Monti Invisibili
Eremo di San Silvestro
Quota 304 m
Data 20 gennaio 2024
Sentiero parzialmente segnato
Dislivello in salita 495 m
Dislivello in discesa 462 m
Distanza 14,49 km
Tempo totale 4:53 h
Tempo di marcia 4:26 h
Cartografia Carta escursionistica Parco di Veio
Descrizione In bus Cotral a Sacrofano (235 m). Poi per Monte San Silvestro (304 m, +55 min.) e l’omonimo eremo, le Pestarole di Costa Frigida (215 m, +35 min.), la Cascata dell’Acqua Forte (175 m, +1 h), il Casalaccio (269 m, +1,24 h) e la stazione di Morlupo - Capena (272 m, +32 min.). Affascinante e impegnativa escursione dall’orientamento complesso. Progressione in molti tratti difficoltosa per fuori sentiero e vecchi sentieri ostruiti da rovi, spini, fili spinati e fango.
026 Stazione Morlupo Capena
025 Il Casalaccio
024 Verso il Casalaccio
023 Verso il Casalaccio
022 Verso il Casalaccio
021 Cascata dell'Acqua Forte
020 Edificio diruto
019 Edificio diruto
018 Edificio diruto
017 Traliccio
016 Pestarole di Costa Frigida
015 Pestarole di Costa Frigida
014 Pestarole di Costa Frigida
013 Verso Pestarole di Costa Frigida
012 Verso Pestarole di Costa Frigida
011 Verso Pestarole di Costa Frigida
010 Monte Soratte
009 Eremo di San Silvestro
008 Eremo di San Silvestro
007 Eremo di San Silvestro
006 Cavalli
005 Vacca maremmana
004 Verso Monte San Silvestro
003 Sacrofano
002 Roma Stazione Flaminio
001 Roma Piazza del Popolo
000 San Silvestro dislivello
Eremo di San Silvestro, 20 gennaio 2024. Est modus in rebus: c’è un modo per risolvere i rebus, dicevano i latini. Ma io non l’ho trovato, che non sono mai stato capace, e sulla Settimana enigmistica che mi passava mia nonna Adriana leggevo solo le barzellette.
Però ho imparato a camminare e soprattutto ho capito ormai che il viaggio è più importante della destinazione. E ancora di più è il modo con cui si raggiunge la destinazione a qualificare l’interesse e il successo della stessa.
Per intenderci, non m’interessa arrivare in cima a una montagna se non con un itinerario singolare, elegante e magari anche inconsueto.
E in questa ricerca di eleganza gran parte ha il movimento coi mezzi pubblici, una modalità che amplifica il cammino e nella quale quello che con l’automobile è un semplice e noioso spostamento, diviene parte dell’avventura.
Audentes fortuna iuvat: gli audaci fanno fortuna a Giava. E invece che verso l’isola della Sonda, col buio sono già sul treno Roma-Civita Castellana-Viterbo, quello vincitore nel 2015 del prestigioso Trofeo Caronte di Legambiente come peggiore mezzo di trasporto pubblico in Italia (preceduta solo dalla Ferrovia Roma-Lido).
Un viaggio che mi sembra di essere Charles Bronson nella celebre scena della metropolitana ne Il giustiziere della notte. L'unica cosa buona e che passa per Ortisei (cfr. Fantozzi contro tutti).
Il bus Cotral mi deposita poi in una gelida Sacrofano da dove inizio a scarpinare lesto per scaldare le membra, in un paesaggio irrigidito ormai nella morsa dell’inverno.
I segni di un’intensa urbanizzazione rovinano gli orizzonti di questo stupendo parco suburbano, scampato per miracolo agli orrori della cementificazione. Ma basta calare in una valle per ritrovarsi in un selvaggio west, fra vacche maremmane e cavalli al galoppo.
In breve eccomi al ventoso cocuzzolo di Monte San Silvestro, dove dovrebbe sorgere, cioè sprofondarsi, l’omonimo eremo. Ci metto un po’ a individuare i due accessi, avviluppati in una matassa di rovi, ma poi mi faccio coraggio e striscio nello stretto cunicolo fin in una camera più grande.
Bello, suggestivo, forse anche resti di pitture, ma ho l’impressione che negli ultimi tempi il mondo dell’escursionismo sia stato colto da deriva mistica: ogni buco, antro o spelonca è diventato eremo o romitorio, quando magari ci albergava solo ogni tanto un pastore o uno scappato di casa.
Riprendo il cammino su un ventoso crinale di questo Agro veientano sorvegliato dal vicino Soratte; bandoni cigolano al vento, solitari alberi si sporgono nel blu.
Il periglioso scavalco di una nassa di rovi e fili spinati ed eccomi alle Pestarole di Costa Frigida: misteriose serie di vasche comunicanti scavate in massi di tufo a uso della spremitura dell’uva, la concia delle pelli, la lavorazione della canapa.
Risalgo una solatia costa di massi affioranti e m’introduco circospetto in un massiccio edifico diruto. Silenzio e scricchiolii del tempo, ricordi di lontani amori sui muri.
Da assolati altopiani verso ombrose forre. Il Parco di Veio è di una varietà orografica sconcertante. Cammini su sconfinati acrocori pettinati dal vento e improvvise si aprono gole oscure dalle pareti verticali.
La rosseggiante Cascata dell’Acqua Forte e il gioco inizia a farsi ancor più duro. Tracce fangose sulle quali fatico a rimanere in piedi, fili spinati, rovi e spini, per tacer dei continui fatiscenti cancelli. Nonostante qualche segno l’orientamento diviene complesso, mi avvio sovente su tracce sbagliate, ma alla fine risalgo un colle e sono alle rovine del Casalaccio, un'antica cisterna romana trasformata in torre nel medioevo.
Un’ultima fangosa infrattata mi convince ad armare le cesoie e poi spunto fuori sulla Via Flaminia proprio alla stazione di Morlupo – Capena, dove mi attende il bus che mi riporterà a casa.
Ma prima una pipa – la Peterson del mio bisnonno – addossato alle calde e assolate mura della stazioncina.