Monti Invisibili

Traversata Oriolo - Monterano - Manziana scout

Quota 425 m

Data 11-12 marzo 2017

Sentiero non segnato

Dislivello in salita 422 m

Dislivello in discesa 495 m

Distanza 23,20 km

Tempo totale 8:18 h

Tempo di marcia 5:52 h

Cartografia Il Lupo Monti della Tolfa

Descrizione Primo giorno (3,35 h, +165 m, -320 m, 12,56 km): dalla stazione di Oriolo Romano (410 m) per la Mola del Biscione o Mola Vecchia (297 m, +1,05 h), la traccia lungo il corso del Mignone con guado del fiume a quota 285 (+39 min.) e poi per la strada forestale fino a Monterano (288 m, +1,25 h) con campo notturno vicino alla chiesa.

Secondo giorno (4,43 h, +257 m, -175 m, 10,64 km): da Monterano per la Strada Provinciale 3a (312 m, +43 min.), Via Rimessaccia, Via Ponte del Diavolo, i ruderi del Ponte del Diavolo (265 m, +35 min.) e i vicini resti della Via Clodia, la Macchia di Manziana (300 m, +25 min.), Prato Camillo (350 m, +30 min.), la Braccianese Claudia (+10 min.) e la stazione di Manziana (338 m, +20 min.). Traversata al 75% su strade, carrarecce e tratturi e al 25% su sentiero e terreno d’avventura.

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Traccia GPS

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Monterano scout, 11-12 marzo 2017. Nello studio sono sempre stato un peripatetico: anni di peregrinazioni nella mia stanza, ripetendo ad alta voce astruse locuzioni in latino e in greco, poi non meno ermetiche formule economiche e dotti brocardi giuridici. Quando poi il tempo si è ridotto, sono passato direttamente a studiare per strada, fra gli sguardi sospettosi dei passanti, soprattutto quando ripetevo russo.

Così quando Marco a Mara mi chiedono di accompagnare un clan scout in una route d’istruzione sui temi dell’orientamento e dell’analisi del territorio, non mi faccio sfuggire l’occasione per sentirmi un piccolo Aristotele che insegna camminando.

Anche perché io da bimbo non sono stato scout, anzi, quando i genitori me lo proposero, rifiutai con un misto di timore e di sufficienza e non ci pensai più. Quarant’anni dopo però, è mia figlia che è voluta diventare scout e così sono venuto a conoscere un mondo complesso, sul quale si addensano pregiudizi e dove invece incontri persone che spesso hanno una marcia in più.

I mezzi pubblici sono d’obbligo e, squillata la campanella delle liceali lezioni siamo già sul treno con Emanuele, Simone (Mor), Angelica e Chiara (Rikki-tikki-tavi), guidati appunto dai capi Marco e Mara.

È un luminoso pomeriggio quando, carte e bussole alla mano, dalla stazione di Oriolo siamo in marcia verso le sorgenti solfuree della Mola del Biscione, fra alberi scheletrici ornati però già di sbuffanti fioriture. Con la sera incipiente ci divertiamo con del facile carteggio, ponendo attenzione comunque ai segni che ci offre il territorio: i cartelli indicatori.

L’aromatico lezzo di uovo marcio annuncia l’appropinquarsi dell’antica mola e del suo laghetto. Uno zompettante primo facile guado e procediamo fuori sentiero su una flebile traccia che appare e dispare lungo il corso del Mignone.

Nell’ora che si fa sera, raggi obliqui indorano un sottobosco di timide primule e donano al cammino toni cupi, magici e misteriosi. La comitiva s’inerpica su ripe scivolose, Marco armeggia coi bastoncini come fossero due canadesi e giungiamo al secondo più complesso guado, che non richiede comunque l’immersione dell’altra volta.

Con le ombre che cancellano il territorio, siamo sulla solitaria carrareccia che ricama questo selvaggio lembo dei Monti della Tolfa. Risuonano le note della chitarra di Simone e nell’oscurità sfiliamo sotto l’acquedotto, costeggiamo le rovine del castello e approdiamo alla berniniana Chiesa di San Bonaventura, dove masserizie inenarrabili spuntano fuori dai poco organizzati zaini del clan.

Con le ombre che guizzano sulle dirute mura illuminate dalla luna, consumiamo la cena con una ciotola di legumi e un bicchiere vino, per dare poi il via a giuochi e rappresentazioni intorno al fuoco che c’impegneranno fino a tardissima ora.

Prima di ritirarci nelle tende, ci aggiriamo nell’oscurità fra le rovine dell’antico feudo che la luna contorna con un filo d’argento: costruzioni diroccate, archi e campate, la balconata del castello e la navata della chiesa, con il fico monumentale al suo interno, dove il capo brigante Don Bastiano - Flavio Bucci incontra il Marchese del Grillo nell’omonima pellicola.

Un canto, una preghiera e olezzanti come carboncini ci rintaniamo nelle tende, cullati da una luna che in un cielo di stelle rimane a sorvegliare quest’incantata oscurità.

Il sole sorge e la mia faccia ciancicata è la prima a spuntare dai teli.

Mara non si sente bene, anzi sta proprio male, sempre più male e, un po’ in apprensione, siamo costretti a evacuarla in ambulanza, che a stento ci raggiunge sulle anguste stradicciole. Marco va con lei e così io mi ritrovo promosso sul campo novello Gran Mogol.

Raccolgo le mie ardite truppe e senza colpo ferire le conduco lungo i sentieri del programma originario. Affido a Emanuele il gps e con sicurezza ci guida ai poderosi peperini del Ponte del Diavolo e ai vicini basoli della via Clodia.

Traversiamo a lungo la Macchia di Manziana e su Prato Camillo, mentre fumo la pipa, le Giovani Marmotte giocano a frisbee e cucinano per me.

Sono stati bravi a orientarsi, portandosi appresso questo attempato camminatore: si meritano birra e patatine, prima del treno che ci riporterà a casa.

Ed ecco un altro tassello del senso del cammino: trasmettere passione e conoscenza.