Ferrovia abbandonata, 28 aprile 2012. Amici in bici alla scoperta del vecchia ferrovia che univa Capranica a Civitavecchia. Da oltre mezzo secolo le rotaie non ci sono più, ma le stazioni, i ponti, le gallerie e soprattutto il comodo tracciato ciclabile sono tutti lì. E allora, all’alba del 28 aprile, con Andrea, Alfredo e i nostri velocipedi siamo già sul treno alla volta di Capranica, dove inizierà la nostra avventura ciclistico-ferroviaria.
Le prime pedalate sono sulla carrozzabile, ma presto ci immergiamo in un antico e diruto mondo ferroviario che ci porta a macinare agilmente i chilometri grazie alla lieve e quasi ininterrotta discesa. Qualche chiacchiera, Alfredo che si attarda e siamo già alla prima lunga galleria: calziamo le torce e sprofondiamo divertiti nell’oscurità, immaginando chissà quale impossibile incontro ferroviario alla Wile Coyote. Nel punto più profondo e buio del tunnel improvvisamente il trillo del telefono del Santa scatena l’ilarità di una combriccola già di suo abbastanza ilare e sgangherata.
Le vedute si aprono mentre lambiamo gli abitati di Veiano, Barbarano, Blera, Civitella Cesi e le relative stazioni diroccate. Più che la tristezza è la nostalgia a prevalere, scrutando queste opere abbandonate dove pure sono passati treni e vite, ci sono stati abbracci e addii, arrivi e partenze, esistenze separate e riunite. E tutto potrebbe rivivere fra ostelli, foresterie e ciclabili se fossimo un paese moderno.
Dopo Civitella Cesi si appropinquano gli scabri monti della Tolfa, si alternano altre oscure gallerie e il paesaggio selvatico, dominato da orizzonti sconfinati e deserti, amplifica la sensazione di solitudine di questa sorta di west mediterraneo. Straordinaria questa capacità della ferrovia di insinuarsi nel territorio senza ferirlo: siamo vicini a Roma, stretti fra la Cassia e l’Aurelia, a un passo dal Tirreno, eppure l'impressione è di isolamento, di separazione dal mondo reale, di lontananza fisica, ma anche temporale. Tuttavia basta guardare la carta per vedere che abbiamo lambito strade e abitati senza averne sentore.
Un lunga discesa ci porta alla stazione di Monte Romano e allo spettacolare ponte sul Mignone, proprio sotto la rupe dove sorge l’antico abitato etrusco di Luni. Un po’ di foto, saltelliamo gioiosi sulle vecchie ma robuste campate ed è tempo di volgere indietro le ruote. Per il ritorno affrontiamo una combinazione di carrarecce che ci porta verso la necropoli di San Giovenale. Un guado, un lungo tratto a spinta su per un sentiero immerso nella vegetazione e siamo già in sella verso Civitella Cesi, dove al riparo di un fontanile consumiamo il nostro lauto pasto a barrette energetiche e io mi apparto per soddisfare i bisogni di una fastidiosa flatulenza.
Le gambe si fanno pesanti e lunghe e ripide salite sassose schiantate sotto il sole cocente obbligano me e Andrea a spingere la bici a piedi, mentre Alfredo continua inesorabile e macinare sulle pedivelle. A Barbarano siamo finalmente di nuovo sul tracciato ferroviario per gli ultimi 10 chilometri di lieve micidiale salita. Arriviamo a Capranica giusto in tempo per una coca cola e per saltare sul treno che cotti, assonnati e felici ci riporta a Roma, dopo 58 chilometri e sei ore e mezzo di sella.