Monte Cimone, 7 luglio 2013. Sveglia all'alba per coprire i cinquanta chilometri verso l'ultima avventura della spedizione emiliana: i 2.165 metri del rilievo più elevato di questa regione. Solito inturcinamento di carrozzabili per la località di Doccia, sopra Fiumalbo, dove intraprendiamo la sterrata che in pigre e boscose svolte ci deposita fra nembi e vento ai 1.817 metri del Pian Cavallaro.
Ci immergiamo nella nebbia e guadagniamo in breve la ventosa vetta del Cimone, zona militare dell'Aeronautica chiusa all'accesso fino a pochi anni or sono e costellata di una quantità impressionante di costruzioni. Edifici di più piani, antenne, ripetitori, un eliporto, l'oratorio della Madonna della Neve, rimesse diroccate e camminamenti protetti dalla intemperie. Doveva essere ben particolare prestare servizio quassù durante i nevosi inverni e le luminose estati della Guerra Fredda.
Pochi passi per i 2.118 metri del Cimoncino e, confidando delle indicazione di un altro escursionista incontrato nella nebbia e della puntuale segnaletica, costruiamo per il ritorno un anello lungo la dorsale sud-est, abbandonando gradatamente brume e vento per pascoli alpini dal sapore scandinavo costellati di eriofori e torrenti. Alcune stupefacenti costruzioni celtiche e siamo infine alla vettura, dove terminano questi tre soddisfacenti giorni sull'Appennino Tosco Emiliano.