Monti Invisibili

Galeria Antica

Quota 131 m

Data 12 marzo 2016

Sentiero non segnato

Dislivello 60+36 m

Distanza 14,55+2,26 km

Tempo totale 1:07+1:35 h

Cartografia IGM 143 II SO Santa Maria di Galeria

Descrizione Dalla stazione di Cesano di Roma della linea ferroviaria FL3 (150 m) in bicicletta a Santa Maria di Galeria (135 m, +12 min.) e al paese abbandonato di Galeria Antica (7,59 km, 131 m, +20 min.). Visita a piedi del borgo, del Ponte sull’Arrone e dei ruderi della mola (+1,35 h). Ritorno in bici per la stessa via (6,96 km, +35 min.).

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Traccia GPS

07 galeria dislivello
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040 Galeria Antica

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037 Vecchia Mola

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036 Vecchia Mola

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035 Vecchia Mola

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032 Vecchia Mola

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031 Ponte sul fiume Arrone

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029 Galeria Antica

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028 Torre campanaria

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025 Sant'Andrea Apostolo

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024 Sant'Andrea Apostolo

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022 Castello

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021 Castello

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020 Castello

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019 Ambienti ipogei

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018 Porta di ingresso

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017 Galeria Antica

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014 Porta di ingresso

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012 Galeria Antica

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010 Galeria Antica

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009 Verso Galeria Antica

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008 Verso Galeria Antica

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007 Santa Maria di Galeria

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005 Santa Maria di Galeria

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004 Santa Maria di Galeria

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003 Santa Maria di Galeria

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002 Santa Maria di Galeria

Galeria Antica, 12 marzo 2016. Oggi, in ossequio alla sostenibilità e all’intermodalità più smodata, decido che è tempo di ammazzare di fatica e di freddo i bacilli di questa perniciosa influenza e, agguantata la fedele Atala, eccomi sul treno alla volta di Cesano di Roma.

In una giornata ventosa in bilico fra le stagioni, presto sono in sella verso la città fantasma di Galeria Antica, senza tralasciare una sosta al delizioso borgo ocra di Santa Maria di Galeria, provvisoriamente deserto nell’ora mattutina. Ma un nutrito gruppo escursionistico inizia ad addensarsi minaccioso nella piazzetta a ferro di cavallo e, valendomi della maggiore velocità delle due ruote, li precedo verso le abbandonate mura, già insediamento etrusco e romano e in stato di abbandono dall’anno 1809.

Parole grosse corrono fra me e un cane maremmano ed eccomi sotto i bastioni dell’arroccato borgo medievale che spunta dagli alberi come una Tikal nostrana. Affidato il velocipede a un albero, mi avvio per l’antica rampa lastricata verso le due successive porte d’accesso di questo remoto mondo, dove tante volte ci recavamo negli anni universitari per quelle che allora ci sembravano vere e proprie esplorazioni; e anche per grigliare qualche salsiccia innaffiata di buon vino.

Dietro la torre di guardia, sulla quale spicca ancora la traccia sbiadita dell’orologio, la città è ferma, cristallizzata, con grigie mura che si ergono silenziose in un groviglio si rovi e rampicanti, con alberi e rami che ormai sostengono archi e tramezzi.

Mi aggiro con cautela per sentieri dove un tempo erano stanze e per oscuri ambienti ipogei; nell’intrico verde il castello emana ancora la sua possenza e la torre campanaria della chiesa di Sant’Andrea Apostolo sembra sfidare gli anni finora immune. Nelle sgretolate abitazioni si intuiscono scansie, mensole e camini, e nel fruscio silenzioso della brezza aspiro i suoni e le voci di un’antica vita.

Nonostante sia Monumento Naturale dal 1999, inserita nel sistema di Roma Natura, la città è preda di un lento, inesorabile disfacimento.

Un lontano latrato mi avverte che il gruppo si approssima e mi allontano quatto quatto verso il nascosto ponte sull’Arrone e le vicine muscose rovine della sua mola. Grotte, canali, intercapedini oscure che un tempo imbrigliavano l’acqua che romba al mio fianco.

Salgo di nuovo sulle pedivelle e lascio alle spalle la città fantasma che torna a immergersi nella vegetazione.