Anello del Monte Gennaro
Quota 1.275 m
Data 24 maggio 2014
Sentiero segnato
Dislivello 1.100 m
Distanza 21,70 km
Tempo totale 7:47 h
Tempo di marcia 6:07 h
Cartografia Il Lupo Lucretili
Descrizione Dalla seconda stazione della funivia abbandonata (483 m) per la Sella della Torretta (1.026 m, +1,05 h), la Torretta di Monte Morrone della Croce (1.053 m, +5 min.), di nuovo la sella (+5 min.), il colle con le antenne, la stazione di arrivo della funivia e l’albergo diruto (1.166 m, +25 min.), Monte Gennaro (1.275 m, +15 min.), Il Pratone (1.029 m, +34 min.), la chiesetta abbandonata (1.021 m, +13 min.), la Sorgente Capo d’acqua (722 m, +45 min.), il Fosso Capo d’Acqua, le Rovine di Castiglione (488 m, +2 h), i ruderi del Convento di San Nicola (496 m) e la macchina (+40 min.). Splendida traversata in ambiente selvaggio, con problemi di avanzamento nel Fosso di Capo d’Acqua per la notevole quantità di alberi caduti e svolta da quota 540 circa su sistema di strade sterrate con alcune indecisioni sulla direzione ai bivi. Avvistati due scoiattoli nella salita alla Sella della Torretta.
Anello di Monte Gennaro, 24 maggio 2014. Sono appena 30 chilometri, un’ora scarsa di guida, per raggiungere i Monti Lucretili, questo sottogruppo dei Sabini dall’orografia complicata dove ci si può immergere nella wilderness più selvaggia; valloni solitari e foreste ombrose, sentieri dimenticati e casolari abbandonati. Eppure quest’oasi – a un tiro di schioppo della Capitale e in teoria parco regionale – è tanto ricca quanto sconosciuta ed è stata pesantemente aggredita proprio dai suoi comuni che l’hanno sempre rifiutata come un corpo estraneo. L'assurda strada per Prato Favale che inizia proprio dalla ferita della cava di Marcellina, la funivia dismessa, i ruderi dell’albergo, la selva di antenne, la bislacca seppur affascinante torretta in cima al Monte Morrone della Croce: una passeggiata fra queste vette è anche una scoperta delle contraddizioni del parco.
Non sono ancora le sette e mezzo quando il primi raggi risvegliano Palombara Sabina e con Andrea ci avviamo lungo uno degli ultimi itinerari che mi mancava: i venticinque tornanti numerati che si arrampicano a fisarmonica verso le terre alte dei Lucretili. L’ombrosa foresta si fa vieppiù monumentale, con qualche bruno scoiattolo saltellante fra gli alti faggi che sorgono su un tappeto di ciclamini.
Poco più di un’ora per i 1.026 metri della Sella della Torretta, da dove in breve guadagniamo la vetta del Monte Morrone della Croce e la sua suggestiva costruzione, assurta al rango di toponimo. Sotto di noi pascola placido un gregge di nuvolette che gioca a vedo non vedo con la campagna romana e a nord il Soratte emerge dai nembi come una nave da guerra. E questa torretta, dalle forme comunque gradevoli e ritenuta dai più un'antica torre di guardia, è un'altra offesa a questo territorio, realizzata abusivamente nel 1970, a copia dell’altra fatta costruire nel parco del Circeo, come capriccio della moglie di Camillo Crociani, il presidente di Finmeccanica travolto nel 1979 dal famigerato scandalo Lockheed.
Eccoci di nuovo in marcia verso il ben più grave triplice scempio perpetrato ai danni della riserva: i ruderi di un albergo, i resti di una funivia e a coronamento una muraglia di ripetitori sopra i 1.166 metri di una magnifica vista sull'Agro Romano.
Una sorta di Renzo Palmer si avvicina ora adirato, apostrofandoci che lì non ci potevamo passare perché le antenne sono radioattive (sic) e perché è proprietà privata. Tant'è ci siamo già passati e mentre giochiamo col suo più socievole cane, ci informa giulivo del bizzarro progetto di riaprire l'albergo e riattivare la funivia. Un cartello ci rende edotti che la zona appartiene alla Società Immobiliare Parioli e una rapida ricerca sul web riporta anche questa società a Camillo Crociani. “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincie ma bordello!”.
Lasciamo questa nostra desolante italietta e in un quarto d’ora siamo ai 1.275 metri del Monte Gennaro (o Monte Zappi nelle vecchie IGM) da dove tutto il territorio del parco e della campagna romana si apre al nostro sguardo e la torretta ci fa ciao da lontano.
Fra ameni valloncelli costellati di mucche e vitelli caliamo sullo sconfinato Pratone, il Campus Maior dei latini, e dopo una breve sosta riflessiva alla chiesetta diruta siamo già in marcia verso l'incassato Fosso di Capo d'Acqua che presto ci inghiotte fra faggi giganteschi dalle aeree e muscose radici, svettanti verso una chiusa cupola verde.
Le nevicate hanno schiantato una miriade di alberi che rendono lento e penoso il cammino, ma noi procediamo inesorabili, come la pioggia quando si è dimenticato l’ombrello, e presto tocchiamo i 722 metri dell’argentina Sorgente di Capo d’Acqua, raro esempio di sorgiva in questo carsico territorio.
Scendiamo e scendiamo, intersecando carrarecce che ci pongono non pochi problemi di orientamento, prontamente risolti con la nostra sagacia (e col gps). Rapide e ripide salitelle esaltano l’indole agonistica di Andrea e ci procurano copiose sudate, ma finalmente ecco i trecenteschi Ruderi di Castiglione, villaggio fortificato contornato da inquietanti e misteriose sculture in travertino che, “or tutti a me”, meriterebbero un premio.
E mentre nel ronzio del meriggio ammiriamo le antiche pietre all’ombra (si fa per dire) del Monte Le Carbonere, una provvidenziale tettoia è il loco acconcio per dare finalmente fiato a pipe e toscani, prima del breve e assolato cammino che chiuderà l’anello di questa magnifica giornata di storia, natura e amicizia.