Monti Invisibili
La conquista del K2
"A un tratto ci accorgemmo che il pendio si attenuava, la neve diventava consistente, grazie a Dio non si affondava più. Il pendio si attenua ancora, è quasi piano, è piano! ... Dopo mesi e mesi di fatiche, non ci resta più niente da salire. Sopra di noi soltanto il cielo."
Alle ore 18 del 31 luglio 1954 Achille Compagnoni e Lino Lacedelli piantano la bandiera italiana sulla vetta del K2, al culmine di una colossale spedizione organizzata e guidata con piglio militare da Ardito Desio, scienziato e esploratore già protagonista di grandi imprese nel Sahara, in Antartide, in Tibet. Il volume La conquista del K2 è il resoconto della conquista degli 8.611 metri della seconda vetta del pianeta, pubblicato da Desio nel dicembre dello stesso anno e ripubblicato ora per i tipi della casa editrice Corbaccio.
Attraverso una scrittura rapida e avvincente, nello stile caratteristico di quegli anni, il lettore viene guidato alla vetta, ripercorrendo la storia dei tentativi precedenti (fra i quali quello del Duca degli Abruzzi del 1909), l'organizzazione, la scelta dei materiali e degli uomini e finalmente la partenza e l'attacco alla montagna. Arricchito da oltre novanta fotografie in bianco e nero che documentano tutte le fasi dell'impresa, è una lettura straordinaria non solo per l'appassionato di montagna, nonché l'occasione per un confronto fra l'alpinismo pesante di quegli anni, fatto di spedizioni imponenti di centinaia di uomini e tonnellate di materiali, e l'approccio leggero odierno, il cosiddetto stile alpino con il quale Reinhold Messner conquisterà la stessa vetta nel 1979 (per il resoconto di questa spedizione: Reinhold Messner, K2 Chogori, Corbaccio).
Un libro nel quale, al di là dell'impresa alpinistica che rese orgogliosa la piccola Italia del dopoguerra, traspare la gioia del viaggio e della scoperta; ancora dalle parole di Desio:
“Ebbene, fra le gioie più pure che mi danno questi viaggi in paesi lontani, anche se gravati da disagi, da ansie, da rischi, da pericoli, ci sono quelle ore di serena meditazione che mi concedono le solitudini, quelle dell’Africa sahariana, come quelle dei grandi ghiacciai dell’Himalaya. Ed è così che al ritorno nella vita cosiddetta civile, nelle metropoli popolose e turbolente, in mezzo alle fatue illusioni e agli urti con i nostri simili, provo ogni volta un senso di sgomento, un senso di disagio e vorrei scappare, vorrei correre via subito lontano, lontano, vorrei tornare fra gente semplice, umile e primitiva, ma soprattutto vorrei tornare dove non c'è nessuno, dove ci si trova soli di fronte a sé stessi e a Dio”.
Ardito Desio, La conquista del K2, Corbaccio