Monti Invisibili
Monte Amaro
Quota 2.793 m
Data 18 giugno 2022
Sentiero segnato
Dislivello 2.265 m
Distanza 35,34 km
Tempo totale 14:34 h
Tempo di marcia 12:57 h
Cartografia Il Lupo Majella
Descrizione Dal Rifugio Pomilio (1.892 m) per il Complesso pastorale Tettoni (1.828 m, +25 min.), il Rifugio Marcello Di Marco (1.752 m, +34 min.), il Balcone di Santa Maria (1.680 m, +35 min.), la Rava dell’Avellana, Ponte della Pietra (1.022 m, +1 h), Guado Sant’Antonio (1.202 m, +45 min.), il Rifugio forestale (1.257 m, +6 min.), il Rifugio Paolo Barrasso (1.542 m, +38 min.), Monte Rapina (2.027 m, +1,12 h), Croce di Pesco Falcone (2.630 m, +1,42 h), Pesco Falcone (2.646 m, +10 min.), Monte Amaro (2.793 m, +1,03 h, 9 h dalla partenza). Ritorno per Monte Tre Portoni (2.653 m, +30 min.), Cima Pomilio (2.656 m, +55 min.), Monte Focalone (2.676 m, +34 min.), Fonte Acquaviva (2.100 m, +1,15 h), La Maielletta (2.045 m, +1,02 h) e il Rifugio Pomilio (+31 min.). Poderosa escursione in ambiente solitario e selvaggio. Avvistati una lepre, un capriolo, una volpe, un’aquila e numerosissimi camosci. Ancora frequenti chiazze di neve sopra i duemila metri.
054 Monte Focalone
053 Tavola dei Briganti
052 Monte Focalone
051 Primo Portone
050 Monte Rotondo
049 Valle Cannella
048 Valle Cannella
047 I Portoni
046 Valle Cannella
045 Bivacco Pelino
042 Bivacco Pelino.
039 Monte Amaro
037 Da Pesco Falcone
036 Da Pesco Falcone
035 Rava del Diavolo
034 Croce di Pesco Falcone
033 Valle dell'Orfento
032 Monte Rotondo
031 Verso Pesco Falcone
030 Da Monte Rapina
029 Monte Rapina
028 Valle dell'Orfento
027 Prato della Corte
026 Valle dell'Orfento
025 Prato della Corte
023 Rifugio Paolo Barrasso
022 Rifugio Paolo Barrasso fuoco
021 Rifugio Paolo Barrasso fuoco
020 Rifugio Paolo Barrasso
019 Ponte della Pietra
017 Balcone di Santa Maria
016 Balcone di Santa Maria
014 Balcone di Santa Maria
013 Balcone di Santa Maria
012 Pesco Falcone
011 Verso il balcone
010 Piangrande
009 Rifugio Marcello Di Marco
008 Rifugio Marcello Di Marco
007 Rifugio Marcello Di Marco
006 Pino mugo
005 Vallone di Santo Spirito
004 Vallone di Santo Spirito
003 Prato della Maielletta
001 Complesso pastorale Tettoni
000 Amaro dislivello
Monte Amaro, 18 giugno 2022. Nessun gruppo montuoso appenninico propone allo sguardo la messe di spazi sconfinati che è in grado di offrire la Majella. Valli lunghissime, impervie e solitarie; creste su creste di vette selvagge; un vastissimo altopiano a 2.400 metri di quota dai colori ocra e dai fossili marini che spuntano a ogni passo. E ancora orridi, foreste, eremi e grotte; e quando arrivi in cima, la vista sul mare blu.
Puoi marciare per ore, se non per giorni, in questa meraviglia senza incontrare anima viva, potendo contare solo sulle tue forze e le tue capacità, avvertendo l’emozione selvaggia di un John Muir in cammino nella Sierra Nevada: “Anche oggi tempo splendido, una di quelle gloriose giornate della Sierra in cui ci si sente come dissolti, assorbiti, spinti innanzi pulsanti, non si sa dove. La vita non pare né lunga né breve, non ci si preoccupa di risparmiare tempo o di affrettarsi più di quanto facciano alberi e stelle. Questa è la vera libertà, un buon surrogato mortale dell'immortalità”. (John Muir, La mia prima estate sulla Sierra).
Ecco, almeno una volta l’anno devo distruggere muscoli, articolazioni e volontà in una follia come quella di oggi, per percepire la vitale sensazione di spazi sconfinati e d’intimità con la natura; avvertendo la forza, l’energia, la fatica, lo stupore, la paura di questo abbraccio in un’immersione profonda e solitaria in questa natura selvaggia.
Che poi, a ben vedere, più che un’immersione queste avventure sono un’emersione: emersione dall’ossimoro di una quotidianità frenetica e noiosa allo stesso tempo.
Sono quindi da poco scoccate le sette di un’alba nitida quando muovo i primi passi dagli 1.892 metri del Rifugio Pomilio. Nel mio anelito di calcare una nuova rotta per l’Amaro, questa volta inizio a scendere, scoprendo senza fatica i prati di Fonte Tettoni.
La traccia procede agile fra antichi stazzi sul bordo del Vallone di Santo Spirito, dove occhieggia nascosto l’omonimo Eremo. Il Rifugio Marcello di Marco galleggia in un mare di orapi e da lì continuo la mia discesa fra boschi e radure, fino al sorprendente affaccio dal vertiginoso Balcone di Santa Maria: una terrazza rocciosa precipite sulla Valle dell’Orfento. Mi sporgo con cautela su una vista che vola su boschi profondi; dirimpetto il mio Pesco Falcone sembra così alto e lontano.
Continuo a scendere nel bosco per la Rava dell’Avellana, su una traccia solitaria che temevo sconnessa e sassosa, e invece è morbida e terrosa su un tappeto di foglie secche.
Il rombo dell’Orfento mi avverte della fine della mia discesa ai 1.022 metri del Ponte della Pietra. Ora inizierò a salire ininterrottamente fino ai 2.793 metri del Monte Amaro.
Un goccio d’acqua a una fonte stillante ed emergo dal bosco a Guado Sant’Antonio. Al Rifugio Barrasso altri orapi tentano il mio coltello, ma con quattro litri d’acqua nello zaino non posso permettermi di aggiungere peso.
Mi affaccio di nuovo sulle balze rocciose dell’Orfento in un vento freddo e violento. E salgo e salgo e finalmente arrivo per il pranzo fra i mughi del Monte Rapina, appena sopra i duemila metri. Alle mie spalle il Pesco Falcone è una presenza incombente.
Il fiato si fa corto, l'incedere pesante, ma continuo un passo dietro l’altro nella luce e nel vento, tagliando i mughi, ammirando tracce di sentieri ormai persi giù nella Valle dell’Orfento. Finalmente intravedo la croce del Pesco Falcone, ancora pochi passi e sono sull’altopiano. Mi affaccio e dopo ore di solitudine vedo camminatori che vanno e che vengono sulla normale del Monte Amaro.
Ancora con Muir: “And into the forest I go, to lose my mind and find my soul”.
Con le giunture scricchiolanti e la lingua felpata copro l’ultima ora in un ambiente lunare e sono nel cielo e nel vento della vetta. Dopo nove ore dalla partenza mi rifugio nel Bivacco Pelino per recuperare le forze e difendermi dal freddo.
Ho ancora davanti cinque ore di stupore e fatica, fra le viste incomparabili dell’arido altopiano di quota e le stilettate alle gambe delle risalite dai Portoni. Attraverso branchi di camosci, traballo sulla dissestata discesa dal Focalone e con il cielo che imbrunisce e la costa che si accende di luci, copro nel buio l’asfaltata della Maielletta per giungere finalmente al Pomilio, sfinito e felice, dopo oltre quattordici ore di cammino.