Monti Invisibili

Fosso della Mola di Magliano

Quota 277 m

Data 16 gennaio 2020

Sentiero parzialmente segnato

Dislivello 574 m

Distanza 22,42 km

Tempo totale 8:20 h

Tempo di marcia 7:24 h

Cartografia Carte escursionistiche Parco del Treja e Parco di Veio

Descrizione Da Magliano Romano (277 m) per l’Arco e la Galleria dei Pozzali (228 m, +42 min.), il Fontanile di Ruinasse (200 m, +1 h), Monte Cotto (271 m, +20 min.), la Mola di Magliano (166 m, +27 min.), la Rocchetta di Monte Cinghiale (180 m, +33 min.), Fonte Levinosa (199 m, +1,25 h), la Scala nella Roccia (217 m, +20 min.) e Pizzo Piede (216 m, +40 min.). Ritorno attraverso una combinazione di carrarecce, sentieri e campi per il Fontanile di Ruinasse (+1,12 h), Magliano Romano (+30 min.) e la macchina (+15 min.). Splendida e impegnativa escursione in ambiente selvaggio e dalla difficile progressione, con lunghi tratti infrascati e privi di sentiero e numerosi guadi. Galleria dei Pozzali con fango al polpaccio. Numerose emergenze archeologiche falische frequentemente avvolte dalla vegetazione.

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Traccia GPS

07molamaglianodislivello
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030 Noi

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029 Duomo di Magliano Romano

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028 Pizzo Piede

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025 Scala nella Roccia

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024 Fonte Levinosa

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023 Tremella mesenterica

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022 Fosso della Mola di Magliano

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021 Mola di Magliano

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017 Mola di Magliano

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016 Mola di Magliano

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014 Soratte da Monte Cotto

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013 Fontanile di Ruinasse

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012 Monte Soratte

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011 Galleria dei Pozzali

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010 Galleria dei Pozzali

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009 Galleria dei Pozzali

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007 Galleria dei Pozzali

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006 Galleria dei Pozzali

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004 Galleria dei Pozzali

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003 Galleria dei Pozzali

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002 Galleria dei Pozzali

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001 Galleria dei Pozzali

Fosso della Mola di Magliano, 16 gennaio 2021. Io non sono un alpinista, dallo sguardo che esclude, con fastidio e sufficienza, lo scarpinatore che si è azzardato a invadere il suo mondo, inanellando sentieri con passione, azzardando mani su facile roccia. Non sono un alpinista, attento all’abbigliamento in tinta, alla giacca di grido e che… “Dio mi guardi da Decathlon”. Non sono un alpinista, con l’ultimo passo verso la vetta già pronto a invadere i social con la sua effige in primo piano, in un’ansia di condivisione di sé più che dei luoghi.

No, non sono un alpinista, vado solitario e ho una chiacchiera e un occhio amichevole per chiunque incontri sui sentieri. Mi abbiglio di confortevole risulta, mi affeziono agli indumenti e non li elimino finché non cadono a pezzi. Volgo lo sguardo al mondo e non a uno schermo e attendo che il bello sia passato per condividerlo con gli amici. Perché l’ansia dei mipiace, della connessione costante, sconnette dal mondo e da se stessi.

E tanto non sono un alpinista che vado in egual misura per vette, per valli, per boschi e per fossi. Come oggi, in una vera esplorazione del lato ombroso e selvaggio della Valle del Treja, quello senza sentieri di questo singolare territorio, profondamente inciso da ramificate forre e abitato da tempi remoti da falisci, etruschi e romani.

Un percorso accidentato e confuso, fra fango, rovi e vestigia che, in una gelida mattina, ci vede partire dal contiguo Parco di Veio. Iniziamo bene… non capendo dove andare, ma poi in breve caliamo nella prima meraviglia della giornata: l’Arco e la Galleria dei Pozzali. Un’apertura naturale, aggarbata da antiche genti per agevolare lo scorrimento delle acque. C’inoltriamo in un mondo oscuro e melmoso: prima l’arco, poi una galleria con la mota alla caviglia, quindi quella con il fango al polpaccio, in un continuo di traballamenti, risate e stupore.

Per prati acquitrinosi – ma chi se ne cale più – risaliamo la dorsale di Monte Cotto, con il vicino Soratte e un Appennino abbondantemente innevato per quinta. Un cinghiale si allontana trotterellando e noi guadiamo verso la pittoresca Mola di Magliano con le sue cascate immerse nella vegetazione.

Sulla Rocchetta di Monte Cinghiale dovrebbe esserci un pagus falisco, ma non più di qualche masso squadrato testimonia di antiche presenze; ovunque si avvertono nella fitta vegetazione mura, basamenti, tombe.

Dopo Monte Cinghiale il gioco si fa duro, anzi bagnato, nella lunga e selvaggia forra del Fosso della Mola di Magliano. Ma l’acqua ormai per noi è sentiero, anche se siamo costretti a inerpicarci per scoscese prode. Un cinghiale ferito si allontana zoppicando.

Dalla Fonte Levinosa il cammino si tranquillizza, verso l’area archeologica di Pizzo Piede. Una scala nella roccia sale verso il cielo, antiche mura a chiudere varchi nei massi, poi una sepoltura dove al sole ci allochiamo per il desco. Sotto i rovi occhieggiano altre rovine ma noi siamo stanchi e riprendiamo la strada di casa. Una combinazione di carrarecce e sentieri sotto un cielo che volge al vespero non chiede molto al nostro passo, anelante ormai solo la giusta razione di birra e di patatine.

 

“Io non sono un alpinista, e tanto meno uno scalatore di rocce; sono un camminatore, un viandante, un randagio. Ho nel mio sacco quello che basta. E non ho fretta. Se sono stanco, se è bello il luogo, e c'è acqua vicina; se l'ora è serena e caldo il sole, mi fermo dietro un sasso che mi ripari dal vento, mi spoglio mi asciugo mi lavo mi cambio; bevo tè caldo o un sorso di grappa; riguardo la mia pipa che non abbia intoppi e sia netta, la carico e l'accendo; e mi sdraio al sole”.

 

Manara Valgimigli, La strada, la bisaccia e la pipa

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