Monti Invisibili
Acquedotti tiburtini
Quota 282 m
Data 23 marzo 2019
Sentiero non segnato
Dislivello in salita 336 m
Dislivello in discesa 415 m
Distanza 23,23 km
Tempo totale 5:46 h
Tempo di marcia 5:05 h
Cartografia IGM 150 I NO Tivoli
Descrizione Dalla stazione ferroviaria di Tivoli (232 m) per Piazza Giuseppe Garibaldi, la Strada di Pomata (233 m, +33 min.), Gericomio (274 m, +1,24 h), Ponte Sant’Antonio (221 m, +24 min.), la Torre dell’Acqua Raminga (215 m, +15 min.), il Ponte della Mola (163 m, +18 min.), Ponte San Pietro (180 m, +10 min.), la Mola Brancaccio, il basolato della Selciatella (178 m, +35 min.), le Cascate di San Vittorino (109 m, +35 min.), San Vittorino (147 m, +15 min.), Ponte Terra (105 m, +18 min.) e di nuovo San Vittorino (+18 min.). Bus Cotral per Roma. Interessantissima escursione nella storia, prevalentemente su strade sterrare e tratturi.
036 San Vittorino Santuario di Nostra Signora di Fatima
035 Ponte Terra
033 Ponte Terra
032 Verso Ponte Terra
031 Cascate di San Vittorino
029 Cascate di San Vittorino
027 Verso San Vittorino
026 La Selciatella
025b Ettore Roesler Franz
025a Ponte San Pietro
024 Ponte della Mola
023 Ponte della Mola
022 Torre dell'Acqua Raminga
020 Torre dell'Acqua Raminga
019 Torre dell'Acqua Raminga
018 Torre dell'Acqua Raminga
017 Ponte Sant'Antonio
016 Ponte Sant'Antonio
015 Gericomio
014 Gericomio
013 Gericomio capra
012 Gericomio Alfa Romeo F12
011 Via di Pomata
009 Via di Pomata
008 Monumento Ettore Roesler Franz
007 Via di Pomata
006 Via di Pomata
005 Via di Pomata
004 Tivoli Rocca Pia
003 Tivoli fiume Aniene
002 Tivoli
001 Tivoli stazione
Ettore Roesler Franz Ponte Lupo
IGM 150 I NO Tivoli
Acquedotti tiburtini, 23 marzo 2019. Alcune settimane or sono mi sono imbattuto in una carta IGM 1:25 000 del quadrante compreso fra Tivoli e la cara (in tutti i sensi) autostrada A24.
Un territorio che coincide in larga parte con quella Campagna romana prediletta dai viaggiatori e dai pittori ottocenteschi del Grand Tour, per la ricchezza di imponenti vestigia romane in rovina e alla ricerca di quel pittoresco rappresentato da briganti, pastori e popolani.
E per l’appunto sono rimasto folgorato dalla quantità di toponimi che rimandano a questo passato mitico e remoto: Ponte dell’Antico Acquedotto Marcio, Torre dell’Acqua Raminga, Ponte San Pietro, il Castellaccio, Ponte Terra e, tante volte riportata, la parola Ruderi.
Dalla carta topografica, come in un’incisione del Piranesi, sembra veder sorgere fuori torrioni, archi, acquedotti, fortificazioni. Eppure non si trova indicazione di sentieri, di un cammino che consenta di rilegare insieme queste meraviglie così a portata di mano. Ed è situazione non nuova, se già nel 1632 Lotario Conti, Barone di San Gregorio, scriveva: “Io non trovo menzione nessuna di questi acquedotti in nessun autore né antico né moderno che li riponga tra quelli che andavano a Roma e pure sono di fabbrica tale, che non meritavano di essere trascurati, e forse non v'è né alcuno che li superi in magnificenza”. E così anche il Nibby: “Quindi fu all'uopo costruire nelle valli ponti magnifici o stupende arcuazioni, delle quali rimangono ancora avanzi, che tanto più sorprendono, quanto meno sono noti”.
Ma non deve stupire troppo la loro scarsa notorietà, visto che si trovano in luoghi isolati e difficilmente raggiungibili, privi di qualsiasi segnaletica che li indichi.
Dopo aver caricato nel gps l’esito dei miei studi, decido allora, con l’amico Andrea, di andare a svelare questo territorio – a monte di quello degli Acquedotti prenestini – con il treno e con i piedi, come mi è più congeniale.
In una luminosa giornata di sole, ci accoglie una Tivoli rumorosa e trafficata che presto lasciamo lungo la Strada di Pomata, antica via di servizio degli acquedotti Anio Novus e Acqua Marcia. La pedemontana si snoda pianeggiante, immersa in un paesaggio di ulivi secolari, con splendide vedute sulla Campagna romana. Il panorama d’eccezione, la salubrità dell’aria e la disponibilità d’acqua la costellarono delle ville dei patrizi romani (Bruto e Cassio fra gli altri) e la resero lo scenario preferito dagli acquarellisti inglesi e tedeschi ottocenteschi, circostanza testimoniata anche dal monumento al pittore Ettore Roesler Franz che s’incontra lungo il cammino.
Intanto continuiamo a macinare ulivi in un solitario ambiente bucolico, ma un rombo ci rende edotti di stare proprio sopra una galleria della A24. Ancora pochi metri per le antiche mura di Gericomio, nel 1500 casa di campagna del cardinal Santacroce, ora azienda agricola.
Con l’indispensabile ausilio del gps ci districhiamo in un labirinto di stradicciole, in un ambiente che tradisce tutta la siccità di questa strana primavera. La strada muta in sentiero e s’intrufola nella vegetazione, quando ci avvediamo di non essere più per terra ma sospesi a 30 metri dal suolo sulle arcate del Ponte Sant’Antonio (38-52 d.C., Anio Novus), alto sul Fosso dell'Acquaramenga e avviluppato negli alberi.
Superiamo i 120 metri dell’aereo passaggio e presto una breve deviazione fra essenze fiorite ci conduce sull’acrocoro, cinto di profonde gole, dove si eleva la Torre dell’Acqua Raminga, insediamento medievale sorto sui resti di una villa romana.
Riprendiamo il cammino fra gli ulivi per scendere ora nella Valle della Mola (se ne scorgono i ruderi nella vegetazione), dove c’imbattiamo nel poderoso Ponte delle Mole o degli Arci (24,50 m, Anio Vetus) di ben 24 archi per oltre 150 metri di lunghezza.
E poco dopo siamo sul sentiero sommitale di Ponte San Pietro (144-130 a.C., 19 m), parte dell’Acqua Marcia, sulle cui arcate consumiamo in nostro pasto.
La maggior parte delle attrattive di questa giornata sono concentrate in questi ultimi chilometri di cammino. Come La Selciatella, un tratto di basolato romano perfettamente conservato, e le Cascate di San Vittorino, che raggiungiamo con una breve ma ripida deviazione.
È tempo per l’ultima attrazione della giornata: con un ponte scavalchiamo l’autostrada e ci caliamo per oltre 50 metri nella forra stretta e lussureggiante verso Ponte Terra, struttura antica che risale probabilmente a un’epoca in cui i romani non avevano ancora l’esperienza per archi di ampia portata. Prevedeva infatti lo sbarramento del fosso con un manufatto con funzioni di collegamento verso l’altra sponda (il ponte terra appunto) e lo scavo di un condotto per lo scorrimento delle acque.
Torniamo sui nostri passi verso San Vittorino, sfiorando il Santuario conico dal tetto metallico ben visibile dall’autostrada. Confidiamo a torto sull’affidabilità dei bus Cotral. Non c’è altro rimedio che ingannare piacevolmente il surplus di attesa con birra, patatine e un puzzolente sigaro toscano.