Monti Invisibili

Il Martellese 
Quota 2.259 m
Data 10 luglio 2012
Sentiero parzialmente segnato
Dislivello 1.570 m
Distanza 20,29 km
Tempo totale 8:45 h
Tempo di marcia 7:34 h
Cartografia Il Lupo Majella
Descrizione Da quota 750 per il vallone di Palombaro, il rifugio Martellese (2.035 m, +3,14 h), cima Forcone (2.220 m, +47 min.), il Martellese (2.259 m), il rifugio Martellese (+49 min.), monte d’Ugni (2.093 m, +12 min.), il rifugio d’Ugni (1.870 m, +32 min.) e la macchina (+2 h). Vertice fisico delle tre vette irraggiungibile per una fitta barriera di pino mugo. Notevole raccolto di orapi nel vallone a quota 1.405 e al rifugio Martellese; orapi in abbondanza reperibili anche al rifugio d’Ugni. Il vallone di Palombaro è sicuramente fra i più belli di tutto l’Appennino e il rifugio Martellese, in splendida posizione, un luogo dove tornare a trascorrere una notte.
 
06 martellese log

Traccia GPS

07 martellese dislivelo
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026 Stazzo

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025 Laghi di Casoli e di Bomba

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024 Rifugio Martellese

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023 Rifugio Martellese

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020 Monte d Ugni

020montedugni

018 Verso Il Martellese

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017 Rifugio Martellese

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015 Vallone di Palombaro

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014 Vallone di Palombaro

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013 Vallone di Palombaro

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012 Vallone di Palombaro

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010 Vallone di Palombaro

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007 Vallone di Palombaro

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005 Vallone di Palombaro

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002 Vallone di Palombaro

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001 Feudo d Ugni

Il Martellese, 10 luglio 2012. Dopo tanta montagna, eccoci nuovamente al campeggio Gilda di Roseto con Vittoria, Riccardo, Guglielmo e relativi genitori per l’ormai tradizionale settimana marina in terra d’Abruzzo. La maschera, le prove di immersione e i primi allontanamenti solitari dalle protettive ali di mamma Flavia: Vittoria sta crescendo con rapidità sotto i nostri occhi. Questa volta però mi sono annoiato: è mancata la novità dello scorso anno, nonostante un mare dagli inusuali e inquietanti calori tropicali, e ciò suggerisce di cercare nuovi lidi.
Meno male che come al solito c’è stata anche la rigenerante fuga sui monti, verso le vette di quel Feudo d’Ugni, estrema propaggine orientale della Majella, altrimenti veramente irraggiungibili da Roma. E dopo la Sibilla, anche questo sentiero ha abbandonato l’usuale passo solitario per la grata compagnia di Alfredo e del cane Soldatino.
Ma in fin dei conti, quanti sono i modi di andare in montagna? Sono solo tre: da soli, in gruppo o in due. Il primo è un'esperienza profonda e impegnativa che fonde l’essere in una totale comunione con la natura e i territori attraversati. Il gruppo invece non l'ho mai amato, anche se il clima di allegra sbrocca che sovente si crea, riesce a rendere divertente il cammino a prescindere dai luoghi. Poi c'è quella un due, probabilmente la combinazione migliore, dove l'effetto sinergico (che nel gruppo non esiste, anzi…) crea una solida unità di peso e di potenza tesa alla conquista della meta: un'esperienza nella quale l'intesa e l'amicizia vengono esaltate dalle gioie e dalle difficoltà della vita all'aria aperta.
Ma torniamo a noi. Il tanto decantato vallone di Palombaro non delude sicuramente le aspettative e mentre inizia a cedere lo spallaccio del mio vecchio zaino Ande Nepal 50 del 1999 (questo sarà il suo ultimo viaggio), ci addentriamo in questo selvaggio e remoto canyon roccioso, fra serpeggianti e precipiti pareti che si slanciano su un fondo rigoglioso. Più ci inoltriamo più le muraglie salgono massicce ed eleganti, sommergendo le nostre minuscole figure, osservate con indifferenza dalle orbite vuote di alte caverne.
A quota 1.405 il vallone ci regala un abbondante raccolto di orapi; poi curva, si insinua, le pareti si avvicinano, si allontanano e infine si aprono in un ampio ventaglio dai sapori alpini, mentre nella caligine della torrida giornata si distingue appena il vicino Adriatico. L'ultimo strappo e siamo ai 2.035 metri del rifugio Martellese, avvolto negli orapi e schiacciato sotto le moli possenti delle Murelle e dell’Acquaviva: un luogo dove tornare a trascorrere una notte. La vista si apre ora sul valico delle Carrozze, roccioso collegamento con le Murelle, e anche sulla Maielletta e le orride antenne del rifugio Pomilio, prossime ma virtualmente irraggiungibili.
Riprendiamo il cammino in un alto corridoio di pini mughi e in breve inanelliamo tre vette impossibili: i 2.220 metri della cima Forcone, dove lo sguardo si perde nella remota val Serviera, i 2.259 del Martellese e, ritransitando velocemente per il rifugio, i 2.093 metri del monte d’Ugni. Vette impossibili perché il loro vertice fisico risulta per una manciata di metri irraggiungibile a causa di una fitta barriera del sempre perfido pino mugo.
Per buona misura un altro po' di orapi e siamo in marcia verso i vicini 1.870 metri del rifugio d'Ugni, anche lui galleggiante nel buon Enrico, dove la vista si spalanca nuovamente sulla lavorata pianura chietina e la lunga striscia bluastra del mare. La discesa è lieve e rapida e in due ore siamo di nuovo alla macchina che ci riconduce all’appiccicoso clima salmastro, ma con un ricco bottino di verdure che a cena riporta piacevolmente i sensi ai sentori montani.