Monti Invisibili

Traversata dei Monti Prenestini

Quota 1.218 m

Data 7 maggio 2016

Sentiero segnato

Dislivello in salita 1.300 m

Dislivello in discesa 1.156 m

Distanza 30,02 km

Tempo totale 9:00 h

Tempo di marcia 8:43 h

Cartografia Il Lupo Monti Prenestini

Descrizione Da Genazzano bivio S.S. 155 con Via Giuseppe di Vittorio (310 m) per Capranica Prenestina (917 m, +2,15 h) con visita del paese (20 min.), Guadagnolo (1.218 m, +2,23 h) con visita del paese (20 min.), Monte Cerella (1.205 m, +16 min.), Monte Vincenzo (1.146 m, +15 min.), la Spina Santa (1.059 m, +56 min.), Forca Cerella (930 m, +30 min.) e San Gregorio da Sassola (460 m, +1,18 h) con breve visita del paese (10 min.). Splendida traversata in ambiente solitario. Dislivello in discesa 1.156 m.

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Traccia GPS

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040 San Gregorio da Sassola

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037 Verso San Gregorio da Sassola

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036 Verso San Gregorio da Sassola

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033 Guadagnolo monumento a Cristo Redentore

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032 Guadagnolo

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030 Verso Guadagnolo

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027 Verso Guadagnolo

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025 Verso Guadagnolo

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022 Verso Guadagnolo

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021 Verso Guadagnolo

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018 Capranica Prenestina Madonna delle Fratte

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017 Capranica Prenestina

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016 Capranica Prenestina

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015 Capranica Prenestina

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013 Capranica Prenestina

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011 Capranica Prenestina

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010 Capranica Prenestina

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008 Capranica Prenestina

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006 Verso Capranica Prenestina

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005 Verso Capranica Prenestina

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004 Verso Capranica Prenestina

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003 Verso Capranica Prenestina

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002 Verso Capranica Prenestina

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001 Da Genazzano

Traversata dei Prenestini, 7 maggio 2016. Personalmente prediligo le traversate, se proprio non ci riesco gli anelli, cercando comunque sempre di evitare il monotono tira e molla sul medesimo sentiero. E ogni volta che affronto, magari in solitaria, una lunga traversata zaino in spalla, avverto le medesime emozioni di quando anni fa partii da Roma per Pechino con il treno, o anche per il lungo cammino che dalla Majella mi portò ai Sibillini: una sensazione di compenetrazione e dominio del territorio, di stupore per l’ambiente che cambia sotto i miei passi, di piacere per i problemi, le ansie, le preoccupazioni che pian piano lascio dietro, senza poi tornare a prenderli.

A tal proposito anche John Muir (da noi non è molto noto, ma la sua opera è alla base della moderna tutela ambientale) scriveva: “Lascia che la pace della natura entri in te come i raggi del sole penetrano le fronde degli alberi. Lascia che i venti ti soffino dentro la loro freschezza e che i temporali ti carichino della loro energia. Allora le tue preoccupazioni cadranno come foglie d'autunno”.

E inoltre, a differenza del monotono percorso ricalcato da una guida, la traversata – ma anche l’anello – è un atto creativo personale, che pone davanti a scelte, difficoltà e sfide; un’avventura che risveglia il nostro essere nomadi e pellegrini e che sicuramente sarebbe piaciuta a Chatwin.

Sono quindi le 7,45 del mattino quando, dopo un’intrepida combinazione di mezzi pubblici, m’incammino solitario nel per me sconosciuto territorio dei Monti Prenestini, gruppo minore del preappennino laziale che proprio dalla vicina via romana prende il nome.

Genazzano sfila alta al mio fianco mentre mi avvio su una carrareccia bordeggiata dal Torrente Rio, in una natura che come me si stiracchia dopo il lungo sonno invernale. Rari e sbiaditi segni accompagnano il passo lungo quella che sembra essere un’antica mulattiera, costeggiata da smantellati muretti a secco.

A tratti le tracce s’intersecano e si confondono, ma ponendo attenzione ai segni inizio a salire nel bosco verso Capranica Prenestina che occhieggia già in alto fra i rami. Il Monte Autore mi scruta alle spalle mentre affronto l’assolata salita che mi deposita ai panoramici 917 metri dell’abitato, dai deserti e suggestivi vicoli. E questo passare di paese in paese, scambiando due parole con chi ci abita, consumando una birra o un panino e poi ripartendone a piedi, è un altro dei piaceri della traversata.

Oltrepassato il montano borgo, i segni si fanno ora vividi e frequenti e fra mandrie e nembi troneggianti che sembrano promettere una pioggia pomeridiana, assalto i dolci saliscendi sulla Via delle Creste, con il Monte Guadagnolo già in vista, ma ancora lontano da raggiungere.

Un paio d’ore e le voci degli arrampicatori sulle pareti segnano il mio arrivo sotto il più elevato monte del gruppo. Taglio per quanto possibile i tornanti della strada e sono al minuscolo borgo proprio sulla cima. Il diruto campanile della Chiesa di San Giacomo, una selva di orride antenne, un’altrettanto bella statua in cemento del Cristo Redentore e un panoramico piazzale dove desinare a fave e pecorino.

I nembi si addensano ed è meglio non indugiare oltre. I segni continuano a scortare i miei passi attraverso un solitario territorio di pascoli che ricorda i Monti Lucretili. Una lunga balza rocciosa e sono in vetta al Monte Cerella, seconda elevazione del gruppo, e al vicino Monte Vincenzo.

Ora i segni si perdono e la traccia si confonde fra amene vallette, chiuse da labirintici recinti di rovi, prunelle e rose che ci entri e non sai se ne esci. Ma ai Tre Confini riecco la via e presto sono sulla Spina Santa. Con le gambe un po’ legnose devio ora nettamene a ovest, fra cavalli bradi e mandrie dove abbondano minacciosamente giovani tori scalpitanti.

Alle spalle un cielo di piombo e di tuono accelera il mio passo. Alternando ora asfalto e sentiero in boschi rigogliosi e fioriti, eccomi finalmente a San Gregorio. Mi sento come Forrest Gump, un po’ stanchino, ma birra, patatine e gelato mi infarciscono della giusta dose di piacere ed energia.

Poi solo tre ore di mezzi mezzi pubblici e sono a casa.