Val Forcone
Quota 1.998 m
Data 29 giugno 2015
Sentiero parzialmente segnato
Dislivello 1.600 m
Distanza 20,47 km
Tempo totale 10:36 h
Tempo di marcia 9:50 h
Cartografia Il Lupo Majella
Descrizione Da Capo le Macchie (632 m) per la Prima fontana (850 m, +25 min.), la Seconda fontana (1.137 m, +36 min.), Colle Bandiera (1.197 m, +10 min.), il bivio F2/F3 per Cima Macinerelle (1.304 m, +25 min.), la Grotta dei Callarelli (1.550 m, +1,40 h) e tentativo di risalita della Val Forcone, sulla sinistra orografica, fino al Valico della Carrozza lungo un sentiero abbandonato ma inizialmente individuabile. Rinunciato dopo diversi tentativi a quota 1.998 (+2,30 h) a poca distanza dal valico per pendio eccessivamente impervio ed esposto. Probabilmente bisogna tenersi molto più alti affrontando subito intorno a quota 1.630 lo scivolo breccioso che sale diretto sulla destra. Ritorno per la stessa via: la Grotta dei Callarelli (+1,47 h), la Seconda fontana (+1,30 h) e Capo Le Macchie (+47 min.). Ambiente solitario, poderoso e selvaggio. Avvistati numerosi camosci lungo tutto il percorso.
044 Camoscio
043 Val Forcone la scaletta
042 Val Forcone
041 Murelle e Carrozza
040 Val Forcone camoscio
038 Val Forcone camoscio
037 Val Forcone
036 Val Forcone
034 Val Forcone
035 Val Forcone
033 Grotta dei Callarelli
032 Grotta dei Callarelli
031 Grotta dei Callarelli
030 Grotta dei Callarelli
029 Grotta dei Callarelli
027 Grotta dei Callarelli
026 Verso Grotta dei Callarelli
025 Verso Grotta dei Callarelli
024 Verso Grotta dei Callarelli
023 Segnali escursionistici
022 Grotta pastorale
021 Tasso barbasso
019 Verso Grotta dei Callarelli
017 Margherite
016 Verso Grotta dei Callarelli
015 Bivio F2-F3
014 Segnale F2-F3
012 Colle Bandiera
011 Grotte pastorali
009 Grotte pastorali
008 Seconda fontana
006 Lago di Casoli e Fara San Martino
004 Fara San Martino
003 Prima fontana
001 Capo le Macchie
Val Forcone, 29 giugno 2015. Pochi gruppi appenninici sono stati così profondamente permeati dalla pastorizia come la Laga e la Majella: l'una per la ricchezza delle acque e la posizione di confine, l'altra per l'ampia presenza di grotte e prati di quota che, uniti a una relativa ricchezza di fonti, hanno saputo dare sicuro vitto e alloggio alle greggi. E dopo la Via Ranna sulla Laga, eccomi di nuovo alla scoperta di queste antiche tracce sull'ampio e selvaggio massiccio della Majella.
Ma a volte non basta essersi svegliati prima dell'alba per assicurarsi un cammino di buon ora: la lontananza, un paio di errori, altrettante indicazioni fuorvianti se non proprio errate e infine una bella frana sulla strada che mi obbliga a una lunga deviazione. Insomma sono le 10 passate quando riesco finalmente a mettere gli scarponi sul sentiero di Capo le Macchie, convincendomi che oltre a pianificare bene il cammino è bene porre attenzione anche all'avvicinamento.
E come sempre quando si parte tardi, la bassa quota e il caldo rendono le gambe pesanti, anche se nella temperatura dell'ora le piante emanano tutti i loro aromatici sentori.
Fra cespugli di ginepro assalto rampe rocciose e in breve la Prima fontana mi dona il necessario ristoro. Proseguo sudando lungo i radi tubi dell'acquedotto, mentre l'Adriatico risplende all'orizzonte ingannando la mente con immagini di balneare refrigerio.
Ecco i 1.137 metri della Seconda fontana e i prossimi 1.197 metri del Colle Bandiera, dove appaiono le aspre e incise forre della Val Serviera e del Vallone del Fossato.
La Cima Macinerelle mi sorveglia mentre il percorso si fa vieppiù selvaggio e isolato. Nell'anfiteatro che precipita nel Vallone del Fossato si aprono le orbite di innumerevoli grotte pastorali, collegate da un dedalo di sentieri che sembrano ancora in uso. Ma io salgo, oltrepassando l'incrocio con il sentiero per il nuovo 2000 dal quale dovrei tornare.
Un imbuto roccioso sale ora a svolte verso la Faggeta del Macchione; generazioni di segnaletiche si affiancano sulle rocce. Una volta nel bosco, su un agevole sentiero, anche se i precipizi sono celati dalle fronde la sensazione è di essere aggrappati alla montagna.
Fra tappeti di policrome fioriture costeggio una cengia che è un susseguirsi di grotte pastorali con muretti, palizzate… e orapi. Una breve discesa e ai 1.550 metri appare finalmente la solitaria Grotta dei Callarelli, incuneata sotto uno sperone roccioso alla confluenza fra le valli dell'Acquaviva e del Forcone.
Il tempo di ritemprarsi con un panino e con l'acqua che trasuda copiosa dalle pareti e m'immergo nell'impervia valle per la parte più difficile e avventurosa della giornata.
All'inizio il percorso è infrascato fra espansivi cardi e ortiche, ma dopo una cinquantina di metri appare evidente un antico sentiero, contrassegnato qua e là da radi e bassi ometti. Ambiente poderoso e selvaggio, lo stretto fondo del vallone è pieno di metri di neve, dalle alte pareti precipitano rivoli d'acqua e qualche masso. Dopo una ripida ed enigmatica scaletta nella roccia, abbandono l'impervio fondo e inizio a salire sulla sinistra orografica, fra camosci fischianti che fuggono lesti o mi scrutano curiosi e senza vertigini dall'alto dei pinnacoli.
La traccia s'irripidisce e si perde ripetutamente, ma la Sella della Carrozza si avvicina sempre più, sovrastata dalla splendida mole rocciosa delle Murelle, mentre la valle sottostante si fa profonda fessura.
All'improvviso, più mi approssimo alla sella più il terreno diviene ripido, scivoloso, impervio, esposto: torno più volte sui miei passi, provo nuove vie, ma alle 16,38, a 300 metri dalla sella e davanti all'ennesimo strapiombo, capisco che è ora di cedere. Mangio, mi riposo e con estrema cautela m'incammino (si fa per dire): se dovessi scivolare non mi fermerei fino ai salti di roccia.
Con le ombre delle vette che chiazzano le pareti, alle 18,30 sono di nuovo alla grotta per una cena frugale e poi in marcia fra le rocce e i pinnacoli che si fanno di rosa e di ocra. Nell'aria fresca della sera i grilli prendono a frinire, i fiori si chiudono e in lontananza il mare risplende nell'ultimo sole. Ancora qualche bevuta e alle 21 sono alla macchina, dopo oltre 10 ore di cammino.
E' andata bene così. Forse proprio questa è la magia della Montagna Madre: che ne resta sempre una parte segreta, nascosta, forse oltre le tue possibilità.