m, +25 min.), Monte Maio (940 m, +50 min.), Monte Feuci (839 m, +40 min.), Marinaranne (680 m, +28 min.), il Termine (680 m, +10 min.), Monte Faito (793 m, +33 min.), Monte Ornito (764 m, +45 min.), Monte Faito (+33 min.), il Termine (+34 min.), Marinaranne (+10 min.) e Coreno Ausonio (+1,15 h). Faticosa escursione sulle tracce della storia bellica in ambiente solitario, oltremodo sassoso e di ardua camminabilità. Ben segnato ma senza una vera traccia sul terreno.
028 Me
027 Verso il Termine
026 Golfo di Gaeta
025 Monte Ornito trincee
024 Monte Ornito trincee
023 Proiettile mortaio 60 mm
022 Proiettile mortaio 60 mm
021 Marinaranne
020 Monte Feuci
019 Scarabeo stercorario
018 Monte Maio
017 Stazzo Matthia
016 Stazzo Matthia
015 Stazzo Matthia
014 Verso Monte Maio
013 Mantide religiosa
012 Macrolepiota procera
011 Macrolepiota procera
010 La Meta e Mainarde
008 La Meta e Mainarde
007 Verso Costa Carosa
006 Verso Costa Carosa
005 Monte Fammera
004 Verso Riccio
003 Verso Riccio
002 Verso Riccio
001 Verso Riccio
Linea Gustav, 31 ottobre 2020. Nell’autunno del 1943 gli Alleati stanno risalendo l’Italia e i tedeschi cercano di rallentarne l’avanzata predisponendo, nel punto di minima estensione della penisola, una linea difensiva che taglia in due il Paese: la Linea Gustav, conosciuta anche come linea invernale.
La fortificazione sfrutta la presenza dei rilievi montuosi a ridosso delle maggiori vie di comunicazione e si estende dalla foce del fiume Garigliano, sul Tirreno, alla città di Ortona sull’Adriatico: il fulcro strategico è rappresentato da Cassino e dalla sua abbazia che dominano la valle dove scorre la Via Casilina. Tutte queste località riporteranno ingenti danni, ma è su tutta la linea che furono combattute le più aspre e cruente battaglie della guerra, con la distruzione di gran parte dei paesi che avevano la sventura di attraversarla.
Ma al di là delle tristi reminiscenze belliche, questa linea percorreva i Monti Aurunci, le Mainarde, gli Altipiani Maggiori d’Abruzzo e la Majella, e così me la sono ritrovata spesso fra gli scarponi. È tempo allora di andare a vedere, in una sorta di percorso della memoria, dove furono combattute queste battaglie.
Da Coreno Ausonio, provato pesantemente dalla guerra nell’urbanistica e nelle genti, risalgo una stretta mulattiera scalettata, stretta da interminabili muretti a secco fra ulivi e fichi d’india. Le ordinate pietre, testimoni di secoli di lavoro dei campi, mi scortano docili per oltre un’ora, lasciando intravedere appezzamenti su appezzamenti un tempo coltivati. La vista si apre sul Golfo di Gaeta e sulle più alte cime del gruppo centrale degli Aurunci.
Dalla località Riccio il percorso diviene arduo, ancorché continuamente segnato. Non esiste infatti una traccia sul terreno, ma solo un’infinita distesa di sassi sui quali procedere faticosamente.
Dai 770 metri della Costa Carosa spazio sulla Valle del Liri avvolta nelle nebbie, sull’Abbazia di Montecassino e sulle lontane ma nitide Mainarde. Procedo traballante in un paesaggio brullo e solitario, attraverso i fantasmi dei soldati delle contrapposte fazioni.
Uno stazzo perfettamente spietrato mi concede ombra e riposo; poi mi arrampico fra fitti boschi e radure assolate ai 940 metri di Monte Maio, anche questo parte della linea e riconquistato dai francesi il 13 maggio del 1944.
Ancora panoramici saliscendi riarsi e pietrosi, e da Monte Feuci calo verso Marinaranne dove si eleva il monumento a memoria dei caduti del Secondo Conflitto Mondiale e che riporta l’iscrizione Per la pace nelle lingue degli eserciti che combatterono sulla Linea Gustav.
Un breve tratto di carrareccia riposa le gambe dolenti e sono di nuovo fuori sentiero. I segni sono spesso visibili solo da una direzione e perdo frequentemente la giusta rotta. Sulla cima del Monte Faito resti di putrelle e postazioni, perdo ancora la via e incappo in un proiettile da mortaio da 60 mm. E poi la cima del Monte Ornito, ornata appunto di un reticolo di trincee.
Mi siedo nel vento, sbocconcello del pane e del formaggio, guardandomi intorno nel silenzio della memoria. Vedo il fante appostato nella trincea, quello che cerca un cespuglio per appartarsi, immagino qualcuno che gioca a carte o che cerca qualche erba o frutto selvatico da mangiare.
Riprendo faticosamente il cammino e sono di nuovo sull’agevole carrareccia. Carico una pipa e, con il mare che luccica all’orizzonte, riprendo la volta del ritorno. Antonio, un signore di 77 anni di Coreno incontrato sulla via, mi racconta le storie minime del paese e della guerra, della miseria e delle gioie della campagna, e poi mi offre una birra.
Il 18 maggio 1944 la linea viene sfondata e iniziano le atroci “cinquanta ore di libertà” concesse dal generale Juin. Ma questa è un’altra storia.