Monti Invisibili
Monte Viglio
Quota 2.156 m
Data 31 maggio 2021
Sentiero segnato
Dislivello 1.299 m
Distanza 15,35 km
Tempo totale 8:16 h
Tempo di marcia 6:36 h
Cartografia Il Lupo Simbruini
Descrizione Da Meta (995 m) per Peschie Merundi, la Madonnina alle Vedute di Monte Piano o Vado della Moscosa (1.780 m, +2,10 h), Monte Piano (1.838 m, +15 min.), i Cantari (2.088 m, +45 min.), il Gendarme del Viglio (2.113 m, +30 min.), Monte Viglio (2.156 m, +15 min.), il Valico della Bocchetta del Viglio (1.936 m, +28 min.), Croce Cerasoli o Valico dell’Arsiccia (1.630 m, +47 min.), il Rifugio Cerasoli (1.500 m, +13 min.), Meta (1.013 m, +58 min.) con breve visita del borgo (+10 min.) e la macchina (+5 min.). Stupenda salita in ambiente scosceso e impervio. Avvistati - anzi quasi toccata - un grossa vipera probabilmente degli Orsini e un grifone.
040 Meta birra
039 Meta
038 Meta
037 Rifugio Cerasoli
036 Gruppo del Monte Ortara
035 Orchidee
034 Verso Bocchetta del Viglio
033 Verso Bocchetta del Viglio
032 Me
030 Dal Monte Viglio
029 Monte Viglio
028 Gendarme del Viglio
027 Fosso della Rendinara e Monte Cotento
026 Monte Viglio e Gendarme
025 I Cantari
024 Meta e Valle Roveto
023 Meta
022 Verso I Cantari
021 Verso I Cantari
020 Verso I Cantari
019 Piana del Fucino
017 Grifone
016 Piana del Fucino
015 Gruppo del Deta
014 Monte Piano
013 Gruppo del Deta
012 Vado della Moscosa
011 Civitella Roveto
010 Peschie Merundi
009 Peschie Merundi
008 Peschie Merundi
007 Peschie Merundi
006 Peschie Merundi
005 Meta e gruppo del Deta
003 Meta Campo sportivo
002 Meta
001 Meta
Monte Viglio, 31 maggio 2021. Ogni montagna è un mondo. Grande, come le Alpi, esteso come l’Appennino, piccolo come una vetta isolata, ma sempre un universo completo, con il proprio carattere e la propria identità.
Ecco perché ci troviamo così bene in montagna: iperluogo a più dimensioni antitetico ai piatti nonluoghi urbani, dove invece di accelerare e spersonalizzare il transito, c’immergiamo profondamente, rallentando il tempo e intensificando il nostro rapporto con lo spazio.
Anche per questo amo alcuni piccoli ma profondi gruppi montuosi che nella loro limitatezza racchiudono tutti i caratteri delle grandi montagne: boschi oscuri e misteriosi, creste luminose e panoramiche, cime rocciose e sentieri dimenticati.
Come i due che si affacciano sulla splendida Val Roveto: gli Ernici, i Cantari, dove adoro perdermi nei loro selvaggi versanti orientali: solitari, ripidi, difficili, che alternano boschi infiniti e impenetrabili a lunghi crinali panoramici. Entrambi fanno parte del Parco Regionale dei Monti Simbruini ma i secondi ne rappresentano il tratto austero e severo, con una breve e possente dorsale dove le foreste si inerpicano fin dove il clima e le valanghe lo consentono.
In cammino da Meta, borgo perso fra le montagne a mille metri di quota, e presto sono nei boschi, su una traccia che diviene ripida e tortuosa sullo strano toponimo di Peschie Merundi. Mani a terra su molti passaggi, quasi sfioro una grossa vipera e da lì, per un po’, ogni bastone, ogni fruscio divengono una minaccia.
Illuminato da un verde smeraldino che trapela dalla fronde, il sentiero continua inesorabile, con rari addolcimenti, e sono ai 1.780 metri del Vado della Moscosa.
Ultimi faggi contorti scortano ora il cammino, fra le imponenti pareti rocciose irte di pinnacoli che precipitano nella Val Roveto e i circhi glaciali che scivolano nella Val Granara. Mi avvedo di alcuni estesi nevai e mi prende timore che il passaggio obbligato del Gendarme possa essere malamente innevato. Dopo i Cantari eccolo davanti a me con il suo canalino. Sembra sgombro e mi arrampico agile sulla ripida traccia per giungere infine ai 2.156 metri del Monte Viglio.
Un po’ di formaggio, qualche pomodoro e, novello Gandalf, mi stendo nei fiori con la mia churchwarden ad aspirare sentori di tabacco sotto il cielo blu. Chissà perché all’uomo piace tanto l’aroma del fumo, perché lo rasserena?
Forse perché era l’odore della caverna, dove intorno al fuoco si riparava dopo una pericolosa giornata di caccia. Ma forse anche perché l’affumicato è un’esigenza ancestrale di conservazione; carni, pesci, formaggio: tutto veniva affumicato e il sapore del fumo vuol dire allora sicurezza, abbondanza e riserve di cibo. E cosi, whisky, salmone e anche il fumo della pipa entrano di buon grado nei piaceri della vita.
Sotto un cielo che si fa plumbeo riprendo il cammino fra intense fioriture di violette e di orchidee. Dal Valico dell’Arsiccia vengo avvolto di nuovo dal bosco di grandi faggi, più ricco nella mia identità, più partecipe del mio spazio.