Monti Invisibili

 

Anello stazzi occidentali

Quota 2.458 m

Data 24 ottobre 2015

Sentiero parzialmente segnato

Dislivello 1.426 m

Distanza 16,49 km

Tempo totale 9:36 h

Tempo di marcia 8:29 h

Cartografia CAI Monti della Laga

Descrizione Da Preta (1.192 m) per Colle Innamorato (1.512 m, +46 min.), lo Stazzo dell’Asino (1.760 m, +1,07 h), la cresta per Monte Gorzano (1.950 m, +1,10 h), Monte Gorzano (2.458 m, +1,12 h), il Laghetto di Gorzano (2.309 m, +15 min.), la Cima della Laghetta settentrionale (2.372 m, +13 min.), La Cipollara (2.191 m, +22 min.), la Sella della Cipollara (2.125 m, +9 min.), il Fosso Malopasso (2.033 m, +23 min.), lo Stazzo Fùcile (1.775 m, +1,14 h), il Bivacco Giovannino Blasi (1.479 m, +37 min.), il ponte sul Fiume Tronto (1.150 m, +49 min.), la Fonte Pantalea (1.179 m, +9 min.) e Preta (+3 min.). Sentiero per lo Stazzo dell’Asino a tratti esposto, inerbato e scivoloso. Risalita alla cresta dallo Stazzo dell’Asino ripida, malagevole con punti esposti e scivolosi. Discesa per lo Stazzo Fùcile molto ripida e fuori traccia; probabilmente raggiunto il Fosso Malopasso è necessario scendere sulla sinistra orografica a intercettare la traccia presente sulla cartografia a quota 1.844. Impegnativa escursione in ambiente severo e verticale.

Percorso molto difficile da effettuare con fondo asciutto e in assenza di neve. La traccia GPS è qui, a futura memoria, ma non consiglio di utilizzarla se non come spunto per cercare un percorso migliore.

 

06 laga stazzi log

Traccia GPS

07 laga stazzi dislivello
07 laga stazzi dislivello

058 Monti della Laga

058montidellalaga

056 Fonte Pantalea

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054 Bivacco Giovannino Blasi

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053 Bivacco Giovannino Blasi

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051 Autunno

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050 Autunno

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048 Stazzo Fucile

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047 Stazzo Fucile

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044 Stazzo Fucile

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041 Laghetto di Gorzano

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040 Fosso di Ortanza

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038 Costa delle Troie

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037 Gran Sasso

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035 Monte Gorzano

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034 La Fiumata

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033 Laga e Sibillini

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030 Fosso di Selva Grande

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029 Cresta del Gorzano

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028 Il fosso risalito

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027 Cresta del Gorzano

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026 Pizzo di Moscio

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024 Fosso di Ortanza

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023 Verso la cresta

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022 Stazzo dell Asino

022stazzodellasino

021 Stazzo dell Asino

021stazzodellasino

018 Stazzo dell Asino

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017 Stazzo dell Asino

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016 La Cipollara

016lacipollara

015 Fosso di Ortanza

015fossodiortanza

012 Pizzo di Sevo

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009 Verso Colle Innamorato

009versocolleinnamorato

007 Verso Colle Innamorato

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006 Terminillo

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004 Verso Colle Innamorato

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002 Preta

Stazzi occidentali della Laga, 24 ottobre 2015. Devo stare attento. C'è troppa energia dentro di me. Troppo tempo senza un'uscita impegnativa, senza un’immersione totalizzante nella libera natura; e ora devo stare attento che tutta questa forza non mi faccia compiere sciocchezze.
In questo ultimo giorno di ora legale torno allora alla scoperta di quella Laga pastorale di ormai smarriti sentieri e di antichi stazzi, ultimi silenziosi testimoni di chi nei secoli ha strappato la vita giorno dopo giorno a queste montagne e le cui pietre stanno lentamente tornando a confondersi con la roccia.
Il Pizzo di Sevo mi scruta nelle ombre incappucciato di ghiaccio, quando dal minuscolo paesino di Preta mi avvio su per la montagna in un bosco di querce dorate e di verdi pini che presto cedono il posto a rosseggianti faggi. Nelle brume del mattino il Terminillo galleggia nel nulla e la fredda stagione dei colori si sta impadronendo del territorio, immergendomi in una straniante sensazione onirica. Frequenti soste per catturare toni e sfumature; parafrasando Freya Stark, bisogna andare soli per fotografare. Perché in fin dei conti di che materia è fatta la fotografia?
Un tempo di alogenuro d’argento, ora di pixel ma sempre e soprattutto di sogni. E se il sogno è la lente attraverso la quale osserviamo gli avvenimenti nascosti nella nostra anima, la fotografia diventa la rappresentazione delle nostre visioni, la materializzazione dei nostri desideri, il catalizzatore che plasma il quotidiano secondo la nostra fantasia.
Mentre il sonno ci abbandona lasciandoci solo un ricordo confuso della notturna attività della mente, la fotocamera, lo scatto, il delimitare la realtà nei quattro lati del fotogramma consentono di intrappolare la struttura del nostro flusso onirico, esplorando interstizi dell’anima altrimenti impenetrabili e silenziosi.
Ecco allora uno squarcio di luce che illumina un misterioso cammino, un picco o una valle solitari e inspiegabili, rifugi che si riflettono deformati in acque abissali.
Lungi dall'aiutarne l’interpretazione, la fotografia da invece consistenza ai sogni, rendendoli visibili e permanenti non solo al fotografo ma anche ad altri spettatori; e questi, forse, potranno spiegarci qualcosa.
Perché nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita (William Shakespeare).
Lambiccando nella solitudine queste astrusità, giungo ai 1.512 metri del Colle Innamorato. Rari segni rossi mi conducono ora nel bosco su una traccia abbandonata che si sposta repentina sul bordo del precipizio, confortata solo casualmente da sbiaditi segni gialloblù. Ecco, devo stare attento: il percorso inerbato e coperto di foglie si presenta spesso delicato, a picco su strapiombanti forre ancora immerse nelle ombre del mattino.
Passi cauti, qualche indecisione e poi è meraviglia estrema quando sorge dalle rocce l'impervio Stazzo dell'Asino, un nido d'aquila appollaiato alto a chiudere le precipiti acque del Fosso di Ortanza. Sfioro le muscose pietre e sento vibrare la vita dei pastori e delle capre in questo mondo verticale in cui lo stazzo occupa la sola parte orizzontale.
Il sole lama improvviso dalle creste, riempiendo questo scoglio inospitale di luce e di calore. Rimango muto ad ammirare balze e dirupi che cingono questa landa assurda e affascinante.
Se fino a qui si poteva avere una parvenza di sentiero ora è tutto terreno d'avventura, in ripidissima risalita verso la cresta del Gorzano. Ambiente solenne e verticale. Un canalino roccioso, sembra pervio e appoggiato e invece a un tratto mi trovo senza appigli che non siano terra e erba. Sbuffo come un mantice, mi aggrappo con le unghie e finalmente ne sono fuori, ma le gambe sono molli e il fiato rimarrà corto per lungo tempo. Ancora ripido, altri passaggi delicati ma infine eccomi ai 1.950 metri della cresta lanciata sulla pianura amatriciana.
Toni caldi e rugginosi tingono i fianchi delle montagne e in decisa ascesa approdo ai ventosi 2.458 metri del Monte Gorzano, dove il mio mondo cambia prospettiva: dalle incise forre occidentali agli erosi piani erbosi orientali. Il Gran Sasso riverbera controluce e la lontana Majella si vanta già delle prime nevi.
Il mondo è un libro e chi non viaggia ne sfoglia soltanto una pagina, scriveva Sant'Agostino, ma non basterebbe una vita per penetrare in tutte le pagine di questa Laga selvaggia.
Le acque ghiacciate dei 2.039 metri del Laghetto di Gorzano sono il luogo riparato per il desco.
Dalla Cima della Laghetta settentrionale affronto ora l'aspra cresta della Cipollara e ai 2.125 metri dell'omonima sella calo nel Fosso Malopasso, con l'ansia di ritrovarmi nelle difficoltà della mattina e per di più in discesa. Una traccia lontana rinfranca il mio animo, cerco delle impronte ma non le trovo; poi inaspettate eccole ben visibili che mi conducono alle cascatelle del fosso.
Ora la traccia continua quasi in piano sul fianco scosceso, ma le orme non ci sono più e non riesco a individuarle. Proseguo per una decina di minuti, poi mi accorgo che lo Stazzo Fùcile è, lontano, proprio sotto di me e decido, non senza timore, di deviare giù per il pendio. Tratti ripidissimi mi obbligano a una progressione accovacciata, a momenti lo stazzo mi sembra a portata di piede, in altri di calare senza speranze in un fosso dalle ripide pareti; ogni pochi passi mi devo fermare a fare un punto visivo e a valutare la direzione.
Quando mi sembra ormai di essere in una situazione senza via d'uscita e mi sto rassegnando a un lunghissimo ritorno sui miei passi, spuntano un ometto e qualche sbiadito segno giallo che mi prendono per mano e mi conducono giù nel fosso e alle assolate pietre dello Stazzo Fùcile, luogo remoto sul bordo di boschi fiammeggianti.
La parte più ardua del cammino è ormai alle spalle; rimane ora un lungo sentiero dimenticato su un materasso di foglie croccanti in un bosco saturo d'autunno. Transito per il bivacco Giovannino Blasi (un grande masso con un buco) e in serpeggiante discesa sono infine al ponte sul Fiume Tronto, da dove mancano solo dieci minuti di asfalto per il paese.
Magnifica impegnativa verticale avventura: però, tengo famiglia e ora basta con i fuori sentiero sulla Laga… almeno fino alla prossima volta.
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