Monte Calvo
Quota 1.898 m
Data 7 settembre 2014
Sentiero non segnato
Dislivello 860 m
Distanza 16,36 km
Tempo totale 5:15 h
Tempo di marcia 4:06 h
Cartografia IGM 139 III SE Antrodoco
Descrizione Da quota 1.280 della sterrata verso Fonni di Cinno per lo Stazzo Serani, appena sotto Colle Raitto, (1.300 m, +9 min.), la sella di quota 1.687 (+1,30 h), Monte Caola (1.778 m, +10 min.) e la vetta (+25 min.). Ritorno per il Laghetto di Monte Calvo (1.847 m, +5 min.), il Fosso Valle Lunga, la sella di quota 1.687 (+30 min.), il fontanile di quota 1.505 (+30 min.), Fonni di Cinno e la macchina (+47 min).
Monte Calvo, 7 settembre 2014. L'estate è immobile, in instabile equilibrio verso il lieve declivio dell'autunno e decido per una sortita assai temprana che mi porta ad affrontare il Monte Calvo, proprio di fronte al Giano della scritta DVX. Luogo di sabba infernali e stregoneschi, andrebbe forse asceso di notte, come suggeriscono le note di Musorgskij, e in effetti il sole sta appena lasciando le lontane creste mentre mi incammino solitario dai 1.295 dell'antico stazzo Serani.
La brevità del percorso e il meteo favorevole mi inducono nuovamente a una configurazione leggera, solo marsupio e fotocamera, e sotto il peso lieve il passo procede spedito lungo una dorsale gibbosa intorno alla quale si elevano i prossimi Giano e Nuria, la più lontana piramide del Velino e, con sommo stupore, un vicinissimo Vettore ammantato di nembi.
Lambisco una lunga muraglia di faggi danzanti, estremo baluardo di venti e bufere e, in continui saliscendi, dalla sella di quota 1.687 eccomi ai 1.778 metri del Monte Caola, dal quale il Terminillo appare prepotente dietro al Giano.
La croce di vetta è ormai prossima e presto raggiunta: sono solo le 9,30 ma al vicino e minuscolo Laghetto di Monte Calvo è per me già tempo del pranzo e di una carica di tabacco irlandese, che sciacqua via i sentori del recente caffellatte. Accendere la pipa in montagna non è semplice, ma come tutti i problemi anche questo va affrontato a viso aperto e il segreto è porsi arditamente di fronte al vento, con il lieve ma efficace schermo delle mani, invece di tentare inutilmente di evitarlo di spalle.
Riprendo il cammino e scendo nell’incassato Fosso Valle Lunga; dalla sella di quota 1.687, attraverso un sentiero di mezza costa e un'ombrosa faggeta, sono al bel piano erboso di Fonni di Cinno. Sfioro di nuovo l'abbandonato stazzo Serani e un solitario cane mi abbaia via.
Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d'acqua natia
rimanga né cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d'avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!
Ora lungh'esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l'aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquio, calpestio, dolci romori.
Ah perché non son io cò miei pastori?
D’Annunzio, I pastori