Monti Invisibili
Noi viandanti siamo tutti così. La nostra smania di vagabondaggio e di vita errabonda è in gran parte amore, erotismo. Il romanticismo del viaggio è per metà nient’altro che attesa dell’avventura. Ma per l’altra metà è impulso inconsapevole a trasformare e a dissolvere l’elemento erotico. Noi viandanti siamo abituati a coltivare i desideri amorosi proprio per la loro inappagabilità, e quell’amore che apparterrebbe alla donna noi lo dissipiamo profondendolo al villaggio e alla montagna, al lago e alla voragine, ai bimbi sul sentiero, al bue sul prato, all’uccello e alla farfalla. Noi liberiamo l’amore dall’oggetto, l’amore da solo ci è sufficiente, così come nel nostro vagare non cerchiamo la meta, ma solo il godimento del vagabondaggio per se stesso, di essere in cammino.
Giovane donna dal volto fresco, non voglio conoscere il tuo nome. Non voglio coltivare né accrescere il mio amore per te. Tu non sei la meta del mio amore, ma il suo impulso.
Questo amore io lo regalo ai fiori del sentiero, al lampo del sole nella coppa del vino, ai rossi bulbi del campanile. Tu mi permetti di essere innamorato del mondo.
Ah, sciocchi discorsi! Questa notte nella capanna montana ho sognato una donna bionda. Ero follemente innamorato di lei. Avrei dato il resto della mia vita insieme a tutte le gioie del vagabondaggio per lei, se mi fosse stata accanto. A lei sto pensando oggi, tutto il giorno. Per lei mangio pane e bevo vino. Per lei disegno sul mio taccuino villaggio e torre. Per lei ringrazio Dio – per il fatto che è viva e potei vederla. Per lei comporrò una canzone e mi ubriacherò di questo vino rosso.
E così era scritto che la mia prima sosta nel sereno sud fosse pervasa dalla nostalgia per la donna bionda, di là dai monti. Com’era bella la sua bocca fresca! Com’è bella, com’è sciocca e incantata questa povera vita!
Hermann Hesse, Il vagabondo, Newton Compton